Attualità

Cosa c’è dietro l’attacco di Enza Bruno Bossio a Nicola Gratteri

Giovanni Drogo 23/12/2019

Dopo la raffica di arresti dell’operazione Rinascita-Scott la moglie di uno degli indagati (Nicola Adamo, già vicepresidente della giunta regionale) ha pensato bene di sfoderare tutto il suo garantismo andando all’attacco del magistrato titolare dell’inchiesta. Ma dietro ci sono le ben più banali lotte di potere interne al Partito Democratico

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«Gratteri arresta metà Calabria! È giustizia? No, è solo uno show». A scriverlo su Facebook in un post poi cancellato è la deputata del Partito Democratico Enza Bruno Bossio che sta parlando delle centinaia di arresti per ‘Ndrangheta (334 per la precisione) dei giorni scorsi nell’ambito dell’operazione Rinascita-Scot che ha disarticolato tutte le organizzazioni di ‘ndrangheta operanti nel Vibonese e facenti capo alla cosca Mancuso di Limbadi.

La storia di Enza Bruno Bossio e dello “show” del procuratore Gratteri

Ad onor del vero le parole non sono unicamente il frutto delle riflessioni dell’onorevole del PD. Quelle prime righe sono il titolo di un articolo de Il Riformista. L’onorevole Bruno Bossio però aggiunge le sue considerazioni, con un tono vagamente complottista circa la candidatura di Mario Oliverio: «colpire mille per non colpire nessuno. Anzi si. Colpire la possibilità di Oliverio di ricandidarsi. Il resto finirà in una bolla di sapone come il 90% delle sue indagini. E la ‘ndrangheta continuerà a prosperare come ha fatto in questi anni». Ed è solo un dettaglio il fatto che la deputata DEM sia moglie del vicepresidente della giunta regionale Nicola Adamo, uno degli indagati nell’inchiesta del Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, che oltre ad essere il braccio destro di Oliverio dalle intercettazioni sembra esercitare un potere maggiore.

Adamo è sottoposto a divieto di dimora in Calabria. Oliverio non è stato ricandidato non già a causa dell’inchiesta di Gratteri ma perché il PD nazionale aveva già annunciato (il 30 novembre) di sostenere la candidatura di Pippo Callipo. «Il pensiero della Bruno Bossio non rappresenta quello della comunità del Partito Democratico della Calabria. Ringraziamo Gratteri per il lavoro svolto e per aver inflitto alla ‘ndrangheta un duro colpo» hanno scritto due giorni fa in una nota il commissario regionale Stefano Graziano e il responsabile Mezzogiorno della segreteria nazionale Nicola Oddati

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Eppure oltre a quel post cancellato la Bruno Bossio ne aveva condiviso un altro (del giornalista Davide Varì) molto critico nei confronti di Gratteri per essersi “paragonato a Giovanni Falcone” e dove si ricordava che nel 2003 Gratteri quando era procuratore a Reggio Calabria fece arrestare 125 persone “salvo poi farne condannare otto”.  È la storia dell’operazione “Marine” contro le ‘ndrine di Platì che dopo undici anni si concluse nel 2015 anche a causa della prescrizione. Ieri la Bruno Bossio, che è stata al centro delle polemiche negli ultimi due giorni, ha pubblicato un altro post (questa volta non è stato cancellato) dove si chiede se «assieme allo stato di diritto vogliamo uccidere anche il dissenso?».

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Ora non risulta che lo stato di diritto, per quanto non goda di buona salute in generale, sia stato ucciso dall’inchiesta di Gratteri, ma tant’è. L’onorevole PD scrive che la sua unica preoccupazione è che le indagini vengano condotte in maniera «rigorosa e seria affinché possano portare a condanne esemplari per gli ‘ndranghetisti» e per questo ha rilevato «come ancora una volta si è invece messo insieme ciò che proprio non può stare insieme, con il rischio che prevalga il pregiudizio accusatorio che ha già sentenziato la Corte di Cassazione per la revoca della misura cautelare che era stata inflitta a Mario Oliverio». Insomma quello che a molti è sembrato un attacco alla magistratura da parte di  un esponente del potere politico invece è solo una voglia di garantismo. E l’onorevole Bossio non dimentica di togliersi qualche sassolino dalle scarpe ricordando che lei non prende lezioni di morale da quelli come «il commissario del pd calabrese, Stefano Graziano. Sono garantista anche con lui , che è accusato in Campania degli stessi reati di alcuni degli indagati calabresi e di quelli coinvolti in Umbria». E alla fine tutta la storia di Enza Bruno Bossio si rivela per quello che è: una lotta interna al Partito Democratico tra coloro che avrebbero voluto ricandidare Oliverio (che però era stato scaricato dal PD a causa dei troppi guai giudiziari) e quelli che invece hanno sostenuto la candidatura di Callipo (tra cui Zingaretti). Non è una questione di garantismo: non candidare una persona non significa dichiararla colpevole (anche perché non spetta agli organi di partito farlo), semplicemente è una questione di opportunità per avere almeno la possibilità di giocarla, la partita delle regionali. A meno naturalmente di no voler perdere.

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