Il vero motivo per cui il M5S continua a parlare di referendum sull'euro

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2016-12-09

Ai Cinque Stelle l’euro non piace ma da anni l’unica proposta che hanno avanzato è quella del referendum consultivo per uscire dall’euro. Ad oggi non sappiamo però – perché non l’hanno mai detto – se Grillo e i suoi inviteranno gli elettori a votare per l’uscita dall’euro o per rimanerci dentro. In nome della trasparenza Alessandro Di Battista continua a giocare con le parole per dare qualche speranza agli elettori No Euro

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Le dimissioni di Matteo Renzi dopo la sconfitta al referendum costituzionale aprono la strada a nuove elezioni. Non si sa ancora quando, perché c’è prima da attendere la sentenza della Corte Costituzionale sull’Italicum (prevista a fine gennaio 2017) e la successiva approvazione di una legge elettorale che garantisca la governabilità al Senato. Alessandro Di Battista intervistato dal quotidiano tedesco Die Welt (qui la traduzione di Repubblica)ha spiegato come il MoVimento ha intenzione di governare il Paese qualora andasse al Governo e ha toccato un tema caro a molti dei suoi elettori: il referendum per uscire dall’Euro.
di battista referendum euro grillo

La solita vecchia storia del referendum consultivo

Alessandro Di Battista ha spiegato che il MoVimento 5 Stelle vuole che siano gli italiani a decidere quale moneta utilizzare. L’unico modo per farlo, visto che i Cinque Stelle continuano a non dire se una volta al Governo vorranno fare uscire il Paese dall’Euro, sarebbe quello di indire il famoso referendum. C’è innanzitutto un problema: l’Italia è nell’Euro in virtù di un trattato internazionale (l’euro è stato istituito proprio tramite un trattato internazionale, quello di Maastricht) e la Costituzione all’articolo 75 non ammette la possibilità di tenere una consultazione referendaria per autorizzare la ratifica di un trattato internazionale (ratifica che per altro è già avvenuta) in questo caso si tratterebbe di sottoporre ad un eventuale referendum l’articolo 108 del trattato istitutivo della Comunità Europea, attuato con la legge n. 433/1997 e 213/1988. Non è certo la prima volta che dalle parti dei Cinque Stelle si chiede un referendum per uscire dall’Euro, anzi Grillo stesso l’ha chiesto numerose volte ogni volta in un modo diverso, ma la dichiarazione di Di Battista, in un’intervista che inaugura la campagna elettorale, lascia ben sperare tutti i no euro italici, da Salvini a Borghi.

Ha cambiato atteggiamento sull’euro?
“Euro e Europa non sono la stessa cosa. Noi vogliamo solo che siano gli italiani a decidere sulla moneta”.
Ha calcolato le conseguenze dell’eventuale uscita dall’euro?
“Conosco bene quali sono le conseguenze dell’introduzione dell’euro, la perdita di potere d’acquisto, il calo delle retribuzioni, la riduzione della capacità di concorrenza delle imprese, il degrado sociale, la disoccupazione. Se l’Europa non vuole implodere deve accettare che non si può andare avanti così. Nel 2017 ci saranno elezioni importanti. In Francia probabilmente vinceranno i gollisti o Le Pen. In Germania la cancelliera ce la farà anche stavolta, ma i movimenti alternativi, chiamiamoli così, avanzano”.

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L’ultima volta che Grillo era tornato a martellare sull’uscita dall’Euro era il 2014, all’epoca il MoVimento 5 Stelle stava festeggiando al Circo Massimo e Grillo aveva annunciato l’inizio di la raccolta di un milione di firme per la presentazione di una legge d’iniziativa popolare per arrivare all’istituzione del referendum consultivo sull’euro. Il MoVimento aveva anche stabilito anche i tempi entro i quali si sarebbe arrivati al referendum consultivo (che nel nostro ordinamento non esiste). Detta consultazione si sarebbe dovuta tenere tra dicembre 2015 il gennaio 2016 e quindi all’uscita dall’euro sarebbe dovuta avvenire entro i primi mesi del 2016. Lo certificava un post del giugno 2015 dove Grillo annunciava che il M5S stava per depositare 200 mila firme per dare il via alla legge di iniziativa popolare (non un milione quindi):

“Oggi lunedì 8 giugno il M5S depositerà in Senato 200.000 firme per dare il via alla legge di iniziativa popolare che porterà al referendum consultivo sull’euro. Il 9 giugno anche il Presidente del Senato Grasso in persona riceverà le firme dei cittadini. Da quel momento non ci saranno più scuse. Da una parte i cittadini e dall’altra i partiti, che avranno davanti a loro due possibilità: ignorare le firme dei cittadini come già successo in passato, o permettere ad essi di esprimersi su un argomento fondamentale della vita economica e sociale del Paese, sul quale non c’è mai stato un vero dibattito.
Considerando i tempi di passaggio della legge di iniziativa popolare tra la Camera e il Senato, il referendum si terrà probabilmente in un periodo compreso tra il dicembre 2015 e il gennaio 2016. Molto dipende anche dall’ostruzionismo della maggioranza e del Governo. Il M5S è accusato ogni giorno di non collaborare, in maniera del tutto strumentale. Ora vedremo se davanti ad una richiesta esplicita dei cittadini la maggioranza darà il suo appoggio al M5S o saprà dire solo no.

Come uscire dall’Euro? Il MoVimento è confuso

Proposta di legge che doveva essere per forza una legge costituzionale, visto che si sarebbe andati a modificare un articolo della Costituzione (quella intoccabile!) per poter consentire così al popolo di esprimersi. Come forse i lettori più attenti si saranno accorti il referendum del dicembre2015/gennaio 2016 non si è tenuto, perché il Parlamento non ha discusso la proposta di legge avanzata da Grillo (e il sito fuoridalleuro.com messo in piedi per la raccolta firme è scomparso). Ironicamente se fosse passata la riforma costituzionale Renzi-Boschi che conteneva un articolo che – innalzando il numero delle firme necessarie per presentare una legge di iniziativa popolare a 150 mila – prevedeva l’obbligo per il Parlamento di discutere le leggi di iniziativa popolare. Obbligo che al momento non è previsto. Ma anche in quel caso i Cinque Stelle avrebbero dovuto lavorare per trovare un accordo con tutte le altre forze politiche per arrivare all’approvazione della legge costituzionale istitutiva del referendum consultivo sui trattati internazionali. Senza contare che detta legge avrebbe potuto essere sottoposta a referendum qualora fosse stata approvata con una maggioranza minore dei due terzi del Parlamento. In tutto questo Di Battista pubblicizzava la raccolta firme per “il referendum sull’Euro”, lasciando intendere che si sarebbe davvero fatto una volta finita la sottoscrizione.
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Ma ammettiamo per un attimo che questo famoso referendum consultivo sull’euro si tenga davvero (anche se in realtà per Beppe si è già tenuto a dicembre 2015). il M5S dovrebbe spiegarci che cosa succederà dall’annuncio del referendum fino alla sua attuazione (e forse pure dopo) e come ha intenzione di far uscire l’Italia dall’Euro. Nel caso di vittoria dei No Euro ci sarebbe da gestire l’uscita dalla moneta unica e il ritorno alla sovranità monetaria (con tutto quello che ne consegue) ma questo non significa che prima – ovvero durante la campagna elettorale – le cose non possano mettersi male per il nostro Paese. Dovremmo aspettarci importanti fluttuazioni dei mercati ad ogni sondaggio che dà l’uscita in vantaggio, un effetto che rischia di travolgere anche altri paesi europei (con i quali prima o poi dovremo fare i conti una volta usciti). Tutti ricordiamo quello che successe in Grecia quando sembrava che il paese dovesse uscire dall’Eurozona: code agli sportelli bancomat, limiti per i prelievi di contante, fuga all’estero dei capitali. Quanto potrebbe durare l’Italia durante una campagna elettorale per l’uscita dall’Euro? E chi ne pagherebbe il prezzo? Il Cinque Stelle sembra non aver preso in considerazione la questione, l’importante è che il popolo si esprima sulla sovranità, quello che succede durante non è affar loro.

Insomma l’idea di Grillo di discutere e approvare una legge costituzionale e andare al voto tutto nell’arco di sei mesi non aveva assolutamente senso. Rimane infine una questione relativa alla linea seguita dal partito di Grillo sull’Euro: nessuno la conosce. Non sappiamo infatti in modo chiaro (e l’intervista sarebbe stato un momento utile per chiarirlo) se il MoVimento 5 Stelle è a favore o contro la permanenza dell’Italia nell’Eurozona. La linea del Cinque Stelle si riduce a questo fantomatico e inesistente “referendum consultivo sull’euro”  e non è dato di sapere cosa avrà intenzione di dire al suo elettorato il MoVimento qualora questo referendum dovesse tenersi davvero. Il Vice Presidente della Camera Luigi Di Maio ad esempio oltre al referendum consultivo sull’Euro si è detto favorevole ad un Euro 2 o all’utilizzo di monete alternative (in realtà complementari) senza spiegare però se ha in mente una riforma dell’Euro o della creazione di un’Eurozona a due velocità. Tutte cose che dovranno però essere discusse e approvate a livello europeo, e sulle quali il referendum sull’euro com’è ora a quel punto non sarebbe più necessario. Il MoVimento 5 Stelle farà campagna per il Sì oppure per il No? Bisogna tenere presente che la Lega Nord non è assolutamente favorevole ad un referendum per l’uscita dall’euro (anche se ovviamente Salvini e Borghi sono favorevoli all’uscita dall’euro, da attuarsi in altro modo). Sarebbe bene che una forza politica che vuole governare il Paese in nome della trasparenza lo dicesse in maniera chiara, è un atto dovuto nei confronti degli elettori che non vogliono certo firmare una cambiale in bianco ma decidere a ragion veduta. Probabilmente però il MoVimento 5 Stelle su questo argomento continuerà a fare melina, perché è più conveniente far credere che una volta al Governo porterà il Paese fuori dall’Euro e non farlo che prometterlo, scrivendolo nero su bianco, e trovarsi di fronte al problema di non poter mantenere quella promessa (magari incolpando i poteri forti™).

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