Economia
Chi lavora nella Gig Economy
neXtQuotidiano 25/06/2018
La nuova galassia-Gig: oltre ai rider baby sitter, colf e specialisti online. Tra i nodi da sciogliere nell’era dell’economia digitale c’è l’inquadramento degli addetti tra i due poli opposti della subordinazione e della libera professione
Il Sole 24 Ore pubblica oggi un’infografica che riepiloga i numeri di chi lavora nella Gig Economy, ovvero i lavoratori che svolgono servizi saltuari in cui si integra il proprio reddito solo a chiamata o quando si è disponibili: non solo i riders, dunque, ma tutti i gig workes. Ci ha provato la fondazione Rodolfo Debenedetti stimandone circa 700mila (il 2,5% della popolazione in età attiva), con un’indagine che sarà ufficialmente presentata il 4 luglio, in occasione dell’uscita del rapporto annuale Inps.
Di questi circa 150mila si mantengono solo con i “lavoretti” e i riders, di cui tanto si parla in questi giorni, sono circa 10mila. Dall’indagine emerge anche l’identikit dei gig worker, con una quasi parità tra uomini e donne e la prevalenza degli under 40 ( 49% del totale). Spicca poi l’utilizzo variegato delle formule contrattuali. Nel 10% dei casi si tratta di co.co.co, nel 21% sono lavoratori a chiamata, quasi la metà sono autonomi occasionali e non mancano partite Iva e nuovi voucher.
Individuare il “giusto” contratto non sembra facile, anche se una bussola potrebbe essere quella di considerare le modalità concrete di svolgimento del rapporto, come ha ricordato il Tribunale di Torino nella sentenza sul caso Foodora e valutare se – a prescindere al contenuto economico della stessa – una persona mette a disposizione la propria energia lavorativa per eseguire gli ordini che di volta in volta sono ricevuti, senza possibilità di sottrarsi, oppure se il vincolo riguarda solo l’esecuzione di un incarico concordato preventivamente tra le parti.