«Il governo fermi l’avanzata del 5G»

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-11-27

Il Fatto pubblica oggi un appello per una moratoria della nuova tecnologia. Cosa dice davvero la ricerca che “dimostra” che il 5G è pericoloso e la storia della campagna per fermare la diffusione del 5G in Italia (con le contraddizioni di chi la sostiene)

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«Aiutaci a fermare lo tsunami elettromagnetico», questo è l’appello lanciato dalla rivista Terranova che ha promosso la pubblicazione di un’inserzione a pagamento sul Fatto Quotidiano dove si chiede al governo Conte di fermare l’avanzata della tecnologia 5G e di promuovere uno studio epidemiologico a livello nazionale sui campi elettromagnetici. In realtà però il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su richiesta del MISE, ha già dirottato una parte considerevole dei fondi (circa 90 milioni di euro) destinati allo sviluppo di progetti di sperimentazione sulla rete 5G.

Perché il 5G è considerato “possibile cancerogeno”

Ma evidentemente non basta perché in base a limitate evidenze scientifiche c’è chi sostiene che il 5G (ma anche il WiFi in genere) sia pericoloso per la salute umana. L’assunto di partenza è che la IARC, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS, ha inserito i campi elettromagnetici nella categoria 2B, quella dei possibili carginogeni per l’uomo. Nella stessa lista ci sono altre 284 sostanze. È bene ricordare che la IARC ha cinque classificazioni: nel gruppo 1 ci sono le sostanze che sono sicuramente carcinogene, nel gruppo 2A quelle probabilmente carcinogene, nel gruppo 3 quelle non classificabili al momento come carcinogene nel gruppo 4 quelle probabilmente non carcinogene.

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Che differenza c’è tra carcinogeni “probabili” e “possibili”?  Nel gruppo 2B vengono inserite quelle sostanze per cui ci sono evidenze di cancerogenità sulle cavie ma non sull’uomo oppure quelle per cui c’è limitata evidenza di cancerogenicità nell’uomo e meno che sufficiente evidenza di cancerogenicità negli animali da esperimento. Nel gruppo 2A invece vengono inserite quelle sostanze per cui c’è limitata evidenza di cancerogenicità nell’uomo e sufficiente evidenza nell’animale da esperimento.

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La famosa bufala dell’uovo cotto dai cellulari pubblicata da Beppe Grillo

Nel 2002 la IARC ha inserito nella lista 2B i campi elettromagnetici a bassa frequenza e nel 2011 l’OMS ha ribadito il potenziale rischio dovuto all’esposizione delle radiofrequenze, in particolare quelle dei telefoni cellulari. Motivo per cui sono state stabiliti anche i limiti di esposizione e il tasso di assorbimento specifico (SAR) di un corpo esposto all’azione di campo elettromagnetico a radiofrequenza. Ad oggi però non ci sono sufficienti prove per dimostrare che effettivamente le radiofrequenze usate dalle reti della telefonia mobile siano pericolose per l’uomo. Per la precisione si parla di tutte le radiofrequenze e non solo del 5G (quindi anche del 2G, 3G, 4G, etc).

I limiti di chi fa allarmismo sul 5G

Questo significa che il 5G non è “il problema” ma che lo sono tutte le radiofrequenze usate dai cellulari. Vale la pena poi di ricordare che nella lista 2B sono inserite anche sostanze come l’Aloe Vera (che secondo la IARC è un possibile cancerogeno). Curiosamente però sul sito di Terranova non si invita al principio di precauzione nei confronti dell’Aloe che viene definita una pianta miracolosa.

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Sempre nella lista 2B la Iarc ha inserito anche alcune varianti del papillomavirus umano (HPV), che si ritiene possa essere causa di alcune forme tumorali. In base al principio di precauzione i medici consigliano di vaccinare contro l’HPV ma su Terranova la pensano diversamente. Anche in questo caso il principio di precauzione viene adottato solo se c’è una concordanza ideologica.

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Gli studi su cui si fondano i proclami allarmistici in relazione al 5G (lasciamo perdere i deliri complottisti) sono due e sono stati condotti su cavie da laboratorio (topi). Questo anche se Terranova più volte ha scritto contro la sperimentazione animale addirittura sostenendo la campagna stop vivisection della LAV. Evidentemente fare sperimentazione sugli animali è “vivisezione” solo quando fa comodo. Il più recente è quello condotto dall’Istituto Ramazzini di Bologna su oltre duemila topi che sono stati esposti alle radiazioni per 19 ore al giorno. In un’intervista a Il Salvagente la dottoressa Fiorella Belpoggi (che ha diretto l’area di ricerca) spiegava che l’obiettivo non è quello di arrivare ad una messa al bando della tecnologia ma di chiedere all’industria di individuare dei metodi (la dottoressa parla dell’uso degli auricolari come sistema per evitare un’eccessiva esposizione) per salvaguardare la salute. Insomma dove la petizione chiede di fermare il 5G la dottoressa invece prende atto che «la messa al bando è qualcosa di impossibile, vista l’importanza della tecnologia e la sua diffusione capillare».

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Nel frattempo sul sito della rivista che promuove la moratoria contro il 5G (perché non contro il 4G?) viene pubblicato un articolo su come la meditazione «influenza direttamente il sistema immunitario, migliorando inoltre le condizioni cliniche oltre che psicologiche dei pazienti e mostrando evidenze anche di regressione dei tumori» o su come la meditazione possa «favorire l’arresto della crescita o la regressione di alcuni tumori». Cosa dovremmo dedurre? Che si può usare il 5G a patto di meditare giornalmente un paio d’ore?

Leggi sull’argomento: I tre operai in nero e i vigili nel terreno di Antonio Di Maio

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