La libertà non ha orari

di Antonluca Cuoco

Pubblicato il 2018-09-07

Partita un’altra campagna elettorale (per le elezioni europee 2019) è amaramente ripresa la becera e tafazziana battaglia sulla liberalizzazione del commercio: l’esito non è affatto scontato. Gli orari dei negozi in Italia sono stati liberalizzati dal gennaio 2012, sottraendo la competenza a regioni ed enti locali e lasciando la scelta alla libera determinazione di ogni …

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Partita un’altra campagna elettorale (per le elezioni europee 2019) è amaramente ripresa la becera e tafazziana battaglia sulla liberalizzazione del commercio: l’esito non è affatto scontato. Gli orari dei negozi in Italia sono stati liberalizzati dal gennaio 2012, sottraendo la competenza a regioni ed enti locali e lasciando la scelta alla libera determinazione di ogni esercente. Non è più un sindaco a decidere, al posto dell’imprenditore e commerciante, quando alzare o abbassare la propria saracinesca. Ma ora i cacciatori professionali di click in tandem con i campioni di demagogia parlamentare (oltre che analfabeti di economia e nemici della crescita e del buon senso), intendono cancellare quella liberalizzazione e ripristinare, oltre a chiusure minime obbligatorie, poteri amministrativi che stravolgono la libertà di concorrenza. Un principio propugnato dall’Antitrust e da diverse sentenze della Corte costituzionale, che è tornata più volte a chiarire che “la tutela della concorrenza è strumentale all’ampliamento dell’area di libera scelta di cittadini e imprese”, e già nel 2012 aveva rigettato “le doglianze delle regioni”, stabilendo che “è consentito al legislatore statale intervenire nella disciplina degli orari”.

Liberalizzare gli orari non implica l’imposizione ad essere sempre aperti ma l’eliminazione dell’obbligo di rimanere chiusi in certi giorni o a certi orari. E’ la libertà di apertura contro il grottesco e nocivo obbligo di chiusura ope legis che tra l’altro con il boom degli acquisti on line, diventa suicidio. Tra le nuove vette di follia, svetta la proposta del Mo-Vi-Mento diretto da una agenzia di marketing on line, di vietare il lavoro festivo anche per gli e-commerce: i consumatori internauti potrebbero scegliere e pagare online i prodotti, ma la transazione non dovrebbe essere eseguita prima del giorno lavorativo successivo. Questa perla grillina fa il paio con il ddl a firma leghista (chissà gli elettori imprenditori orientati a creare lavoro e reddito come la prenderanno) che distrugge la libertà agli esercizi introdotta da Monti.

orari negozi

Togliere libertà d’impresa significa calo di occupazione, consumi, produzione – precisa anche Confimprese – mentre nel paese dove viviamo (che purtroppo vediamo deperire nella ricchezza e declinare nelle libertà di creare reddito) servirebbe l’opposto. La liberalizzazione degli orari ha migliorato il servizio al consumatore e contribuito a sostenere i consumi, anche durante gli anni di crisi, come ha spiegato più volte Federdistribuzione. Perché mettere a rischio il valore creato e le opportunità moltiplicate? Proibire di generare transazioni commerciali risulta folle e medioevale. Un’impresa ha il dovere di tarare la propria attività su quelle che presume siano, a torto o a ragione, le esigenze del cliente; offrire più servizi, curare meglio della concorrenza il consumatore, conoscerlo e fidelizzarlo investendo nello studio delle sue esigenze.

Certamente nel rispetto della legge e delle norme: i lavoratori sono tutelati dai contratti e quindi retribuiti con gli straordinari. Questo è un altro tema però ed a chi prova a confondere le carte va detto con chiarezza, precisando che le condizioni avverse al lavoro sono determinate essenzialmente dal peso fiscale, dalla spesa pubblica costellata di sprechi e dalla burocrazia demenziale. Moltiplicare le occasioni di occupazione ed estendere la libertà di scelta è un bene comune: tanti universitari ad esempio possono guadagnarsi un po’ di soldi nei fine settimana e tante mamme lavoratrici, possono approfittare di più occasioni per fare compere e scegliere come trascorrere il proprio tempo coi figli e mariti, senza dover render conto ad un burocrate. La decisione sull’apertura è espressione della libertà di iniziativa economica e, come tale, va garantita. Ai retrogradi va spiegato che la nostalgia del piccolo mondo antico non schiude le porte ad un futuro prospero. Smottamenti epocali stanno spazzando il passato che il cuore dipinge sempre più rosa di quello che era in realtà. Ed il futuro sarà inimmaginabilmente diverso, pieno di sfide da affrontare. Prevarrà chi studia e si prepara, adottando l’approccio flessibile che spinse i nostri nonni alla ricostruzione delle nostre città e poi a creare quel miracolo economico che ci rese ricchi e dei cui benefici ancora godiamo.

Leggi sull’argomento: “L’ira dei giusti”: tutte le fregnacce di Salvini sui 49 milioni della Lega ladrona

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