Opinioni
La prof che dice che Liliana Segre si fa pubblicità
dipocheparole 31/01/2020
La Nazione di Firenze racconta oggi la storia di una professoressa della scuola Mazzanti che si trova in via Augusto Novelli a Coverciano che lunedì, nel Giorno della Memoria, si è presentata agli studenti di seconda media durante la lezione di storia di una collega per insultare la senatrice a vita Liliana Segre. Ce l’ha […]
La Nazione di Firenze racconta oggi la storia di una professoressa della scuola Mazzanti che si trova in via Augusto Novelli a Coverciano che lunedì, nel Giorno della Memoria, si è presentata agli studenti di seconda media durante la lezione di storia di una collega per insultare la senatrice a vita Liliana Segre.
Ce l’ha con la signora Segre, 90 anni, superstite dell’Olocausto e attiva testimone della Shoah italiana da qualche tempo costretta a muoversi con la scorta a causa delle quotidiane minacce gonfie d’odio che le piovono addosso, specialmente via social. “Anche mio nonno è stato in un campo di concentramento – avrebbe proseguito la docente stando alle testimonianze dei ragazzi – ma non è certo andato in giro a dirlo a tutti”. Dulcis in fundo, si fa per dire, l’ammonimento della prof che sa pure di velata minaccia: “E ora non andate a casa a dire ai vostri genitori che sono nazista e antisemita…”.
E invece i ragazzini della Mazzanti, più o meno tutti dodicenni, dai genitori dopo la ’lezione’ ci vanno eccome. E raccontano tutto. “Erano sconcertati. – confessa una mamma – Perché è vero che sono molto giovani ma non sono affatto sprovveduti e sanno bene cos’è stato l’Olocausto e quante morti assurde ha provocato”. “Non è possibile – aggiunge ancora – che questa persona, tra l’altro non nuova a certe esternazioni, tiri fuori certe opinioni a scuola. Tra l’altro a quanto pare sembra che abbia anche tessuto le lodi a Mussolini”. Una ’sparata’ allucinante, del tutto fuori contesto e che oltretutto è arrivata nella settimana della Giornata della Memoria, in cui ancora una volta si è compreso quanto ancora sia importante testimoniare alle nuove generazioni gli orrori del nazismo.
Alla fine, come spesso succede, in una chat di Whatsapp è stata attivata una protesta con la dirigenza dell’istituto. Il risultato? Sempre lo stesso: la professoressa è tornata nella classe a chiedere scusa.
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