Quegli animalisti che esultano per la morte del domatore Ettore Weber

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-07-05

Lo squallido spettacolo di quelli che esultano perché una tigre ha ucciso un domatore è simile all’atteggiamento di quelli che quando c’è un incidente stradale rallentano per vedere meglio il cadavere sul ciglio della strada. Ma tutto serve a nascondere un problema: la proposta delle associazioni animaliste per gli animali da circo “liberati” non tutela il benessere di tigri, leoni, zebre o cammelli, anzi

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La morte di Ettore Weber, sessantunenne domatore del circo Marina Monti ha suscitato le prevedibili reazioni di gioia da parte degli animalisti. L’uomo è morto ieri sera a Triggiano (Bari) mentre era in corso una sessione di addestramento con quattro tigri. Per motivi ancora da chiarire una delle tigri saltando avrebbe prima travolto Weber buttandolo a terra, successivamente lo stesso animale lo avrebbe azzannato e poi anche le altre tre sono hanno aggredito l’uomo ormai a terra inerme.

Chi era Ettore Weber

Weber non era un domatore qualsiasi, era considerato tra i migliori nel suo campo soprattutto con le tigri siberiane e le tigri del bengala ed era il titolare del Circo Weber. Chi frequenta i circhi dice che Weber era uno degli addestratori di felini più bravi al mondo. E propri per questo l’incidente ha sorpreso tutti nel mondo circense e come ogni volta che si verifica un caso del genere ha riaperto il dibattito (social) sui circhi con animali. Inutile negare che la sensibilità sia cambiata e che in questi anni il concetto di circo con animali, domatori ed acrobazie sia stato messo in discussione. C’è chi accusa i circensi di “maltrattamenti”, anche se nelle realtà serie non risulta che gli animali vengano maltrattati. È vero, lavorano, non sono liberi e sono addestrati. Ma non bisogna commettere l’errore di pensare che quegli animali siano stati catturati e “deportati” nei circhi.

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In realtà si tratta di esemplari nati in cattività (che quindi non sarebbero in grado di cavarsela da soli in un ambiente naturale) che ormai poco hanno a che vedere con gli esemplari selvatici della loro stessa specie. Sono animali che hanno sviluppato un tipo di intelligenza e una capacità relazionale con altre specie (tra cui ovviamente l’uomo) completamente diversa dai loro parenti non addomesticati.

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La morte di Weber andrebbe trattata come qualsiasi incidente mortale sul lavoro, una morte bianca. In fondo quello del domatore non è certo l’unico lavoro rischioso. Eppure solo quando muore un lavoratore del circo si leggono cose come “una buona notizia” oppure “notizie che riempiono di gioia” o anche “sono molto contento!!”. Provate a farlo quando un operaio muore schiacciato da una lastra di pietra o quando dopo quarant’anni di lavoro al vostro vicino di casa viene diagnosticata l’asbestosi. Eppure nessuno li ha obbligati a fare proprio quel mestiere no?

Perché gioire per la morte di un lavoratore?

La verità è che molte persone – magari pure in buona fede – ignorano come l’attività dei circhi sia strettamente regolamentata anche e soprattutto per la salvaguardia del benessere animale.  I circhi poi devono sottostare alle linee guida CITES e ai regolamenti ASL sul benessere animale e ogni circo deve dotarsi di un veterinario consulente e viene ispezionato periodicamente dalle ASL, dal corpo Forestale dello Stato e dai NAS. Viene regolato qualsiasi aspetto, dall’alimentazione, al trasporto, dal registro degli animali alle attività, dalle misure sanitarie fino agli spazi.

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Le indagini eventualmente faranno luce su questo particolare incidente e si vedrà se il domatore ha commesso qualche errore. Non c’è però al momento motivo di dubitare della professionalità di Weber o addirittura di una sua cattiva condotta nei confronti degli animali. Quella per la chiusura dei circhi è una battaglia legittima ma questo non autorizza festeggiare per la morte di una persona come se fosse morto un pericoloso criminale fascista. Eppure in molti si complimentano con la tigre che avrebbe finalmente fatto “un buon lavoro”.

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Al di là di queste squallide (e per fortuna estemporanee) manifestazioni di gioia però il problema vero è un altro. Che fine faranno quelle tigri? O meglio: che fine faranno tutti gli animali esotici che vivono nei circhi se dall’oggi al domani diventasse illegale usare animali negli spettacoli circensi? Come detto sopra è da escludere una loro reimmissione in natura. Non resta quindi che il loro trasferimento in altre gabbie, sempre sotto la stretta sorveglianza degli umani, dove le tigri (ma anche leoni, zebre etc) continueranno a vivere in cattività.

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Una cattività resa ancora più difficile dal fatto che le bestie in questione non avranno nemmeno la possibilità di lavorare (e non parliamo di sfruttamento ma di addestramento, lavoro “retribuito” da ricompense) come hanno fatto fino ad oggi. Fino ad oggi le associazioni animaliste non hanno saputo indicare una soluzione praticabile e sostenibile. Di fatto per il benessere degli animali “da circo” attualmente la vita è migliore nei circhi che altrove. Ma vuoi mettere la soddisfazione di gioire per la morte di un uomo senza nemmeno sentirsi in colpa perché “lo fai per gli animali”?

 

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