La storia dell’impiccato per colpa della zona rossa dove non c’è la zona rossa

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2020-03-06

C’è chi approfitta del coronavirus per raccontare storie improbabili di imprenditori suicidi a causa della “zona rossa”. E ci sono invece titolari di alberghi e ristoranti che a causa dell’epidemia sono costretti a licenziare i dipendenti

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Per affrontare l’epidemia di coronavirus tutti fanno appelli all’unità nazionale, alla coesione del Paese e al senso di responsabilità per non diffondere notizie che possano ingenerare il panico nella popolazione. Abbiamo visto domenica a Non è l’Arena che poi c’è chi si diverte a far credere che tutta l’Italia sia una “zona rossa” anche se in base al Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 1 marzo le cose non stanno davvero così. Ci sono poi dei casi particolari, come quello dell’utente Twitter che “denuncia” il suicidio di un conoscente

L’inutile allarmismo sul coronavirus su Twitter

Scrive l’anonima utente in un tweet che sta facendo il giro dell’Internet «poche ore fa un mio carissimo amico si è impiccato. Il suo sistema nervoso non ha retto, commerciante, fiato sul collo dalle banche, lavoro zero e zona rossa per il coronavirus». A prescindere che la notizia sia vera o falsa conta qui il fatto che l’amico si sia tolto la vita per una serie di ragioni molto diverse tra loro: i debiti con le banche (un fido? non è dato di saperlo), la mancanza di lavoro (da quanto tempo?) e infine il coronavirus. E a dirla tutta sembra che il coronavirus sia stato al massimo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ma attenzione: non è il virus la concausa ma la “zona rossa”. Vale a dire una decisione del Governo. Che sia il grande ritorno della storia dei suicidi di Stato?

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A questo punto è di primaria importanza sapere dove è avvenuto il tragico episodio. «Provincia di Parma», scrive rispondendo alla domanda di un utente.

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In provincia di Parma però non c’è nessuna zona rossa, fa notare un altro. «La provincia di Parma confina con quella di Piacenza, e noi ci troviamo lì. Esattamente a due km dal confine. Stammi bene» è  la risposta seccata.

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C’è però da dire che con il termine “zona rossa” – vale a dire dove il Governo ha imposto le misure più restrittive nei confronti dei cittadini e di conseguenza delle attività economiche e commerciali – si intendono gli 11 comuni focolaio dell’epidemia: Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini (in Lombardia) e il comune di Vò in Veneto. La provincia di Piacenza invece rientra nella cosiddetta zona gialla dove il 1 marzo è stata disposta la chiusura di palestre, centri benessere, piscine e centri ricreativi (come in tutta la Lombardia) . L’Emilia-Romagna è considerata una regione cluster mentre per la provincia di Parma non sono previste particolari restrizioni.

E la crisi vera di imprese e lavoratori fuori dalle zone rosse

Inutile negare che si stia andando incontro a grandi difficoltà. Lavoratori autonomi e precari, lavoratori del mondo dello spettacolo, imprenditori e lavoratori del settore turistico e alberghiero, tour operator e agenzie di viaggi che stanno facendo i conti con le disdette delle prenotazioni e le misure di alcuni governi che hanno annunciato che metteranno in quarantena coloro che sono stati in Italia sono sicuramente tra le vittime principali delle conseguenze economiche dell’epidemia di coronavirus.

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Sul Secolo XIX viene data la notizia che diversi hotel della Liguria hanno già avviato le procedure di licenziamento:

Il Grand Hotel Savoia, a Genova, ha comunicato 24 esuberi su 30 lavoratori mentre l’Hotel Star President 19 licenziamenti su un totale di 23. A Rapallo, invece, l’Hotel Bristol ha aperto una procedura di licenziamento collettivo per tutti i propri addetti, in totale 11.

A complicare la situazione anche la decisione della piattaforma per le prenotazioni online Booking.com di inserire la Regione Liguria tra le aree a rischio consentendo così a chi aveva prenotato di poter disdire senza pagare alcuna penale e obbligato invece gli albergatori a restituire la caparra già versata. «Un’azione unilaterale e inaccettabile. Non può e non deve essere una multinazionale con sede in Olanda a decidere quali sono le zone a rischio nel nostro Paese» l’ha definita l’assessore al turismo della Liguria Gianni Berrino. Ma non è solo in quella zona che il comparto alberghiero è in sofferenza. A livello nazionale l’ufficio Confturismo- Confcommercio, si legge sul Corriere del Veneto, stima un calo un calo di oltre 31,6 milioni di presenze con una perdita stimata di 7,4 miliardi di euro.

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Un membro del Coordinamento Nazionale di Potere al Popolo! ha pubblicato su Twitter una (presunta) lettera di licenziamento inviata da un hotel di Aban Terme (Padova) dove si legge che «a causa della tristemente nota situazione relativa al Covid-19 e repentino drammatico calo di presente e prenotazioni in albergo, ci troviamo a comunicarle il suo licenziamento a far tempo dalla data 06 marzo 2020». Abano Terme è un noto centro termale che si trova a mezz’ora di strada dalla “zona rossa” di Vò e non è interessata da misure restrittive. Ciononostante come in Liguria il calo delle prenotazioni ha causato la decisione di operare tagli al personale. Al Corriere del Veneto Marquidas Moccia, segretario generale di Filcams Cigil precisa che «Si tratta di contratti a tempo determinato. La crisi arrivata il 23 febbraio ha già fatto danni incalcolabili dato che le cancellazioni sono all’ordine del giorno. Molti lavoratori avevano appena iniziato ed è probabile che tanti contratti vengano rescissi già durante il periodo di prova».  Sempre al Corriere la titolare della struttura ha dichiarato che i dipendenti licenziati «verranno subito reintegrati e di nuovo assunti non appena la situazione migliorerà. L’auspicio di tutti è che questo avvenga il prima possibile. La situazione è drammatica, io non dormo da dieci giorni». Servono più ammortizzatori sociali da parte di Regione e Governo, fanno sapere dal sindacato.

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