La Verità e il complotto di Cartabia dietro la bocciatura del referendum

di Mario Neri

Pubblicato il 2020-01-17

La Verità ha individuato il colpevole della bocciatura del referendum proposto dalla Lega sulla legge elettorale: si tratta di Marta Cartabia, presidente della Corte Costituzionale. Secondo Alessandro Rico la Cartabia è “candidata al Quirinale” e quindi ha affossato “la legge che può rovinarle i piani”. Prima donna presidente della Corte costituzionale dall’11 dicembre 2019 e …

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La Verità ha individuato il colpevole della bocciatura del referendum proposto dalla Lega sulla legge elettorale: si tratta di Marta Cartabia, presidente della Corte Costituzionale. Secondo Alessandro Rico la Cartabia è “candidata al Quirinale” e quindi ha affossato “la legge che può rovinarle i piani”. Prima donna presidente della Corte costituzionale dall’11 dicembre 2019 e già vicepresidente dal 12 novembre 2014 fino alla sua elezione a presidente, Cartabia, nell’interpretazione del giornale di Maurizio Belpietro, avrebbe deciso di segare il quesito di Calderoli per i suoi bassi interessi.

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L’idea che invece sia Calderoli che continua a proporre (e a farsi votare, quando ne ha la forza) leggi elettorali incostituzionali, come è già successo per il Porcellum, non sfiora evidentemente le teste d’uovo che albergano la redazione del quotidiano di Belpietro. In realtà il voto all’interno della Consulta è stato nettissimo ed è finito 11 a 4:  respinto anche il conflitto di attribuzione presentato da 5 delle 8 Regioni in zona Cesarini, il 7 gennaio, per prevenire l’errore contenuto nella richiesta stessa, una legge elettorale inutilizzabile. Perché Calderoli  stavolta ha usato un trucco non consentito che ha fatto precipitare il referendum: la legge 51 del 2019, scritta per rivedere i collegi in vista dell’entrata in vigore del taglio dei parlamentari, non poteva essere usata per azzoppare il Rosatellum.

Le ragioni della bocciatura in realtà stanno in un comunicato che non lascia dubbi: «La richiesta è stata dichiarata inammissibile per l’assorbente ragione dell’eccessiva manipolatività del quesito nella parte che riguarda la delega al governo che, secondo le intenzioni dei promotori, avrebbe consentito l’autoapplicatività della normativa di risulta». È una regola storica della Consulta: i referendum, per essere accettati, nel taglia e cuci dei promotori, devono lasciare un testo che consenta agli italiani di votare. Invece, chi ha scritto e propagandato il referendum, ha sbagliato. Perché la legge usata per rendere applicabile quella elettorale, cioè la 51 del 27 maggio del 2019, era chiara fin dal suo incipit, “disposizioni per assicurare l’applicabilità delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari”, quindi riferita in modo chiaro al taglio dei parlamentari. A quella, e non ad altre.

Leggi anche: La Consulta boccia il referendum (e anche oggi Calderoli diventa costituzionalista domani)

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