Il piano di Grillo per uscire dall'euro: poche idee ma ben confuse

di Guido Iodice

Pubblicato il 2014-10-13

Il leader del MoVimento 5 Stelle lancia la parola d’ordine di un referendum (che non si può fare). Poi scivola sulla denominazione dei risparmi ed è costretto a ricordare quello che il pupillo Sibilia si era “dimenticato”

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Il Circo Massimo ieri era un po’ più pieno di venerdì e l’eco delle parole di Beppe Grillo è risuonata più forte anche nei media. Purtroppo però i contenuti non sono migliorati. Grillo ha articolato la sua visione dell’uscita dall’euro, attraverso un referendum consultivo, che diventerà il tema centrale dell’autunno dei cinque stelle. Ed ha cercato di rassicurare i timorosi, con esempi che tuttavia paiono ben poco radicati nella realtà dei fatti.
 
L’IMPOSSIBILE REFERENDUM PER USCIRE DALL’EURO
Come abbiamo già sottolineato, un referendum per uscire dall’euro è impossibile sul piano giuridico, poiché l’Italia aderisce all’euro in base ad un trattato internazionale che, per Costituzione, non può essere sottoposto a referendum. Per questo il M5S parla di un non meglio precisato “referendum consultivo” che probabilmente si materializzerà in una semplice raccolta di firme a partire da novembre come petizione al parlamento. Lì – ha spiegato Grillo – i “milioni” di firme troveranno il sostegno dei parlamentari pentastellati, che avranno il compito di stanare i noeuro in parlamento. Lega, Fratelli d’Italia, parte di Forza Italia. Ma i toni di Grillo sono parsi più di sfida che di ricerca di alleanze. E infatti in rete subito suscitano una risposta piccata dall’ex candidato della Lega Claudio Borghi

Come segnala lo stesso Borghi


la Lega ha proposto invece una legge costituzionale per rendere possibile il referendum su leggi tributarie e trattati, compresi quelli che ci legano alla moneta unica, proprio allo scopo di uscire dall’euro. Riporta il sito della Lega Nord:

Gli italiani devono poter raccogliere le firme e votare per i referendum abrogativi di leggi tributarie e trattati internazionali, come quello che ha portato l’Italia nell’Euro. Lo chiede la Lega, attraverso una proposta di legge costituzionale per la modifica dell’articolo 75 della Carta, che disciplina l’istituto referendario.
Una modifica “impellente e non piu’ procrastinabile”, spiega il primo firmatario della proposta, Giancarlo Giorgetti, presidente della Commissione speciale della Camera per l’esame degli atti del governo, per cancellare dalla Costituzione quei “limiti che impediscono al popolo di essere direttamente coinvolto in materia tributaria e sui trattati internazionali”.

Ma il problema del referendum non è tanto giuridico quanto economico.
 
E SE IL REFERENDUM PER USCIRE DALL’EURO SI FACESSE?
Immaginiamo uno scenario ipotetico in cui il M5S e la Lega riescono a far approvare la modifica costituzionale dell’articolo 75 proposta dalla Lega, che renderebbe possibile uscire dall’euro ed eventualmente anche dall’Unione europea. Se i sondaggi dovessero riportare una maggioranza stabile per la permanenza nell’euro, sui mercati non succederebbe nulla. Se invece gli italiani si indirizzassero secondo i desiderata di M5S, Lega ed altri partiti favorevoli all’uscita, le cose andrebbero molto diversamente. Un esempio l’abbiamo avuto con il referendum per l’indipendenza della Scozia. Durante la campagna elettorale i mercati entravano in fibrillazione appena i sondaggi davano il “sì” in rimonta, sebbene non abbia mai scavalcato chiaramente i “no”. E lì non si parlava neppure di “uscita dalla sterlina” visto che, almeno nelle intenzioni del governo scozzese, il nuovo paese avrebbe mantenuto la moneta del Regno Unito. Nel caso italiano, invece, è facilmente prevedibile che i capitali fuggirebbero all’estero al primo sentore di una possibile vittoria degli eurexit. E quando parliamo di “capitali”, non ci limitiamo a quelli mossi dai grandi gruppi finanziari, ma anche ai risparmi dei lavoratori e dei pensionati. Se l’Italia uscisse dall’euro la nostra nuova moneta si svaluterebbe consistentemente nei confronti della valuta europea. Chi riuscisse a mantenere i risparmi denominati in euro, quindi, guadagnerebbe in poco tempo il 20 o 30 per cento. L’operazione è estremamente semplice: basta vendere Bot e Btp e comprare titoli di stato tedeschi. Non va inoltre esclusa la possibilità di un’irrazionale corsa agli sportelli per prelevare i contanti e chiudere i conti. Per entrambi i casi, il disastro sarebbe pressoché sicuro. Lo spread tornerebbe a colpire i titoli di debito italiani, i tassi di interesse schizzerebbero alle stelle e il governo troverebbe deserte le aste, con conseguente difficoltà nell’erogare stipendi e servizi (anche se va detto che il Tesoro ha sinora accumulato ingenti riserve che potrebbero essere usate per tamponare la situazione). Le banche e i bancomat dovrebbero essere chiusi per evitare prelievi di massa, mentre il governo con un decreto d’urgenza dovrebbe bloccare anche i movimenti di capitali. È difficile immaginare una campagna referendaria serena in un clima emergenziale come questo. Probabilmente la gente terrorizzata si sposterebbe nuovamente verso il “no”, ma nel frattempo il paese avrebbe pagato un prezzo salato.
 
LE INQUIETANTI RASSICURAZIONI DI GRILLO
Forse per questo il capo del Movimento ha cercato di tranquillizzare i dubbiosi con alcuni esempi, ma se poteva ha peggiorato la situazione. Grillo ha spiegato che per stare tutti tranquilli si potrebbero tenere i risparmi in “euro o dollari”. Chissà perché dollari. Il punto però è che questa operazione sarebbe un suicidio in piena regola per l’economia italiana. Le banche si ritroverebbero infatti con dei crediti in lire (ad esempio la rata del mutuo) mentre sui conti correnti tutto il pregresso rimarrebbe in euro. Con la svalutazione della lira ciò significa un passivo per le banche insostenibile, tanto più in un momento in cui le sofferenze bancarie sono così elevate. Se poi per “risparmi” intendiamo anche le somme investite in obbligazioni, il quadro diventa ancora più drammatico. Lo Stato e le grandi imprese (tra cui ancora le banche) dovrebbe mantenere in euro i loro titoli obbligazionari, aggravando la loro posizione debitoria. Il debito pubblico diventerebbe insostenibile poiché lo Stato incasserebbe le tasse in lire, ma dovrebbe pagare in euro Bot e Btp alla loro scadenza. E no, la sovranità monetaria e lo “stampare un po’ di lire quando serve”, come ha detto il comico, non sarebbe molto d’aiuto in questo caso.
 
NON È COSÌ SEMPLICE
Che uscire dall’euro non sia affatto semplice lo sottolineano peraltro anche i migliori economisti pur favorevoli all’uscita, come abbiamo spiegato in un precedente articolo. In molti piani di uscita, in effetti, si ipotizza la possibilità che parte dei debiti rimangano denominati in euro, al fine di evitare il collasso del sistema finanziario europeo (che trascinerebbe con sé quello globale), ma si tratta dei debiti con l’estero. E anche in questo caso l’onere per alcuni paesi sarebbe insostenibile e un “haircut” inevitabile.
 
L’ILLUSIONE DELLA SVALUTAZIONE
L’ultimo argomento a favore dell’uscita dall’euro usato da Grillo è il più ricorrente: la svalutazione. Il comico genovese ha prima cercato di rassicurare i piccoli imprenditori, facendo l’esempio del prezzo del gasolio, caro alla propaganda eurexit. La vulgata proeuro – ma non gli economisti seri, va detto – cerca di terrorizzare l’opinione pubblica sostenendo che, se la lira si svalutasse, tutto aumenterebbe quasi proporzionalmente, a partire dal prezzo dei carburanti. Correttamente Grillo ha spiegato che il prezzo del gasolio (ma vale anche per la benzina), è solo in piccola parte dipendente dal prezzo del petrolio. Il grosso del prezzo alla pompa, in effetti, è costituito dalle tasse. Ciò però non deve far dimenticare che il prezzo del petrolio e in generale dei prodotti importati entra anche attraverso altri canali (basta pensare all’energia elettrica) e, sebbene non ci sia da aspettarsi alcuna iperinflazione, un aumento dei costi per le imprese e un effetto inflattivo sarebbe inevitabile. Persino durante il terribile 2012, nel pieno del credit crunch e in una crisi senza precedenti favorita dall’austerità del governo Monti, l’aumento del prezzo dell’energia è bastato a portare l’inflazione oltre il 3%, mentre la sua discesa sta contribuendo oggi a portarci in deflazione. L’inflazione al 3% non è nulla di allarmante, ma bisogna mettere questo insieme all’altro lato della bilancia commerciale: le esportazioni. Secondo Grillo la lira svalutata aiuterebbe il nostro export e in particolare il nostro manifatturiero e le nostre piccole e medie imprese. Ma è davvero così? Al momento questa più una speranza che una certezza. Il commercio globale è fermo e la crisi ucraina con le reciproche sanzioni sta mettendo in difficoltà persino l’export tedesco. Persino il Giappone, con l’importante svalutazione dello Yen (da 80 di due anni fa a 110 Yen per un dollaro di oggi) non ha avuto benefici in termini di bilancia commerciale
uscire dall'euro
Ma il fenomeno è ormai generalizzato. Dall’India all’Argentina, passando per il Regno Unito e la Turchia, l’idea semplicistica per cui se si svaluta si esporta di più e si importa di meno sembra cedere di fronte all’evidenza che la crisi globale ha congelato i mercati internazionali, rendendo il tasso di cambio un’arma spuntata. Le imprese italiane potrebbero quindi trovarsi tra incudine e martello: energia, materie prime, semilavorati, beni capitali importati che aumentano, mentre le esportazioni continuano a stagnare.
Uscire dall'euro
Se ciò non bastasse, al danno si aggiunge la beffa. Come segnala il Wall Street Journal, nel caso giapponese a rimetterci per la svalutazione sono proprio le piccole e medie imprese, mentre le grandi hanno già da tempo delocalizzato le produzioni.
 
LA PICCOLA DIMENTICANZA DI CARLO SIBILIA 
Concludiamo con un po’ di leggerezza.Tra gli intervenuti nella tre giorni pentastellata c’era anche il simpaticissimo Carlo Sibilia, il parlamentare che offre più di uno spunto di divertimento ai giornalisti. Il tema dell’intervento del deputato 5 stelle era la sovranità, in particolare quella monetaria. Purtroppo nel quarto d’ora assegnatogli non è riuscito a dire la cosa fondamentale, ovvero che per tornare alla sovranità monetaria bisognerebbe riprendere il controllo dell’emissione monetaria attraverso la nostra banca centrale. Forse, sceso dal palco, qualcuno glielo ha fatto notare e prontamente Sibilia ha cercato di integrare il suo intervento attraverso Facebook

Uscire dall'euro - Il post di Carlo Sibilia su Facebook
Il post di Carlo Sibilia su Facebook

Alla piccola dimenticanza di Silibia ha riparato nel suo intervento conclusivo lo stesso Grillo. Ma questo, insieme alla confusione dell’aspirante Ministro degli Esteri Di Battista tra Isis e Hamas, la dice lunga sulla qualità della classe dirigente a 5 stelle.

Leggi sull’argomento: Come si fa ad uscire dall’euro?

Foto copertina da Flickr

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