Dobbiamo avere paura del focolaio del San Raffaele e della Garbatella?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2020-06-14

Massimo Andreoni, responsabile Malattie Infettive del Policlinico di Tor Vergata, e direttore scientifico del Simit, spiega: «Un cluster come quello di piazza Pecile è la dimostrazione che il virus sta qui, in famiglia, come gli diamo un abbrivio riparte»

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A Roma cinquemila persone sono state già testate e 109 casi in tutto sono stati scoperti, tra cui cinque morti, nel focolaio dell’istituto San Raffaele alla Pisana. Un altro mini-cluster si è sviluppato in Piazza Attilio Pecile alla Garbatella, dove per ora sono stati scoperti nove infetti su 109 occupanti. E così l’indice di contagio, il famoso R0, nel Lazio sta arrivando pericolosamente a sfiorare quota 1.

Dobbiamo avere paura del focolaio del San Raffaele e della Garbatella?

Repubblica Roma scrive oggi che venerdì si è sparsa la notizia della famiglia di peruviani — padre, madre, due figli — positivi al coronavirus, ricoverati due giorni prima al Columbus e al Bambino Gesù di Palidoro. E così nell’ex sede Asl occupata da 100 persone dal 2013 si è sparso il panico. E lo stesso in zona.

La Asl Rm 2 venerdì ha iniziato i tamponi a tappeto a tutti i residenti e in serata, di positivi, ne erano stati trovati altri 8. Ieri poi il numero era salito a 18 totali, con altri due bambini. Una quarantina tra i residenti, sia positivi (ma asintomatici) che negativi, sono stati trasferiti all’hotel Urban Garden di via di Rebibbia. Altri cinque persone, una famiglia interamente positiva con sintomi, è stata trasferita al Covid di Villa Primavera, in zona Ottavia. Tutti sono stati trasportati via in ambulanze ad “alto bio contenimento” trasportando qualche sacca e alcune valigie. In serata poi il cluster è stato chiuso, con il tampone effettuato su tutti i residenti: tampone che verrà eseguito nuovamente tra una settimana.

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Il focolaio, dalle prime indagini, sembra partito da una donna peruviana, ospite della prima famiglia ricoverata: la donna fa la badante e si occupa di due anziani, trovati anch’essi positivi. Sono stati infettati o in un hospice, dove uno dei due segue delle cure, oppure da un operatore che si recava nella loro abitazione. Saranno poi le indagini epidemiologiche a stabilire in maniera precisa la catena di infezioni.

Nella regione ieri, oltre al focolaio di piazza Attilio Pecile, si sono registrati 16 casi positivi, più altri 9 dovuti a recuperi di notifiche. Di questi 9, 5 sono riferibili al focolaio del San Raffaele alla Pisana. Due di loro sono dei tecnici del centro Rai di Saxa Rubra, dove è in corso l’indagine epidemiologica e i tamponi per verificare che non ci sia stata altra diffusione del
virus. Il focolaio dell’Irccs raggiunge così un totale di 104 casi positivi e 5 decessi correlati. Massimo Andreoni, responsabile Malattie Infettive del Policlinico di Tor Vergata, e direttore scientifico del Simit, spiega: «Un cluster come quello di piazza Pecile è la dimostrazione che il virus sta qui, in famiglia, come gli diamo un abbrivio riparte».

Dobbiamo avere paura dei cluster come quelli del San Raffaele o della Garbatella?
«Si, perché sono cluster sicuramente pericolosi: se non vengono rapidamente controllati possono determinare la ripartenza del virus. Come il cluster del San Raffaele, con lo screening eseguito su tutti i pazienti, sui parenti, sui sanitari. C’è stato un controllo che ha permesso una delimitazione precisa. Che è l’azione migliore, la più efficace: tamponi e analisi, quarantena, interruzione della catena»

Si rischiano ricadute serie?
«La cosiddetta seconda ondata non sarà caratterizzata, come la prima, da una così ampia diffusione dei casi, proprio perché abbiamo capito come circoscrivere, come è successo a Garbatella: se la sanità pubblica interviene rapidamente delimitando questi cluster, credo che in attesa di un vaccino il cui arrivo sembra sempre più prossimo, avremo dei focolai, ma non come nella prima fase. Certo, anche qui dipende da noi e da come si applicano le misure di contenimento».

Il San Raffaele e l’Umberto I

Il Fatto spiega che da lunedì il traffico intorno ai laboratori drive-in al Portuense e a Casal Bernocchi è congestionato. La media di pazienti positivi riconducibile al cluster è di circa 20 al giorno, distribuiti in tutta la Regione. Ne sono derivati dei mini-cluster, fra cui uno, delicato, al Policlinico Umberto I. Ieri i nuovi positivi erano 5, di cui 2 tecnici Rai a Saxa Rubra: sanificati i locali e “tamponate” 70 persone.

IL TEMA, come detto, è (anche) politico. L’assessore alla Salute Alessio D’Amato, è tutt’altro che tenero con l’azienda che fa capo all’editore di Libero e Il Tempo, che in tutto il Lazio gestisce ben 13 cliniche incassando centinaia di milioni di euro ogni anno. Ad aprile, dopo una relazione choc dellaAsl, ha avviato una procedura di revoca dell ’accreditamento alla Rsa Rocca di Papa, iter che si concluderà a metà luglio. Il gruppo, per tutta risposta, ha annunciato licenziamenti e smesso di pagare gli stipendi. E la Lega ha attaccato D’Amato accusandolo di “bullismo ”.

Lui non le ha mandate a dire, sciorinando i 345 casi e 36 decessi fin qui registrati in 4 strutture (Cassino, Monte Compatri, Rocca di Papa ePisana) su cui indagano le Procure di Roma e Velletri. “Finirà che da ora in poi tutti i positivi che troveranno sarà colpa nostra”, si sfogano dal San Raffaele, mentre l’Esercito impedisce l’ingresso e l’uscita dalla struttura. E meno male, perché il secondo giro di tamponi su operatori sanitari e pazienti presenti nell’ospedale ha fatto registrare altri 16 casi positivi non emersi la prima volta.

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Nel frattempo l’Asl sta richiamando tutti i pazienti dimessi dal primo maggio, si andrà avanti con centinaia di tamponi anche oggi, di domenica. La Procura si è attivata. I Nas, guidati dal comandante Maurizio Santori, hanno effettuato le prime ispezioni, s’indaga sui tamponi e su alcuni addetti della struttura risultati positivi ai primi di maggio. L’Irccs San Raffaele, dal canto suo, assicura di avere rispettato tutti i protocolli.

Leggi anche: Il focolaio di Coronavirus alla Garbatella (negato dalla Regione Lazio)

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