I 70 banchieri uccisi dalla crisi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-09-27

Tra il 2013 e il 2018 sono morti in circostanze sospette almeno 70 dei 100 banchieri internazionali deceduti per ragioni «non naturali» durante le inchieste

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Tra il 2013 e il 2018 sono morti in circostanze sospette almeno 70 banchieri, deceduti per ragioni «non naturali». Alessandro Plateroti sul Sole 24 Ore scrive un articolo in cui racconta che l’altra faccia della crisi è una sorta di albo nero degli scandali finanziari, con le storie di decine e decine di banchieri, trader e analisti le cui morti misteriose sono rimaste come tali:

Eppure, erano 70 dirigenti di grado superiore al servizio delle più importanti istituzioni finanziarie del mondo, da JP Morgan a Bank of America, da Abn Amro a Merrill Lynch, da Deutsche Bank a Goldman Sachs. Le stesse banche che tra il 2008 e il 2017 sono state sotto inchiesta (e molte lo sono ancora) non solo per lo scandalo dei mutui subprime, ma per un elenco di reati che va dalla manipolazione dei tassi interbancari ai cambi valutari, dalla truffa sul fixing dell’oro a quella sui derivati.

Dieci anni di scandali che non solo sono costati alle banche (e ai loro azionisti) sanzioni per oltre 320 miliardi di dollari, ma che hanno soprattutto messo a nudo tutte le distorsioni e gli abusi favoriti dalla cultura del profitto e della speculazione selvaggia che ha portato l’economia mondiale sull’orlo del baratro.

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L’infografica del Sole 24 Ore su come muoiono i banchieri (27 settembre 2018)

L’elenco di Plateroti è affascinante e l’articolo potrebbe costituire una buona base per un thriller di fantafinanza:

Tra i tanti casi, dunque, è quello di JP Morgan il più controverso e misterioso. Basti pensare che il 28 gennaio 2014, appena due giorni dopo il suicidio di Broeksmit a Londra e 13 mesi dopo la morte di Rossi a Siena, a lanciarsi dal tetto della sede londinese di JP Morgan è Gabriel Magee, banchiere al servizio del colosso americano chiamato in causa per le manipolazioni del Libor. Il caso fu subito archiviato come suicidio, ma il giorno successivo, il 29 gennaio, dall’altro lato dell’Atlantico, è Mike Dueker, 50 anni, economista capo presso la Russell Investments a togliersi la vita gettandosi da un ponte nei pressi di Washington. Anche questa società era sotto inchiesta.

Cinque giorni dopo il suicidio di Duecker, Ryane Crane, di soli 37 anni, direttore esecutivo della JP Morgan Chase di New York, sede sotto inchiesta, viene trovato morto nella sua casa di Stamford, nel Connecticut: anche in questo caso, il decesso fu subito liquidato come suicidio da depressione. Fatto sta che poche settimane dopo, la stessa “depressione” spinge fuori dal tetto di un grattacielo di Hong Kong un trader di 33 anni della JP Morgan Charter House Asia: anche questo caso fu chiuso come «suicidio da depressione». Ma che cosa provano, o significano, queste morti eccellenti e controverse?

Leggi sull’argomento: «O Tria caccia i soldi o se ne va»

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