Politica
«I ricchi al Nord al fresco, i poveri al Sud al caldo»
neXtQuotidiano 26/06/2019
L’emergenza climatica, dice lo studio delle Nazioni Unite, farà perdere la casa a 140 milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo entro il 2050; entro il 2030 in 120 milioni passeranno in condizione di povertà
Il rapporto delle Nazioni Unite, presentato ieri dal giurista australiano Philip G. Alston, relatore speciale dell’Onu sui diritti umani e la povertà estrema, descrive un futuro prossimo di apartheid climatico. Spiega oggi La Stampa in un articolo a firma di Alberto Giovannini che secondo il rapporto – che verrà formalmente discusso alla prossima sessione dello Human Rights Council dell’Onu a Ginevra – gli squilibri causati dal surriscaldamento globale ricadono principalmente sugli abitanti dei Paesi più poveri; mentre i ricchi potranno permettersi di evitare le peggiori conseguenze dell’emergenza climatica, una grandissima parte della popolazione del pianeta rischia di perdere non solo i diritti di base alla vita, all’acqua, al cibo e all’abitazione, ma anche conquiste come la democrazia o il rispetto dei diritti civili e politici.
«La rabbia delle comunità colpite, la crescita delle disuguaglianze, l’aggravarsi della miseria per alcuni gruppi sociali – si legge nel rapporto – molto probabilmente stimolerà il diffondersi di risposte nazionaliste, xenofobiche e razziste». «Il cambiamento climatico – afferma Alston – minaccia di annullare gli ultimi 50 anni di progressi nello sviluppo, nella salute globale e nella riduzione della povertà».
L’emergenza climatica, dice lo studio delle Nazioni Unite, farà perdere la casa a 140 milioni di persone nei Paesi in via di sviluppo entro il 2050; entro il 2030 in 120 milioni passeranno in condizione di povertà. Insomma, anche se i Paesi più poveri «sono responsabili solo di una piccola frazione delle emissioni globali, il 10%, dovranno sopportare il 75% dei costi provocati dalla crisi climatica». Mentre i Paesi più ricchi, in questo scenario di “apartheid climatico” grazie alle loro risorse finanziarie «riusciranno ad operare gli aggiustamenti necessari ad affrontare temperature sempre più estreme». E se così sarà, «i diritti umani non potranno reggere alla tempesta che si avvicina».
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