“L’ira dei giusti”: tutte le fregnacce di Salvini sui 49 milioni della Lega ladrona

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-09-07

In un celebre monologo di Pulp Fiction Samuel L. Jackson diceva che «il cammino dell’uomo timorato è minacciato da ogni parte dalle iniquità degli esseri egoisti e dalla tirannia degli uomini malvagi». Ieri Salvini ha spiegato che se i giudici vogliono sequestrare i soldi del suo partito è per impedirgli di cambiare l’Italia e l’Europa. Ma le cose non stanno proprio così

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Il giorno dopo la sentenza del tribunale del Riesame che ha accolto il ricorso della Procura di Genova sul sequestro dei 49 milioni di euro della Lega per la vicenda della truffa ai danni dello Stato, sui rimborsi elettorali non dovuti dal 2008 al 2010. Nel processo sono stati condannati in primo grado Umberto Bossi, l’ex tesoriere Francesco Belsito e tre ex revisori dei conti del partito che ora è guidato da Matteo Salvini.

Cantami, o Diva, del giusto Salvini l’ira funesta

Il ministro dell’Interno ha accolto la notizia con la calma e la sportività che lo contraddistinguono. «È una vicenda del passato, sono tranquillo», ha detto ieri il Segretario della Lega fiducioso dell’appoggio degli italiani «se vogliono toglierci tutto facciano pure, gli italiani sono con noi».  Salvini non ha rinunciato ad attaccare la procura genovese aggiungendo: «Spero che la procura di Genova impegni il suo tempo sul disastro dell’austrostrada». Ed è questo non troppo velato attacco alla magistratura il succo della proverbiale tranquillità salviniana. All’indomani del via libera della Cassazione, ad aprile scorso, Salvini era meno tranquillo: «Cercano di toglierci dai giornali, dalle tv, dalle radio, dal Parlamento. Cercano di farlo “alla turca”. Ma non ci riusciranno. In democrazia sono i cittadini con il loro voto che decidono chi vince e chi perde, non un singolo giudice. Sono proprio curioso di vedere adesso cosa dirà il Presidente della Repubblica».

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Salvini poi è andato all’attacco su Facebook e su Twitter dove ha messo in guarda e invitato a “temere l’ira dei giusti“, manco recitasse in un film di Quentin Tarantino. Dimenticando forse che al momento c’è una condanna in primo grado a carico del fondatore (e Presidente a vita) della Lega Nord. Scrive che lavora per la sicurezza degli italiani e lo indagano per sequestro di persona. Quando in realtà non è indagato perché sta lavorando (a proposito, quali atti o decreti ha firmato il ministro dell’Interno a riguardo?) per rendere l’Italia un paese “sicuro” ma perché per dieci giorni ha impedito lo sbarco di 150 persone che non rappresentavano un pericolo immediato per la sicurezza.

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Salvini scrive «lavoro per cambiare l’Italia e l’Europa e mi bloccano tutti i conti correnti, per presunti errori di dieci anni fa», ma il sequestro non ha nulla a che vedere con il suo operato a favore dell’Italia e dell’Europa. Il provvedimento del Tribunale di Genova riguarda invece l’operato dei vertici di un partito politico e la gestione dei soldi pubblici. E, come ha documentato l’Espresso, non si tratta di errori di dieci anni fa perché i soldi in questione sono entrati nelle casse del partito anche tra il 2011 e il 2014, quindi durante la gestione di Roberto Maroni e Matteo Salvini. 

La “colletta” per la Lega di Salvini

Salvini “il giusto” e il misericordioso confonde i piani e si dipinge come vittima dell’attacco dei giudici e della magistratura che vuole fermarlo. Ma nessuno vuole fermarlo né tanto meno “chiudere” la Lega. Semplicemente si chiede alla Lega di restituire i soldi che secondo i giudici sono frutto di una truffa ai danni dei cittadini italiani. I 49 milioni della Lega sembrano però essere, per i sostenitori del governo del cambiamento, un problema secondario, briciole. Eppure il MoVimento 5 Stelle è sceso in piazza a stappare spumante dopo aver “tagliato” i vitalizi ai parlamentari. Un provvedimento che genera un risparmio pari a poco meno di 40 milioni di euro all’anno.

 

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La confisca dei beni è obbligatoria e come scrive il Riesame nella sentenza «siccome la Lega Nord ha direttamente percepito le somme qualificate in sentenza come profitto del reato in quanto oggettivamente confluite sui conti correnti non può ora invocarsi l’estraneità del soggetto politico rispetto alla percezione delle somme confluite sui suoi conti e delle quali ha direttamente tratto un concreto e consistente vantaggio patrimoniale». Mentre Luigi Di Maio difende l’alleato di governo spiegando che «i fatti di cui viene accusata la Lega risalgono ai tempi di Bossi e il periodo antecedente alla gestione Salvini della Lega» il Senatùr si difende dicendo che quando ha lasciato la guida del partito quei soldi erano ancora nelle casse di Via Bellerio. I collaboratori di Bossi sottolineano che stando ai bilanci quando Maroni ha preso in mano la guida del partito (nel 2012) a bilancio c’erano 40.025.226,74 euro. Quando arrivò Salvini nel 2014 l’attivo era di 17 milioni e nel 2015 di 9 milioni e mezzo.

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La Lega sicuramente farà ricorso in Cassazione per cercare di fermare il sequestro, ma studia anche un eventuale Piano B. Una delle ipotesi per evitare la “chiusura” è quella di fondare un nuovo partito in modo da cominciare da zero. Ma Salvini è restio ad abbandonare l’Alberto da Giussano e i vari simboli del marchio del Carroccio. Torna così alla ribalta l’idea della colletta, già avanzata qualche tempo fa da Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano, e rilanciata in queste ore da alcuni fan salviniani che hanno proposto che a trovare i 49 milioni siano gli italiani ovvero gli stessi a cui la Lega li ha presi in maniera indebita. Manco a dirlo i sostenitori di Salvini sono entusiasti, non si sono accorti che a pagare è sempre Pantalone.

Leggi sull’argomento: Roberto Marti, il senatore della Lega indagato nell’inchiesta sui voti in cambio di case a Lecce

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