Il governo vende francobolli per far quadrare i conti
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2018-12-24
Il governo ha infilato nel maxi-emendamento, su proposta di 5 senatori leghisti, il sogno di monetizzare questo stock con aste filateliche
C’è un tesoretto dimenticato nelle pieghe del bilancio dello Stato: lo stock di francobolli invenduti che dal 1967 continua a crescere e che le Poste conservano. Il governo ha infilato nel maxi-emendamento, su proposta di 5 senatori leghisti (Roberta Ferrero, Enrica Rivolta, Massimiliano Romeo, Christian Solinas e Cristiano Zuliani), il sogno di monetizzare questo stock con aste filateliche. L’emendamento propone di integrare, come comma 348-bis, l’articolo 215 (intitolato “Smercio delle cartevalori”) presente nel decreto del presidente della Repubblica 655 del 19 maggio 1982 (“Approvazione del regolamento di esecuzione dei libri I e II del codice postale e delle telecomunicazioni (norme generali e servizi delle corrispondenze e dei pacchi)”).
Si comincia dal miliardo di pezzi in su. Alla notizia di uno Stato che si fa casa d’asta, però, annunciata dal sito Vaccari News, il mondo filatelico è entrato in subbuglio. Si temono contraccolpi sul mercato. Protesta Piero Macrelli, presidente della Federazione fra le società filateliche italiane: «È un tentativo di svendere a prezzi di saldo francobolli ancora in corso. Il risultato sarebbe di far perdere il valore nominale a centinaia di milioni di francobolli che i collezionisti hanno acquistato con un danno difficilmente quantificabile, che potrebbe indurre ad una class action».
Se davvero diventasse legge, sarebbe capace di creare pesanti conseguenze, in un mercato colpito dalla crisi economica e dove quel materiale -è cosa nota- gira, soprattutto all’ingrosso, al sottofacciale. Si sa che perlomeno due magazzini di Poste italiane sono pieni di queste giacenze non più utili e da anni il mondo del collezionismo chiede che esse vengano distrutte.