Fenomenologia del Twidiota

di Fabio Scacciavillani

Pubblicato il 2018-09-25

Tra la fauna dei webeti alligna una sottospecie particolarmente deleteria, i twidioti, che trovano il proprio habitat naturale, come ferrinianamente dice il ragionamento stesso, su Twitter. Il twidiota appartiene ad una (o più) delle tante sette prodotte dal disagio sociale, dalla Legge Basaglia e dal degrado terminale del sistema educativo, impastati dalla mistica fascio-comunista dell’ “Uno …

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Tra la fauna dei webeti alligna una sottospecie particolarmente deleteria, i twidioti, che trovano il proprio habitat naturale, come ferrinianamente dice il ragionamento stesso, su Twitter. Il twidiota appartiene ad una (o più) delle tante sette prodotte dal disagio sociale, dalla Legge Basaglia e dal degrado terminale del sistema educativo, impastati dalla mistica fascio-comunista dell’ “Uno vale uno” che ha sdoganato il peggio della società, conferendogli dignità etica e rappresentaza politica. Si nasconde dietro un profilo rigorosamente anonimo e si autodescrive con qualche frasetta malamente scopiazzata da uno dei blog per dementi di cui è un avido lettore (quantomeno delle prime tre frasi). Presenta il suo profilo con formulazioni tipo “Rivendico la sovranità alla nazione italiana per consentire al popolo di decidere il suo destino” oppure “politicamente scorretto, contro le elite finanziarie e l’invasione degli africani”. Qualcuno, meno sofisticato, adatta la frase trovata scartando i Baci Perugina nel tinello della nonna, mentre ne attendeva il ritorno dall’Ufficio Postale per spillarle la paghetta.

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Il twidiota non va confuso con i profili fake utilizzati dai social media manager al soldo dei partiti e dai cui originano le shit storm per colpire avversari, viene diffusa la propaganda che osanna le gesta dei capitani o dei cittadini ministri, oppure si aizzano le menti labili contro gli immigrati e la KASTA. Il twidiota è in pratica il target dei fake e quindi è un più o meno inconsapevole strumento della propaganda, come lo erano i militanti comunisti prima del crollo del Muro. Solo che quelli sognavano il Paradiso dei Lavoratori, mentre il twidiota si accontenta di sognare il reddito di cittadinanza o il prepensionamento sottrattogli dall’odiata Fornero. Il tutto pagato con il risparmio sui vitalizi dei parlamentari. I twidioti si suddividono in varie categorie: tra le più diffuse si annoverano il twidiota pitecantropo (per lo stadio evolutivo in cui è rimasto intrappolato) e il twidiota tirannosauro (per la violenza cieca che esprime). Il primo, contraddistinto spesso da una vessillo tricolore (mentre fino a 6 mesi fa col tricolore voleva pulirsi il didietro) è tristemente a digiuno di nozioni anche elementari di aritmetica, di scienza o semplicemente di storia e geografia e sintassi, insomma un Di Maio in sedicesimo. Però ne esistono anche taluni dotati di titolo di studio superiore che ciononostante non riescono a seguire un percorso logico nemmeno sotto la minaccia di un khalashnikov.

L’attività preferita dal twidiota pitecantropo è l’interlocuzione con chi ha una qualche competenza professionale o scientifica su temi di cui ha letto alcune fandonie male assortite sul web. Che siano vaccini, gasdotti, banche centrali, Ilva, big pharma, infrastrutture viarie o industria cinese il twidiota è convinto che dietro ci sia un complotto. Lo stesso che ha impedito a lui di imparare la coniugazione dei verbi, finire le medie e trovare un lavoro. Il motivo di questa pulsione a controbattere con argomenti da Fratelli Grimm su questioni complesse infatti nasce da un inscalfibile complesso di inferiorità. Il twidiota nella vita è sostanzialmente un fallito che cerca una forma a buon mercato di riscatto. Ma è conscio che presentandosi con la sua vera identità qualsiasi cosa scrivesse in pubblico verrebbe accolta con lo scherno che merita (e che il twidiota subisce in silenzio come un Fantozzi del XXI secolo ogni giorno della sua squallida vita). Quindi, avvolto dell’anonimato inventa un suo mesto mondo virtuale nel quale può autoconvincersi di avere un ruolo superiore a quello infimo di macchietta ambulante che la Natura crudele gli ha riservato. L’apice lo raggiunge quando chiama a raccolta il branco di altri disadattati con i quali ha stretto un sodalizio. I casi più tragici sono quelli di chi si spaccia per esperto di scie chimiche, per teorico della Modern Monetary Theory (una farneticazione diffusa da furbastri che sfruttano la credulità per arricchirsi), per giornalista & scrittore (scrivendo un blog che non legge nemmeno la zia), per costituzionalista o addirittura per fisico (dopo essere riuscito al quindicesimo tentativo a far bollire una pentola d’acqua).

Il twidiota tirannosauro è una figura più sempliciotta. Non ambisce ad interloquire perché è un’attività a cui ha rinunciato sin dalla tenera età. Il suo campo di attività è ristretto all’insulto puro. Il bersaglio più pregiato (dal suo punto di vista) sono le persone che nella vita hanno avuto qualche successo, specie nel campo dello spettacolo o dello sport. Infatti il twidiota tirannosauro è conscio di non avere un cervello in grado di assorbire nozioni la cui complessità superi la ricetta dell’uovo sodo. Pertanto si limita a nutrire ambizioni artistiche attizzate da X-Factor e reality show di analoga caratura intellettuale, che rappresentano la sua fondamentale ragione di vita. Nella psiche labile del twidiota diventare un cantante una ballerina famosa, un’attrice o una modella non richiede altro che un innato talento (di cui si ritiene ampiamente dotato) e le conoscenze giuste. Pertanto, quando constata che qualcun altro ottiene il posto al sole a cui pateticamente ambiva, il twidiota tironnosauro fa deflagrare la sua rabbia, perché ritiene di essere stato espropriato di un inalienabile e sacrosanto diritto ai 15 minuti di notorietà. I più infami arrivano ad insultare in branco una modella che partecipa a Miss Italia nonostante abbia perso una gamba in un incidente. Oppure un atleta di caratura internazionale che ha vaccinato il proprio figlio. Aver messo a nudo che esistono migliaia di esseri umani i quali nei meandri melmosi della propria mente coltivano un tale grado di abiezione (inficiando la retorica del popolo buono) è un considerevole merito (se così si può dire) dei social network.

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