Il colloquio con i navigator del reddito di cittadinanza e l’«offerta congrua» di lavoro

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-11-01

Molti navigator sotto sotto sono nervosi per questo: nel loro contratto di«collaborazione» con l’Agenzia per le politiche attive del governo (Anpal Servizi) è scritto che entro fine incarico, fra 18 mesi, devono aver segnalato almeno un’«offerta congrua» a ogni disoccupato

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Il Reddito di cittadinanza italiano è temporaneo e vincolato alla partecipazione di chi lo riceve a un percorso di reinserimento lavorativo. In base al decreto legge 4/2019 che lo disciplina, il Reddito di cittadinanza viene riconosciuto ai nuclei familiari in difficoltà in possesso di una serie di requisiti tra i quali l’Isee sotto un determinato valore, patrimonio mobiliare e immobiliare limitato, divieto di possedere alcuni beni e un reddito familiare inferiore a 6mila euro per un nucleo composto da un single e comunque non superiore a 12.600 euro per i nuclei con più componenti.

Il Corriere della Sera oggi racconta com’è una giornata tipo del navigator, ovvero della nuova figura professionale introdotta nel decreto del Reddito di cittadinanza 2019, per aiutare i cittadini a trovare un lavoro. Il navigator è un tutor che ha il compito di seguire il disoccupato dalla presa in carico nei Centri per l’impiego fino all’assunzione. Lo stipendio dei navigator è di 27.338,76 euro lordi annui e prevede un bonus mensile fino a 300 euro lordi, per spese di viaggio, vitto e alloggio.

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I navigator del reddito di cittadinanza regione per regione (Corriere della Sera, primo novembre 2019)

Molti navigator sotto sotto sono nervosi per questo: nel loro contratto di«collaborazione» con l’Agenzia per le politiche attive del governo (Anpal Servizi) è scritto che entro fine incarico, fra 18 mesi, devono aver segnalato almeno un’«offerta congrua» a ogni disoccupato. Altrimenti rischiano sanzioni, benché anche quelle per ora restino imprecisate.

Ma è soprattutto qualcos’altro che lascia perplesso Francesco Gallo: daAnpal Pescara si raccomanda di far firmare «patti per il lavoro» invece di «trasformare», cioè mandare ai servizi sociali, i tanti senza lavoro da oltre due anni giudicati ormai inoccupabili. Si vuole evitare che i comuni poi li rimandino ai centri per l’impiego, in un eterno rimpallo fra burocrazie. «La norma dice che dopo due anni queste persone hanno bisogno di servizi sociali. Un minimo di formazione giuridica l’ho avuta e so che la legge non andrebbe ignorata», nota Francesco Gallo.

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