Conte risponde a Letta: “Ma quale agenda Draghi, il premier ha umiliato gli italiani che attendono risposte”

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2022-07-23

Giuseppe Conte risponde a Enrico Letta che parlava di italiani “traditi” dai partiti che non hanno votato la fiducia: “L’Italia è stata tradita quando in Aula il Premier e il centrodestra hanno respinto le nostre proposte umiliando tutti gli italiani che attendono risposte”

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“È vero, Enrico. L’Italia è stata tradita quando in Aula il Premier e il centrodestra, anziché cogliere l’occasione per approfondire l’agenda sociale presentata dal MoVimento 5 Stelle, l’hanno respinta umiliando tutti gli italiani che attendono risposte: basta salari da fame e precarietà per i nostri giovani, buste paga più pesanti per i lavoratori, tutela delle 50mila piccole imprese dell’edilizia a rischio fallimento, lotta all’inquinamento vera e non trivelle e inceneritori”: Giuseppe Conte risponde con un post Facebook a Enrico Letta che incolpava i partiti che non hanno votato la fiducia al governo di aver “tradito” gli italiani.


“‘L’agenda Draghi da voi invocata – ha aggiunto l’ex premier – ha ben poco a che fare con i temi della giustizia sociale e della tutela ambientale, che sono stati respinti e umiliati sprezzantemente. Ma adesso non è più tempo di formule e giochi di palazzo. Ora ci sono le elezioni, non voteranno solo i noti commentatori di giornali e talk show che ci attaccano e i protagonisti dei salotti finanziari che ci detestano. Anche chi non conta e chi non ha voce potrà far pesare il proprio giudizio. Noi per loro ci saremo sempre”. In mattinata la sua prima uscita sugli attacchi provenienti dal Pd: “Ormai la macchina delle primarie siciliane è partita e domani il Movimento vi prenderà parte. In queste ore però leggo diverse dichiarazioni arroganti da parte del Pd. Non accettiamo la politica dei due forni. Quel che vale a Roma vale a Palermo”.

E adesso Conte attacca il Partito Democratico: “Da loro parole arroganti”

Il ministro Dario Franceschini, uno dei più strenui difensori del patto con i Cinque Stelle, aveva chiuso il campo largo a doppia mandata dicendo che “con i Cinque Stelle è finita, c’e’ uno schema nuovo e la sfida è tra chi ha difeso il governo Draghi fino all’ultimo e chi ha buttato tutto a mare”. Lorenzo Guerini,  ministro della Difesa era stato altrettanto netto: “Bisogna essere molto chiari. Chi è stato protagonista della caduta del governo Draghi non può essere interlocutore del Pd. Punto. Non c’è molto da aggiungere”.

Forse, a leggere tra le righe le parole di Enrico Letta, almeno in un primo momento si poteva intravedere uno spiraglio in mezzo alla condanna per la fine del governo: il segretario del Pd si era lasciato sfuggire che “da ieri lo scenario è totalmente modificato” e che i dem “devono concentrarsi su quello che siamo noi, a partire da quello che siamo noi”. “Loro”, invece, cioè Giuseppe Conte e i pentastellati che lo hanno seguito, “non sanno quello che hanno fatto, ci sono stati errori enormi che hanno fatto tutti loro. Io non faccio classifiche. Le responsabilità sono di tutti”. E alla luce di questo, spiega Letta, “compagni di strada e modalità con cui questo avverrà verrà deciso insieme, collegialmente”. Poi nelle ultime ore anche il segretario PD ha virato, dicendo o lasciando dire, verso una narrazione più dura: “Io penso che con i tre partiti che hanno fatto cadere Draghi è impossibile fare alleanze elettorali in questa tornata”, aveva spiegato a In Onda Estate, su La7.

L’unico nella sinistra, in mezzo a tanti falchi, a tessere ancora la tela della riappacificazione è il segretario di Articolo Uno (sembra che lui e suoi compagni di partito potrebbero candidarsi tra le file dei Dem), Roberto Speranza, che ieri al Tg3 ha dichiarato su Conte: “Credo che abbia commesso un errore grave, ma per me l’avversario è e resta la destra”. A spiegare qual è il motivo più concreto che potrebbe far convergere tutti a più miti consigli è Federico Fornaro: “Il Rosatellum premia i partiti che si alleano e penalizzano quelli solitari. I 147 collegi uninominali alla Camera e i 74 al Senato possono far raggiungere al centrodestra il traguardo dei 2/3 dei seggi con cui si può cambiare la Costituzione senza referendum confermativo», argomenta il capogruppo a Montecitorio. «Nella costruzione della coalizione gli effetti della legge elettorale non vanno trascurati se non vogliamo risvegliarci in un incubo”.

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