I ragazzi ebrei esclusi e il Kangourou di matematica

di Alessandra Veronese

Pubblicato il 2019-05-21

Il 18 maggio si sono svolte le semifinali del Kangourou di matematica. Un’iniziativa molto bella e senza dubbio stimolante: con un unico, ma non piccolo neo. Le prove, infatti, si svolgevano di sabato: e questo ha impedito ad un certo numero di ragazzini ebrei che frequentano la scuola media “Angelo Sacerdoti” della Comunità Ebraica di …

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Il 18 maggio si sono svolte le semifinali del Kangourou di matematica. Un’iniziativa molto bella e senza dubbio stimolante: con un unico, ma non piccolo neo. Le prove, infatti, si svolgevano di sabato: e questo ha impedito ad un certo numero di ragazzini ebrei che frequentano la scuola media “Angelo Sacerdoti” della Comunità Ebraica di Roma di partecipare.

La legge ebraica, infatti, non consente di scrivere e di viaggiare di shabbat: tanto è vero che da anni l’Intesa tra l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e lo Stato italiano prevede una serie di tutele per gli studenti e i lavoratori ebrei. Gli studenti ebrei che frequentano una scuola pubblica con frequenza il sabato, ad esempio, sono esonerati dallo scrivere e di conseguenza dal sostenere verifiche in tale giorno. Si è chiesto di spostare la gara, al fine di consentire la partecipazione degli studenti ebrei (tra l’altro: uno di questi è risultato secondo classificato sugli ammessi alla semifinale di Roma). Secondo il comitato scientifico non era possibile in alcun modo trovare una soluzione. Ma non sembra si sia neppure cercato di trovarla. Trincerandosi dietro il fatto che si tratta di una iniziativa non istituzionale (ma sarei curiosa di sapere se gli organizzatori non hanno davvero ricevuto neanche un centesimo di denaro pubblico), i docenti di matematica commentano poi incredibilmente che “quando si vive in un Paese ci si deve adeguare alle leggi e agli usi di quel Paese, non si può pretendere l’opposto”.

Sembra quasi che gli ebrei in Italia non siano cittadini a tutti gli effetti, ma personaggi un po’ curiosi, ospiti in un paese straniero, che seguono strane usanze e che non possono pretendere il rispetto dovuto loro; devono viceversa “adeguarsi”, e – si legge chiaramente tra le righe – non rompere le scatole con astrusi divieti religiosi (e non importa se chiedere ad un ebreo osservante di fare una gara di shabbat equivale a chiedere ad un cattolico praticante di svolgere delle prove d’esame il Venerdì Santo o a Natale). Non paghi, tuttavia, gli organizzatori rilanciano: “Risulta comunque che i rabbini possano concedere deroghe in casi eccezionali: questa circostanza può essere considerata eccezionale”. Ebbene, cari organizzatori, nessun rabbino ortodosso concederebbe mai una deroga in un caso come questo. Naturalmente il singolo ebreo è liberissimo di fare come crede (nessuno lo scomunica). Ma è ovvio che dei ragazzi che gareggiano a nome della Scuola Ebraica di Roma lo fanno per un’istituzione ortodossa, e dunque non possono che seguire le norme sul riposo sabbatico. In un paese che ottant’anni fa ha partorito l’obbrobrio delle leggi razziali; un paese, aggiungo, che si è scusato solo l’anno scorso per i danni – morali e materiali – inflitti ai professori e agli studenti italiani ebrei dal regime fascista; un paese che ha mandato al massacro Tullio Levi Civita e costretto all’esilio Beppe Levi. In questo paese, insomma, dove l’antisemitismo gode di ottima salute, un po’più di attenzione (e anche di rispetto per gli italiani ebrei) sarebbe stato opportuno.

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