Cosa c'è dietro l'inchiesta italiana sulla Blue Whale a Latina

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2017-05-19

Ecco come si diffonde la Blue Whale: i giornali ieri parlavano di “due bambine” di Latina adescate su WhatsApp da un presunto tutor del gioco. Al momento alla Procura non risulta alcuna denuncia ma per fare luce sulle notizie pubblicate dai giornali è stata avviata un’indagine

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La Procura di Latina ha aperto un procedimento di indagine per indagare sul coinvolgimento di due ragazzine nel famigerato gioco mortale del Blue Whale. A riferirlo è Repubblica che oggi racconta come il sostituto procuratore di Latina Gregorio Capasso abbia deciso ieri di aprire un’inchiesta delegando le indagini alla Polizia Postale di Latina.

La storia delle due bambine di Latina adescate su WhatsApp

L’inchiesta è stata avviata in seguito alla diffusione da parte di alcuni giornali della notizia del coinvolgimento di due bambine nel gioco. Ieri il Messaggero e altre testate online riferivano dell’adescamento avvenuto tramite WhatsApp di due bambine che frequentano una scuola elementare di Latina. Una delle bambine avrebbe detto alla madre di essere stata aggiunta ad un gruppo WhatsApp chiamato “Balena Blu” dove avrebbero ricevuto ordini da un presunto “tutor”. La notizia di questo presunto tentativo di coinvolgere dei bambini nel gioco si è diffuso in questi giorni sui soliti gruppi WhatsApp delle mamme e dei genitori alimentando la psicosi scatenata dal servizio delle Iene dove si ventilava l’ipotesi che la Blue Whale fosse arrivata anche in Italia.
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La Procura di Latina che quindi ha deciso di iniziare un’indagine per verificare la fondatezza delle notizie riportate sui giornali. Ma al momento rispetto a quell’episodio non ci sono ancora certezze perché le indagini sono appena iniziate. Ad oggi, fa sapere la Procura, non c’è alcun caso anche perché non c’è stata alcuna denuncia da parte di genitori. L’indagine infatti mira a verificare l’eventuale esistenza di uno (o più) casi di Blue Whale sul territorio di Latina. Le “ragazzine” di cui parla l’edizione locale odierna di Repubblica sarebbero le due “bambine” citate nell’articolo del Messaggero.

Il parere dello psicoterapeuta

Secondo Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttore dell’Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma il gioco del Blue Whale “non fa altro che ripetere il modello di adesione a delle sette: gruppi di persone che possono essere anche molto violenti, autoritari e paranoici”. Secondo Castelbianco personaggi che riescono a plagiare i giovani vulnerabili e indifesi “sono sempre esistiti ed esisteranno sempre“. Dal momento che è difficile individuare queste persone intervenire sugli eventuali autori del problema è molto complesso. Il consiglio è quello di  realizzare una rete che sia più ampia possibile per affrontare le debolezze dei giovani, cercare di sostenerli, di dar loro un progetto di vita, una serenità e un buon equilibrio verso il futuro. Più che lottare contro il singolo individuo paranoico e psicotico per Castelbianco “dobbiamo rafforzare i giovani”. Insomma il Blue Whale, ammesso e non concesso che esista, non è il vero problema. Meglio concentrarsi sul fornire aiuto e sostegno alle persone già sofferenti che vivono un vero disagio che potrebbero diventare vittima di questa o altre forme di plagio.
 
Foto copertina via Wikipedia.org

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