Opinioni
La BCE ammette le colpe dell'euro
neXtQuotidiano 31/07/2015
Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano di oggi parla del bollettino mensile della Banca Centrale Europea e di un contenuto pubblicato al suo interno intitolato «La convergenza reale nell’area dell’euro: riscontri, teoria e implicazioni sul piano delle politiche», nel quale si ammettono le “colpe” dell’euro. Ovvero si spiega che quando si fa un’unione monetaria ci si […]
Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano di oggi parla del bollettino mensile della Banca Centrale Europea e di un contenuto pubblicato al suo interno intitolato «La convergenza reale nell’area dell’euro: riscontri, teoria e implicazioni sul piano delle politiche», nel quale si ammettono le “colpe” dell’euro. Ovvero si spiega che quando si fa un’unione monetaria ci si aspetta che tutte le economie convergano tra di loro, ovvero che quelle meno sviluppate si avvicinino a quelle più ricche.
Non è andata così, deve constatare la Bce: “La convergenza reale fra le economie dell’area dell’euro dopo l’introduzione della moneta unica è stata scarsa, nonostante le aspettative iniziali di un’accelerazione del processo catalizzata dall’euro”. Vale la pena citare anche la frase successiva: “Nell’arco di 15 anni diverse economie con redditi relativamente bassi hanno mantenuto (Spagna e Portogallo) o persino accresciuto (Grecia) il divario di reddito rispetto alla media”. E l’Italia “inizialmente un Paese a più alto reddito, ha registrato i risultati peggiori e questo suggerisce una divergenza sostanziale rispetto al gruppo con redditi elevati”. A frasi come queste i “no euro” si appenderanno (giustamente) per anni: la Bce sta ammettendo che dopo l’ingresso nell’euro l’Italia si è allontanata dai Paesi più ricchi. Peggio di noi, non ha fatto nessuno.
Non bisogna scambiare una successione temporale per un nesso causale, avverte però Feltri. L’analisi della Bce indica diverse spiegazioni per la mancata convergenza:
Una parte delle colpe sono dei governi nazionali: troppa rigidità nel mercato del lavoro (licenziamenti difficili e salari che non scendono) hanno impedito che i lavoratori venissero licenziati dalle imprese meno competitive o che i loro stipendi scendessero così da spingerli verso quelle con maggiori potenziali di crescita, proteggere troppi settori inefficienti creando rendite ha indirizzato lì i capitali che sarebbero stati più utili altrove, l’assenza di una vigilanza efficace ha permesso la creazione di bolle, come quella degli immobili in Spagna. “Il perseguimento di una convergenza sostenibile costituisce in larga parte una responsabilità nazionale”.
Quello che stupisce, però, è che la Bce riconosca che molte delle aspettative e delle ipotesi su cui è stato costruito l’euro si sono rivelate sbagliate: “Molti osservatori si aspettavano che la maggiore integrazione monetaria e finanziaria imprimesse un’accelerazione al processo di convergenza reale”. Non è successo. Parte delle distorsioni, poi, derivano dalle “aspettative erronee in merito alle prospettive di crescita economica futura”create dall’arrivo dell’euro che “hanno celato la debolezza della crescita potenziale in diversi Paesi”.