Ferdinando Aiuti: il mistero della morte dell’immunologo anti-AIDS

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-01-10

Le due rampe di scale, il volo dal quarto piano e le pantofole lasciate sul pianerottolo: tutti gli elementi su cui indaga la procura

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La procura di Roma indaga sulla morte di Ferdinando Aiuti, deceduto ieri alle 11 di mattina nel reparto di Medicina generale del policlinico Gemelli dove era ricoverato.

Ferdinando Aiuti: il mistero della morta dell’immunologo anti-AIDS

Gli elementi messi insieme da chi indaga nell’immediatezza dei fatti sono infatti univoci: Aiuti ha percorso due rampe di scale dal secondo piano fino al quarto, poi il suo corpo è arrivato dalla rampa oltre il parapetto facendo un volo di 12 metri: le sue ciabatte sono rimaste sul piano. Il fondatore di Anlaids (Associazione Nazionale per la lotta contro l’Aids) che nel 1991 si fece ritrarre mentre baciava sulle labbra una ragazza sieropositiva per dimostrare all’opinione pubblica che il bacio non trasmetteva la malattia si sarebbe quindi tolto la vita, anche se il comunicato dell’ufficio stampa del Policlinico Gemelli in mattinata parlava di una possibile “caduta dalla rampa delle scale” facendo intendere che potrebbe trattarsi di un incidente.

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Il Corriere della Sera scrive che ancora non è stata formulata un’ipotesi ma a partire da oggi i magistrati potrebbero formalizzare l’istigazione al suicidio o l’omicidio colposo contro ignoti. Di sicuro c’è la volontà di approfondire i dettagli legati all’ultima giornata, quella di martedì. Si cerca di capire se il paziente abbia ricevuto una notizia particolarmente allarmante tale da giustificare una crisi depressiva. Nel frattempo è stata disposta l’autopsia che sarà effettuata oggi a La Sapienza. La stessa università in cui Aiuti si era laureato in Medicina e Chirurgia,e in cui era professore emerito.

Aiuti e Monicelli

Il pubblico ministero Laura Condemi e il medico legale Costantino Ciallella dovranno quindi dire una prima parola definitiva sulla morte dell’immunologo. Il PM ha ascoltato i parenti nel reparto blindato dell’ospedale alla ricerca di un motivo che spiegasse il gesto di Aiuti. Ma, scrive Repubblica, la pista della depressione non pare possibile da battere fino in fondo. Il suo destino quindi non sembra simile a quello di Mario Monicelli, che si tolse la vita buttandosi dal quinto piano dell’ospedale San Giovanni. Spiega oggi Repubblica:

Per adesso gli investigatori vanno cauti. Infatti il fascicolo verrà aperto a modello K. Ovvero per “atti relativi a fatti nei quali, allo stato, non si ravvisano reati, ma che possono richiedere approfondimenti”. Ed è proprio dagli approfondimenti sulla cartella clinica, fatta subito sequestrare dalla magistratura, che potrebbero sorgere degli elementi rilevanti per l’inchiesta. Soprattutto se dovesse emergere che Aiuti era affetto da depressione. Una patologia che imporrebbe, in certi casi, una sorveglianza speciale da parte del personale sanitario. Proprio per evitare gesti autolesionistici. E quindi, da un punto di vista penale, potrebbe integrarsi la “culpa in vigilando”.

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Si tratta per l’appunto di un’ipotesi investigativa tutta da riscontrare. Va precisato, infatti, che Aiuti, in quel reparto, era ricoverato per ben altri problemi. «Per il trattamento di una grave cardiopatia ischemica da cui era da tempo affetto e che lo aveva già costretto ad altri ricoveri e a trattamenti anche invasivi. Più recentemente – prosegue la nota del Gemelli – il quadro cardiologico si era aggravato evolvendo verso un franco scompenso cardiaco, in trattamento polifarmacologico». Niente a che vedere, quindi, con problemi di depressione.

Rosaria Iardino, protagonista con Aiuti del bacio spot e che oggi presiede la Fondazione «The Bridge», dice al Corriere che andrà ai funerali: «Voglio portargli il red ribbon per l’ultimo viaggio,la coccarda rossa simbolo mondiale della lotta contro l’Aids. È la medaglia che più di tutte si merita di avere».

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