Il lunghissimo addio di Fioramonti al ministero dell’Istruzione
di dipocheparole
Pubblicato il 2019-12-24
Sta diventando un classico della comicità, come le torte in faccia. Eppure non fa molto ridere che il ministro della Pubblica Istruzione Lorenzo Fioramonti continui a minacciare dimissioni su dimissioni ma non lasci mai viale Trastevere, dove sta ancora seduto sulla comoda poltrona che fu dell’insegnante di educazione fisica Marco Bussetti, poi finito nei guai …
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Sta diventando un classico della comicità, come le torte in faccia. Eppure non fa molto ridere che il ministro della Pubblica Istruzione Lorenzo Fioramonti continui a minacciare dimissioni su dimissioni ma non lasci mai viale Trastevere, dove sta ancora seduto sulla comoda poltrona che fu dell’insegnante di educazione fisica Marco Bussetti, poi finito nei guai per i viaggi “istituzionali” in Costa Azzurra. Oggi Il Messaggero in un articolo a firma di Simone Canettieri riepiloga per la miliardesima volta le sue minacce di dimissioni:
«Toh, chi si vede». Alle 16, nel bel mezzo del voto sulla manovra,alla buvette della Camera spunta il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti. Un’apparizione, tra mandorle salate e Campari. È qui per votare? Ma a favore o contro? Sarà il suo ultimo atto prima dell’addio? D’altronde ormai è un oggetto misterioso da settimane. Un marziano. Tormentato. Premessa: lo scorso settembre annunciò – con una doppia intervista il giorno del giuramento al Colle – di lasciare se non ci fossero stati 3 miliardi di euro in manovra.
«Il minimo sindacale». Concetto ribadito per settimane e mesi. Bene, calcolatrice alla mano, oggi 23 dicembre, tutti questi soldi non ci sono. Siamo a meno della metà. E quindi:molla?Altro indizio: alla cena di Natale del governo, la settimana scorsa, ha dato forfait (e si è perso l’exploit alla chitarra di Roberto Gualtieri). Fioramonti, da tempo frequenta sempre meno i consigli dei ministri. Non si è visto in Senato nemmeno per l’approvazione del decreto Scuola, al suo posto è toccato andare alla sotto segretaria Lucia Azzolina.
Nel frattempo Fioramonti è il pezzo pregiato della black-list grillina: nel 2019, da deputato, non ha restituito nemmeno un euro. Dunque dovrebbe dare alla casa madre almeno 24mila euro. Pena: l’espulsione.
Dietro di lui si fanno scudo tutti i morosi: «Se non restituisce il ministro perché dobbiamo farlo noi»? «Cosa ha in testa Lorenzo? Non lo so», taglia corto Federico D’Incà, ministro per i rapporti con il Parlamento, così pacato da nascondere sempre la preoccupazione. Nei giorni scorsi i gruppi parlamentari hanno fatti girare una storia su Fioramonti: il ministro è pronto a dimettersi per uscire dal M5S e formare, con altri dieci deputati, un gruppo autonomo che sostenga il governo.
Una scissione che, dal punto di vista logico, è abbastanza arzigogolata: si è mai visto un ministro che si dimette in polemica con il premier e che esce dal partito che lo ha nominato per fondare un gruppo che sostenga il premier con cui è in polemica? Se salta è pronto a sostituirlo Nicola Morra, presidente dell’Antimafia.
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