La procedura d’infrazione e la multa da 3,5 miliardi in arrivo 

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-06-05

La Commissione lo scorso maggio ha invitato l’esecutivo Conte a prendere le misure «per rispettare i vincoli di bilancio e a evitare allentamenti della spesa». E Salvini e Di Maio hanno scelto di non provvedere, accusando Bruxelles di aver fatto calcoli sballati

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Oggi la Commissione Europea annuncerà l’avvio della procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per debito e deficit/PIL. Spiega oggi Il Sole 24 Ore che il rapporto sul debito pubblico italiano, ai sensi dell’articolo 126/3 dei Trattati, giunge dopo che gli ultimi dati Eurostat hanno mostrato un nuovo aumento del debito italiano tra il 2017 e il 2018, dal 131,4 al 132,2% del prodotto interno lordo. 

La procedura d’infrazione e la multa da 3,5 miliardi in arrivo

Ora, attenzione. Un certo bisministro e vicepremier che non nomineremo per una forma di rispetto nei confronti della serietà del dibattito presso l’opinione pubblica – Luigi Di Maio – sostiene che la procedura d’infrazione sia in arrivo per colpa dei governi precedenti. La Commissione Europea gli spiegherà (ma lui non lo capirà e continuerà a ripetere a pappagallo la stessa fregnaccia scritta dagli strateghi della comunicazione che l’hanno portato a perdere sei milioni di voti) che non è vero:

Secondo le informazioni raccolte qui a Bruxelles, nella sua valutazione l’esecutivo comunitario metterà l’accento anche su altri elementi, in particolare le scelte di politica economica dello stesso governo Conte.

Tra le altre cose, Bruxelles sottolineerà come la riforma pensionistica, che permette il pensionamento anticipato, comporterà incrementi di spesa nel 2019 dello 0,3% del prodotto interno lordo, tali da aumentare ulteriormente un costo pensionistico che è valutato dall’Ocse al 15% del prodotto interno lordo potenziale. Il rischio, secondo le autorità comunitarie, è di mettere ulteriormente in dubbio la sostenibilità a lungo termine del debito italiano.

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I numeri dell’Italia per il 2019-2020 (La Repubblica, 5 giugno 2019)

La Commissione poi spiegherà a Tria che la storia di avere ricavi da privatizzazioni per 14 miliardi di PIL è una palla, visto che finora il ministero non ha fatto nulla per avviarle come da previsioni dell’epoca. L’Italia nel 2018-2019 ha sforato le regole sul deficit di 11 miliardi e nel 2020 corre verso un 3,5% che calpesta Maastricht. Per questo il debito è in salita: a quota 132,2% del Pil nel 2018, 133,7% nel 2019 e 135,2% nel 2020. In cifre significa non aver rispettato i target di riduzione del debito di 135 miliardi lo scorso anno, 162 miliardi quest’anno e di 171 il prossimo (7,5-9-9,5% del Pil).

Come l’Europa fa a pezzi le fregnacce del governo

Già che c’è, spiega Alberto D’Argenio su Repubblica, la Commissione fa a pezzi anche le giustificazioni di Tria. La deriva dei conti viene dalla miglior crescita, afferma il ministero dell’Economia: la spiegazione non è completa, gli replica Bruxelles, visto che sono state le scelte politiche del governo ad aver contribuito al rallentamento del PIL. E ancora: è colpa di Gentiloni?  La Commissione lo scorso maggio ha invitato l’esecutivo Conte a prendere le misure «per rispettare i vincoli di bilancio e a evitare allentamenti della spesa». E Salvini e Di Maio hanno scelto di non provvedere, accusando Bruxelles di aver fatto calcoli sballati.

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Italia-Europa, posizioni a confronti (La Repubblica, 5 giugno 2019)

La Commissione segnala inoltre:

Se il reddito di cittadinanza non ha avuto effetti positivi sul Pil, è “quota 100” il grande imputato: «Cancella in parte gli effetti positivi delle riforme delle pensioni e indebolisce la sostenibilità del bilancio italiano nel lungo termine. Fa salire la spesa pensionistica, togliendo risorse a investimenti e istruzione, danneggia la forza lavoro e la crescita potenziale». Infine le riforme, sulle quali i gialloverdi hanno fatto «progressi limitati» cancellati dal fatto di «avere fatto passi indietro sulle principali riforme adottate negli anni passati». E invece «sarebbe stato importante rilanciare lo sforzo riformatore (si citano ricerca, innovazione e produttività, ndr) per migliorare le prospettive di crescita e aumentare la sostenibilità di bilancio».

Infine Bruxelles nota che gli investimenti sono al palo, non crede nelle privatizzazioni promesse dal governo, nota lo stop alle infrastrutture e la disoccupazione in rialzo. Oltretutto il quadro non può che peggiorare a causa delle tensioni commerciali, del prezzo del petrolio e degli spread: «Potrebbero aumentare il rischio sostenibilità per l’Italia».

Chissà se basta.

Leggi anche: La denuncia di Tria: un nome e un cognome per la talpa della lettera farlocca

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