Opinioni

Ivano il Terribile

Erennio Ponzio 30/08/2018

Nel programma della tavola rotonda sul tema “Resistenza, gioventù e libertà: storie dimenticate ai Colli Albani“ viene definito “saggista marinese”. Nel suo curriculum politico spicca un’esperienza finenovecentesca come assessore a Marino, cittadina di 45mila residenti alle porte di Roma, con la casacca di Rifondazione comunista, di cui è anche responsabile dell’area politiche agroambientali. L’ambiente prevale […]

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Nel programma della tavola rotonda sul tema “Resistenza, gioventù e libertà: storie dimenticate ai Colli Albani“ viene definito “saggista marinese”. Nel suo curriculum politico spicca un’esperienza finenovecentesca come assessore a Marino, cittadina di 45mila residenti alle porte di Roma, con la casacca di Rifondazione comunista, di cui è anche responsabile dell’area politiche agroambientali. L’ambiente prevale poi sull’agrozootecnia. Ed eccolo portavoce dei Verdi dei Castelli Romani (ma non è dato sapere quanti fossero). Sono gli anni in cui è al centro di una critica epocale: Maurizio Aversa, segretario del Pci di Marino (anche qui non è dato sapere quanti fossero gli iscritti), lo accusa di “filocapitalismo” per un’analisi della povertà con “approccio teorico, politico e amministrativo con contenuti di destra”. Il tasso di antifascismo è ai minimi storici.

rocca di papa diciotti fascisit

Lui non si scompone, si carica di universalismo socialista e sull’onda dei moti contro le statue di Colombo negli Usa e della Sagra dell’uva a Marino, quando il vino zampilla da ogni polla, lancia la memorabile proposta di demolire la locale Fontana dei quattro Mori “simbolo della vittoria sulla costa di Lepanto il 7 ottobre 1571 da parte dell’alleanza papale contro l’espansione della flotta dei musulmani dell’Impero Ottomano verso occidente”. Un’asserzione che riesce a smitizzare persino l’Alberto Sordi che inveisce contro l’ebanista Aronne Piperno nel “Marchese del Grillo”: “Nun te pago. Tu sei giudeo e i tuoi antenati falegnami hanno fabbricato la croce dove hanno inchiodato nostro signore Gesù Cristo… Posso essere ancora un po’ incazzato pe’ sto fatto?”.

Ivano Ciccarelli, cinquantotto anni, incazzato lo è sempre stato. Padre operaio e madre bracciante agricola, disoccupato da otto anni (quarto su sei concorrenti alla selezione come addetto alle operazioni cimiteriali nella sua Marino), è il personaggio mediatico del momento grazie ad una dichiarazione urlata ai microfoni di La7, a cento metri da un nerboruto presidio di CasaPound contro i migranti giunti a Rocca di Papa: “Sti poracci, oltre a tutta la navigata, la sosta e dieci ore de pullman, quando arrivano qua se devono pure godé sta rottura de cojoni dei fascisti – ha tuonato il Che Guevara dei Colli in puro idioma romanesco. Peccato che, ironia della sorte, gli stranieri abbiano preso quel tripudio di tricolori come un’accoglienza calorosa e festosa. Italiani brava gente. E il buon Ivano troneggia come Mario Brega in un film di Verdone, regista che forse non a caso per il protagonista del fortunato “Viaggi di nozze” ha scelto proprio il nome “Ivano”, quello che è entrato negli annali della storia del cinema con un semplice invito a Jessica: “O famo strano?”.

Analogamente, la colorita esortazione controcorrente dell’Ivano dei Castelli di accogliere il migrante è diventata virale. In appena due giorni ha raggiunto il milione di visualizzazioni sul web. Più o meno quante, otto anni fa, ne ottennero Romina Olivi e Debora Russo, due adolescenti rispettivamente di Santa Maria delle Mole e Villanova, periferia di Roma, grazie ad un’altra chicca verbale teleripresa in un bar di Ostia: “Er calippo e ‘na birra”. Esigenze proletarissime.

Ma se le due ragazzine ferilliane sono finite nel dimenticatoio, in queste ore sui social c’è già chi vorrebbe Ivano nelle sparute cadreghe della sinistra in parlamento. Con tutti i suoi 140 chili di saggezza. E’ bastato questo perché “Bambi”, così lo chiamano gli amici da quando – già con i geni cattocomunisti – faceva il bambinello nel presepe vivente, incarnasse le fattezze ideali – tra il latore di assemblee studentesche, il manovale con la copia dell’Unità come berretto e il delegato metalmeccanico – del leader, per quanto virtuale, di quella sinistra smarrita e divisa tra capipopolo di stagione, da Pisapia alla Boldrini, da Landini all’ex giudice di turno. Altro che Martina che si fa crescere la barba sul modello Salvini o D’Alema che prende meno voti delle persone che incontra.

Ivano stesso s’è stupito “de tutta questa fama”, ma intanto rilascia interviste in cui la teatralità proletaria, la lingua di Trilussa e la catapulta tecnologica valgono certamente più di quei quattro libri – assenti al premio Strega – che il “saggista marinese” ha scritto: uno sui “Gappisti ante litteram a Marino”; un altro, “Ostriche dalla Dalmazia ai Colli”, nel settantesimo anniversario della Liberazione; poi una riflessione su Pier Paolo Pasolini, “Oggi, ieri, fa lo stesso!”, con tanto – nel suo stile – di punto esclamativo; infine “Bifolki, guerra e pace nel villaggio rurale”, con la “k” kossighiana che rafforza il tema bukolico delle campagne romane intrise dell’immancabile antifascismo.

Ciccarelli, con le spalle grosse e la battuta pronta da “parla come magna”, si gode appieno il suo momento di notorietà. Sentenzia sui problemi mondiali, sulla crisi della sinistra, sullo scibile umano. Ammiccando forse a Paola Taverna, pontifica sul reddito di cittadinanza quale “unica strada per il futuro”, che “garantirà cinquant’anni di governo a chi lo realizza”. Firmato da uno che vive con il sussidio di disoccupazione.

Leggi sull’argomento: Ivano di Rocca di Papa e quella rottura di co….. dei fascisti

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