Fact checking
Siccome Giorgia Meloni non ha abbastanza problemi ora si piglia il partito di Alemanno
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2019-11-12
Prosegue il lavoro per la creazione della “cosa nera” di Giorgia Meloni: dopo la Destra di Storace anche il MoVimento Nazionale per la Sovranità annuncia che è giunto il momento delle decisioni irrevocabili: andare on Fratelli d’Italia. Ma il MNS è il partito di Gianni Alemanno, quello che costruiva i campi Rom nella Capitale e che è stato condannato in primo grado per corruzione e finanziamento illecito?
Il Movimento Nazionale per la Sovranità (MNS) «ritiene che siano maturi i tempi per entrare a far parte ufficialmente e compiutamente della struttura politica ed organizzativa di Fratelli d’Italia, contribuendo ad arricchirne le strutture territoriali e le proposte politiche e organizzative». A dichiararlo sono Marco Cerreto e Roberto Menia, il Segretario nazionale e il Presidente del partito fondato dall’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno.
Ma davvero Giorgia Meloni aveva bisogno del partito di Alemanno?
Sembra così giungere a conclusione la manovra di avvicinamento di Alemanno a Giorgia Meloni sancita nel giugno scorso durante una conferenza stampa che aveva dato vita ad un patto federativo tra i due partiti «con la candidatura di nostri esponenti alle elezioni europee nella liste di FdI», viene spiegato nella nota. E così dopo La Destra – il partito di Francesco Storace che si era unito a Fratelli d’Italia con un analogo “patto federativo” nel novembre dello scorso anno – anche il partito di Alemanno entra nell’orbita della cosa nera che la Meloni sta cercando di creare a destra della Lega (nel senso di “ancora più a destra”).
Nulla di nuovo sotto il sole, se non fosse per un piccolo dettaglio: Gianni Alemanno. Questa figura storica della destra italiana non ha lasciato un buon ricordo a Roma dove è stato sindaco dal 2008 al 2013 e dove si è fatto promotore della costruzione di alcuni di quei campi Rom che oggi sia Salvini che la Meloni vorrebbero chiudere. Ma soprattutto Gianni Alemanno è un ex del partito della Meloni che alle spalle ha qualche problema con la giustizia. Il più recente è la condanna in primo grado a sei anni di carcere con interdizione perpetua dai pubblici uffici per corruzione e finanziamento illecito nell’ambito di uno dei filoni d’inchiesta sul Mondo di Mezzo e Mafia Capitale. I fatti risalgono al periodo tra il 2012 e il 2014 e secondo l’accusa Alemanno avrebbe ricevuto da Salvatore Buzzi in accordo con Massimo Carminati, la somma di 223.500 euro era proprio l’allora sindaco di Roma. Per i PM il “riferimento politico” di Mafia Capitale.
La sentenza è del febbraio 2019, da marzo Alemanno non è più il segretario di MNS ma non risulta abbia lasciato il partito. E sorprende alquanto che la Meloni, che presenta il suo partito come quello della coerenza, della serietà e della concretezza abbia sentito la necessità di imbarcare il partito di Alemanno (il quale prima della condanna in primo grado avrebbe dovuto essere candidato alle europee per la Lega). Perché di indagati Fratelli d’Italia ne ha già abbastanza di suo. A partire da quell Enzo Misiano, consigliere comunale di Fratelli d’Italia a Ferno (Varese) che a luglio scorso è stato arrestato con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso nell’ambito dell’inchiesta Krimisa sulle infiltrazioni della ‘Ndrangheta in Lombardia. Ma Misiano non è stato certo l’unico esponente di FdI arrestato per presunti legami con la ‘Ndranghera. Prima di lui c’era stato il presidente del Consiglio comunale di Piacenza Giuseppe Caruso che secondo gli inquirenti faceva parte dell’organizzazione criminale che operava tra le province di Reggio Emilia, Parma e Piacenza e che aveva ai vertici soggetti considerati di primo piano come Salvatore Grande Aracri, Francesco Grande Aracri e Paolo Grande Aracri. Dopo l’arresto Caruso è stato espulso dal partito senza troppi complimenti. La coerenza prima di tutto. Ad agosto di quest’anno invece era stato il turno di Alessandro Nicolò capogruppo di Fratelli d’Italia alla regione Calabria fortemente voluto dalla Meloni e accusato di collusione con la cosca “Libri”. Forse dalle parti di FdI hanno pensato che uno in più o uno in meno non faccia poi così tanta differenza.
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