Il clan di Latina che attaccava i manifesti per la Lega

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-11-02

Secondo i giudici i Di Silvio hanno “aiutato” Orlando Tripodi attuale capogruppo leghista alla Regione Lazio

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Il clan Di Silvio – legato al gruppo dei Casamonica – aveva trovato l’accordo giusto per tenere sotto scacco Latina: I manifesti li attaccavano per la Lega, i voti li raccoglievano per il candidato sindaco di Forza Nuova, poi passato con il partito di Salvini. Lo scrive il GUP nella sentenza che li condanna e lo racconta oggi Repubblica in un articolo a firma di Andrea Palladino:

Non era simpatia politica quella dei Di Silvio per la destra e la Lega. Un voto, 30 euro. Un affare come un altro. L’attacchinaggio avveniva solo dove decidevano i capi bastone. Scrive il Gup Annalisa Marzano: «Il clan dei Di Silvio estendeva la propria influenza anche nelle campagne elettorali (…) si erano impegnati ad attaccare i manifesti “Noi con Salvini”». Il riferimento è alle elezioni del 2016 a Terracina. Il controllo poteva poi arrivare fino alle urne, con una sorta di accompagnamento coatto per gli elettori.

Tra i candidati sostenuti dal clan per le elezioni a Latina c’era anche Orlando Tripodi (non indagato nell’ambito di questa inchiesta). Nel giugno del 2016 era l’aspirante sindaco del capoluogo pontino per una coalizione di estrema destra, sostenuta, tra gli altri, da Forza Nuova. Dopo l’insuccesso – ha ottenuto il 4,6% – è passato con la Lega ed oggi è il capogruppo in Regione Lazio del partito di Salvini. I Di Silvio – scrivono i magistrati – raccolsero i voti per lui tre anni fa: «Mi hanno ordinato, con tono imperativo, di votare per il candidato sindaco Tripodi (…) perché avrebbero ricevuto la somma di 30 euro per ogni voto acquisito», racconta un testimone.

matteo salvini orlando tripodi
Matteo Salvini con Orlando Tripodi (foto da: twitter)

Dichiarazioni confermate – annota il giudice di Latina – da una perquisizione. In un carteggio di uno degli uomini del clan c’era l’elenco dei candidati, con il conteggio dei voti. «La politica l’avevamo presa quasi tutta noi», ha raccontato agli investigatori uno dei collaboratori di giustizia, Agostino Riccardo, confermando l’influenza del clan nelle elezioni. Alla fine nel 2016 a Latina venne eletto Damiano Coletta, esponente di una lista civica.

Lo attendeva una città sopraffatta da un clan «capace di esercitare il controllo di tutte le categorie professionali e di governare le competizioni elettorali», scrivono i magistrati. E quando il 29 settembre del 2018 Matteo Salvini è arrivato a Latina da ministro dell’Interno Coletta ha provato a chiedere aiuto. Aveva in mano un dossier che raccontava chi erano quei parenti feroci dei Casamonica. Salvini non lo ha mai ricevuto. Sul palco ha preferito far salire Tripodi, l’ex di Forza Nuova sponsorizzato dai capi bastone.

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