Attualità
Tutti quelli che si inventano le fake news sulla Siria e scoprono i false flag alle vongole
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2017-04-10
Gli esperti di complotti e cospirazioni globali hanno già concluso la loro inchiesta “indipendente” sull’attacco del 4 aprile a Khan Sheikun: è un false flag. La prova? È nei video dove si vedono in azione i famosi attori utilizzati per mettere in scena i falsi attentati. Vediamo un po’ se è vero…
Il raid missilistico condotto dagli Stati Uniti sulla base aerea siriana di Shayrat è poco più che un gesto dimostrativo e non cambierà le sorti della guerra in Siria e Donald Trump si è rivelato un leader che agisce d’impulso. Visto che il Presidente USA ha agito per rispondere all’attacco siriano sulla città di Khan Sheikun nel quale secondo diverse testimonianze sono state usate armi chimiche sarebbe stato opportuno che prima di lanciare l’attacco attendere l’esito di un’inchiesta per accertare i fatti accaduti. Nel frattempo però diversi esperti di complotti e azioni militari hanno già concluso le loro indagini via Internet e ci spiegano che sui fatti di martedì 4 aprile hanno ragione i russi e i siriani che dicono che a Khan Sheikun non è successo nulla.
Gli attori pagati per far finta di essere vittime del gas
Nell’impossibilità di andare sul campo a verificare quello che è veramente successo ecco che una schiera di avvocati, geometri, studenti e appassionati di strategia bellica ci spiega che Bashar al-Assad non può essere ritenuto colpevole di alcun attacco chimico con il gas Sarin la settimana scorsa. Le prove sono – incredibilmente – sotto gli occhi di tutti e non serve indugiare in ulteriori analisi. I video non mentono (qui una raccolta dei video girati a Khan Sheikun) e il giudizio è pressoché unanime: si tratta di una clamorosa e sofisticata messinscena. Anche in Siria infatti, nonostante le difficoltà dovute al fatto che il Paese è straziato da una guerra civile che si protrae ormai da sette anni, ci sono molti crisis actor. Si tratta di figuranti addestrati (e pagati, ovviamente) che vengono dispiegati nei luoghi di attentati terroristici e altre false flag per interpretare il ruolo delle vittime. Ma nulla sfugge agli analisti dei Facebook che puntualmente scoprono tutti i trucchetti utilizzati per incolpare quella brava persona di Assad e il suo alleato Putin delle peggiori nefandezze.
La fake news dell’attore visto sulla scena di diversi massacri (curiosamente si tratta delle stesse persone che dicono che Valeria Solesin non è mai morta) si diffonde a macchia d’olio sulle bacheche degli esperti di attacchi chimici che grazie a quel semplice fotogramma hanno già risolto il mistero della guerra siriana. Come già accaduto in passato ci sono persone che preferiscono credere all’assurda teoria degli attori pagati e truccati per sembrare vittime di un bombardamento. Abbiamo le bambine che vengono truccate per simulare orrende ferite usando tecniche cinematografiche o degne della festa di Halloween. Vittime che vengono cosparse di schiuma da barba per simulare la reazione all’esposizione ad un gas tossico Oppure foto riciclate da altri attacchi, però solo da quelli dei quali sono responsabili le forze ribelli o l’ISIS. Come se Assad non avesse mai utilizzato le armi chimiche sulla popolazione civile o se non fosse quella stessa persona che ne aveva stoccate nei suoi arsenali prima dell’inizio della guerra civile siriana.
E potevano forse mancare gli onnipresenti Rotschild? La vulgata vuole infatti che la guerra in Siria sia causata dal fatto che il Paese è sovrano e indipendente dall’egemonia dei potenti banchieri (ebrei, ça va sans dire). In fondo i White Helmets, ovvero i soccorritori che hanno prestato assistenza medica alle persone colpite dall’attacco sono finanziati da Soros, serve aggiungere altro?
Nulla è reale quindi, e poco importa che anche il Ministro della Difesa russo abbia confermato che un attacco su Khan Sheikun c’è stato e che abbia spiegato che il Sarin si sarebbe sprigionato da un deposito di munizioni dei ribelli. Quindi, tenendo per buona la versione russa, i nostri esperti di guerre civili che ci spiegano la Siria comodamente seduti in poltrona o sul divano ci stanno dicendo che pure i russi – gli unici difensori dell’Occidente – stanno mentendo. Sono le stesse persone che esultano per l’arrivo nel Mediterraneo di due navi da guerra russe “dirette verso le posizioni delle due navi USA”. Secondo costoro si tratta di una prova di forza e di coraggio da parte di Putin che non si vuole far intimorire da Trump, in realtà le due imbarcazioni della marina militare russa sono nel Mediterraneo per dare il cambio ad altre unità navali: una semplice operazione di avvicendamento prevista da mesi.
Secondo la versione “alternativa” della vicenda Assad non avrebbe alcuna convenienza nell’attaccare la popolazione civile con il gas perché questo lo farebbe passare per un crudele e sanguinario dittatore – cosa che il popolo siriano non ha ancora deciso se è vera o no – e quindi sarebbe una mossa controproducente.
Anche Giulietto Chiesa ritiene (come è sua abitudine) che si tratti tutta di una gigantesca operazione di “false flag” per convincere il mondo che Assad è un uomo pericoloso e che quindi deve essere deposto e che l’ONU e la NATO devono intervenire militarmente per fermarlo. La verità non è quella dei giornali, delle agenzie di stampa, delle Ong che operano sul terreno ma quella di chi – a migliaia di chilometri di distanza – ha già scoperto i banali trucchetti utilizzati per questa operazione sotto copertura per screditare Assad. Il punto è che Assad ha già compiuto – impunemente – attacchi del genere e ha già commesso, senza venire sanzionato, altre atrocità nei confronti della popolazione siriana che vive nelle zone sotto il controllo dei ribelli. Assad sa dal 2013 che la comunità internazionale non ha alcuna intenzione di impegnarsi a risolvere il conflitto siriano e deve del resto fare i conti con il fatto che il suo esercito non è più quello del 2011 e le azioni dei ribelli e dell’ISIS hanno logorato le forze governative. La strategia di Assad è una sfida alla comunità internazionale ma anche un modo per trovare una soluzione rapida al conflitto.