I partiti antieuropei in Europa

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-02-02

Da Podemos a Syriza fino a Sinn Fein a sinistra. Il Front National, la Lega Nord, Afd a destra. La politica dell’austerity ha portato a una grande crescita i raggruppamenti antisistema nel Vecchio Continente. E piano piano…

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Quali sono i partiti antisistema in Europa? Il Sole 24 Ore ha riepilogato in un’infografica qualche tempo fa quali sono i partiti che sono critici nei confronti dell’Austerity o vogliono uscire dall’euro. Dopo la vittoria di Syriza alle elezioni in Grecia, da come finirà la partita della ridiscussione del debito di Atene dipende, come spiegava oggi il Financial Times, la fortuna elettorale di questi partiti e di conseguenza anche il futuro dell’eurozona.
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I PARTITI ANTISISTEMA IN EUROPA
Nel dettaglio, in Italia il peso elettorale degli euroscettici è misurato nel 32,5% complessivo che assomma la forza elettorale (con i risultati delle ultime elezioni europee) del MoVimento 5 Stelle e della Lega Nord, anche se i due partiti non sembrano avere alcuna convergenza sulla issue specifica: mentre il M5S si è impegnato nella lotta per un referendum sull’euro che non si può fare, il Carroccio ha invece detto di avere l’intenzione di guidare un’uscita controllata dalla moneta unica in caso di vittoria alle elezioni. In Francia c’è il programma del Front National di Marine Le Pen: secondo la leader del Front national l’uscita dalla moneta unica “deve essere concordata con i partner europei, preceduta da un negoziato di sei mesi e confermata da un referendum”. Almeno inizialmente l’euro resterebbe in circolazione assieme al franco, introdotto di nuovo. Per giustificare le sue teorie protezionistiche, il Front fa appello a un economista francese, Maurice Allais, premio Nobel nel 1988, che partì da posizioni anti-keynesiane per arrivare poi a una critica feroce delll’iperliberismo e della mondializzazione. In Germania Alternative für Deutschland, che ha celebrato il suo congresso domenica a Brema – molto atteso dopo il trionfo di Syriza in Grecia e i malumori contro l’Ue che hanno proiettato il partito nato da appena due anni al 7% nei sondaggi – ha incoronato Berndt Lucke alla guida del partito. Non a caso Lucke si è detto «molto riconoscente» al neo-premier ellenico, Alexis Tsipras, per aver «mostrato a quelli dell’Ue che così non si può andare avanti». Afd punta a entrare per la prima volta nel Parlamento di un Land dell’ovest alle elezioni di Amburgo del 15 febbraio, dopo aver già raggiunto il 10% in tre regioni dell’est. Lucke ha ottenuto di diventare il leader unico dopo aver avvertito il congresso che il partito «non è un circolo di bowling o una società per l’allevamento dei conigli» che possono avere direzioni collegiali. Secondi gli osservatori, però, la rimozione del vice di Lucke, Frauke Petry, e del leader del Brandeburgo, Alexander Gauland, fautori di una svolta a destra con il pugno duro su criminalità e immigrazione, potrebbe sottrarre all’Afd molti di quei consensi che finora gli erano arrivati dagli elettori più conservatori della Cdu delusi da Angela Merkel. Il partito eurocritico per eccellenza in Spagna è Podemos, che però per adesso non vuole portare  la guerra alla moneta unica: «Non è possibile uscire dell’euro adesso. Per cambiare la situazione attuale serve ripartire da Maastricht; allora si fecero numerosi errori che hanno portato a questa Europa delle disuguaglianze, dove ci ritroviamo coloni di Berlino senza diritti sociali» (La Repubblica). Nacho Alvarez, uno degli economisti del team di Podemos, ha recentemente illustrato la proposta del partito che, prendendo atto dell’insostenibilità del debito spagnolo, avanza l’idea di una ristrutturazione consistente in un mix composto da riduzione degli interessi, allungamento delle scadenze e haircut del debito. L’obiettivo di Podemos, secondo Alvarez, non è quello di uscire dall’euro, ma neppure di rimanervi a qualsiasi costo. Una posizione che mette al primo posto il benessere del paese. Eppure non è così in Spagna, dove Podemos viene osteggiata e accusata di voler importare il modello venezuelano. Sei anni di crisi hanno portato Syriza ad essere il primo partito in Grecia, mentre nel caso spagnolo il rischio è che i socialisti e i conservatori possano allearsi contro la nuova forza nata dalla protesta degli Indignados.
 
USCIRE DALL’EURO, E TANTE ALTRE COSE
Poi c’è Geert Wliders con il suo Partito della Libertà (PVV) in Olanda: «Cinquant’anni, un debutto nella politica con il partito liberale conservatore, Wilders fonda il Pvv nel 2006, sulle orme della lista di Pim Fortuyn, assassinato nel 2002, con cui ha ampie convergenze: stop all’immigrazione, lotta all’integralismo islamico, che diventa vera e propria bandiera del leader, autore tra l’altro del documentario “Fitna”, aspra denuncia del Corano. La battaglia contro l’euro e l’Europa, “il mostro burocratico” di Bruxelles, sono più recenti, anche se in occasione di queste elezioni europee non hanno fatto breccia tra gli olandesi: il partito ha ottenuto il 13,2% e 4 seggi, terzo dietro a forze filoeuropee, contro il 17% del 2009. Con il Front National aspira a creare un nuovo gruppo euroscettico all’Europarlamento». L’Ukip è conosciuto in Italia per l’alleanza al parlamento europeo con Beppe Grillo e il suo MoVimento 5 Stelle: «La ragione fondativa del partito è rimasta uno dei suoi obiettivi principali: l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. L’operazione compiuta da Farage, leader dell’Ukip dal 2006 e poi di nuovo dal 2010, è stata quella di dare al partito un respiro più ampio, trasformandolo in un grande movimento inserito nella destra liberale europea e sottraendo consensi ai Conservatori. Un’operazione riuscita, come dimostra la costante avanzata del Partito per l’indipendenza, culminata nella conquista del primato assoluto alle ultime elezioni europee, con il 28% dei voti. Nei mesi precedenti il voto si è parlato della possibile alleanza con il Front National francese e con il Pvv olandese per dar vita un unico grande gruppo euroscettico, ma finora Farage ha respinto ogni associazione con il partito della Le Pen, percepito come razzista e antisemita». Il Partito della Libertà di Heinz-Cristian Strache è nato dalle ceneri del partito di Joerg Haider, che fece la brutta fine che tutti ricordiamo. In Austria è accreditato del 27% ma non è in guerra con la moneta unica: a Strache interessa di più regolamentare la quota di stranieri anche all’interno della UE e chiede una riforma delle regole dell’euro. A Sinn Fein in Irlanda accreditano il 26% dei consensi, i suoi deputati siedono con Podemos e Die Linke nel parlamento europeo: anche qui, come per Podemos, si tratta di un partito contrario all’austerità. Un fronte ampio, variegato e frastagliato, che a parte l’antieuropeismo non ha un tratto comune. Ma se l’Europa continua sulla strada dell’austerità, presto arriveranno al potere.
 

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