Economia

Il M5S presenta il piano per uscire dall'euro e non vi piacerà per nulla

Guido Iodice 20/10/2015

«Uscire dall’euro è possibile, domani la presentazione delle prove scientifiche», annunciano i grillini sul blog. Vediamo di chi si parla, e di cosa esattamente si sta discutendo

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Boom! Non c’è solo il Piano B per uscire dall’euro di Fassina&Schaeuble. C’è anche quello del MoVimento Cinque Stelle che lo presenterà mercoledì 21 ottobre al Parlamento europeo. L’annuncio è altisonante (lasciamo il maiuscolo per coerenza): “USCIRE DALL’EURO È POSSIBILE: DOMANI LA PRESENTAZIONE DELLE PROVE SCIENTIFICHE“. Addirittura le prove scientifiche!

Ci hanno ripetuto fino alla noia che uscire dall’Euro è impossibile, che sarebbe un disastro per l’Italia, che perderemmo competitività a livello internazionale. E’ la propaganda della paura. Per uscire dall’Euro serve un Piano B credibile, basato su elementi scientifici. Organizzato passo per passo. Non si può improvvisare nulla o lasciare alcuna azione al caso.
 

E chi le presenterà le prove “scientifiche”?

Domani, al Parlamento Europeo, saranno ospiti tre fra i massimi esponenti accademici della questione:Roger Bootle, Giandomenico Majone e Antonio Maria Rinaldi.

Chi paga l’uscita dall’euro?

Lasciamo stare gli ultimi due “massimi esponenti accademici”, e concentriamoci sul primo. Roger Bootle non è un accademico (a parte una esperienza di insegnamento ad Oxford) ma un economista “pratico”, con un illustre passato di consulente del Tesoro e di imprese finanziarie, oggi a capo di Capital Economics, una società di ricerca, e attivo pubblicista. Insomma, uno che sta gomito a gomito con gli “squali” della City di Londra. Bootle è diventato particolarmente famoso per aver vinto, nel 2012, il premio Wolfson per il suo piano di uscita dall’euro, incentrato sulla Grecia come caso esemplare. Il problema vero però è che Bootle, a differenza dei noeuro italici, è tanto sincero e sugli effetti dell’uscita dall’euro è molto, molto, molto chiaro:

Il deprezzamento della nuova moneta avrebbe quindi profonde implicazioni per i salari reali, e per il valore reale di tutti gli importi nominali fissati in dracme. Per far funzionare il deprezzamento, cioè garantire che il cambio reale scenda così come il tasso nominale, sarebbe indispensabile che il salario non salisse a compensare.

La logica è disarmante e semplicissima. Se svaluti per recuperare competitività, ebbene non puoi far salire i salari che si rimangerebbero in fretta l’effetto competitivo della svalutazione. Quindi il potere di acquisto della paga del lavoratore calerà, così che potremo essere tutti più competitivi. Detta in altri termini: “si svaluta la moneta e si svaluta il lavoro”. E’ esattamente ciò che è accaduto in tutti i paesi che hanno svalutato finora, dal Giappone alla Gran Bretagna, ma anche all’Italia nel 1992 dopo l’uscita dal Sistema Monetario Europeo. Sia in termini di salario reale (cioè di potere di acquisto) che in termini di quota salari (cioè quanto del PIL va ai lavoratori) l’Italia post 1992 e i paesi che hanno svalutato più recentemente hanno fatto pagare il prezzo ai lavoratori. Se questo è l’esperto dei Cinque Stelle, c’è poco da stare tranquilli per i nostri stipendi.

Ancora austerità per essere credibili

E l’austerità potrà finire una volta usciti fuori dall’euro? Macché. Secondo Bootle bisogna dare fiducia ai mercati per evitare che la nuova moneta diventi come la pizza di fango del Camerun (cit.). Le prime tre cose da fare sono:

1) stabilire un target di inflazione basso (vale a dire tenere la disoccupazione alta);

2) stabilire regole fiscali restrittive sotto il controllo di una autority indipendente (austerità, austerità austerità);

3) mettere fuori legge le indicizzazioni salariali.

Brutte notizie per il reddito di cittadinanza.
 

Leggi anche: Come si fa ad uscire dall’euro?

 
 
 
 
 

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