E LEU chiede l’alleanza al PD per il voto a luglio

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-05-08

Roberto Speranza invita a discutere di una “nuova proposta” di centrosinistra da presentare agli elettori. Intanto il partito rimane lacerato tra renziani e non e c’è chi teme per la ricandidatura. L’ombra di Gentiloni

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La paura fa alleanza. L’area di sinistra rischia di uscire piuttosto ammaccata sulle elezioni e la questione dovrebbe preoccupare soprattutto il Partito Democratico e Liberi e Uguali; il primo rischia un ulteriore taglio del suo numero di parlamentari dopo l’ecatombe del 4 marzo; i secondi invece potrebbero addirittura non arrivare a Roma.

E LEU chiede l’alleanza al PD per il voto a luglio

E questo per tutta una serie di motivazioni convergenti. La prima, che suona un po’ come una beffa, è il voto utile. Il fatto che le elezioni di luglio, settembre o dicembre saranno considerata da chi le ha volute (Di Maio e Salvini) come un ballottaggio tra la Lega (il centrodestra) e i grillini fa pensare che molti a sinistra faranno come in occasione del ballottaggio di Ostia quando gli elettori di sinistra hanno votato M5S contro la destra. La seconda è che l’appeal del PD a guida-non guida Renzi molto probabilmente arriverà di nuovo ai minimi storici vista anche la generale incapacità nel partito di condurre una battaglia politica vera e diretta, e vincerla.

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Il sondaggio Ipsos sulle intenzioni di voto (Corriere della Sera, 5 maggio 2018)

Proprio per questo Roberto Speranza, uno dei tre gggiovani di LeU e coordinatore di MDP che nelle intenzioni di Bersani avrebbe dovuto rappresentare l’alternativa a Renzi, in un’intervista rilasciata alla Stampa apre all’alleanza con il Partito Democratico che era stata proposta prima delle elezioni del 4 marzo e rifiutata da Bersani & Co. Stavolta la strategia è diversa: Speranza prima dice che il progetto del PD “è fallito”, poi sostiene che l’alleanza è possibile:

«Se siamo d’accordo sull’analisi del risultato del 4 marzo, si può discutere su una nuova proposta da offrire agli elettori. Su temi come lavoro, precariato, sanità pubblica, redistribuzione serve un rinnovamento radicale. Non basta scrivere una pagina, serve un nuovo libro».

Se il leader della coalizione fosse Gentiloni?
«Domenica sera in tv ha invitato il Pd a interrogarsi sulle ragioni di una sconfitta storica. Condivido. Ma per fare una coalizione il punto non sono le persone, ma la linea politica. E mi pare ormai chiaro che con questa legge i candidati premier sono una finzione: siamo nel proporzionale».

PD che piccino picciò

Dall’altra parte della barricata si respira invece quel sano terrore che deriva dalla paura di perdere tutto e di essere di nuovo bocciati dagli elettori “ingrati”.

La linea di Renzi non prevede sconti, perché è sfida per la sopravvivenza. Primo: bisogna garantire le truppe parlamentari uscenti, con gli stessi equilibri. Secondo: una soluzione unitaria è possibile. Terzo, e questa è la condizione che suona più minacciosa: se qualcuno cerca la guerra e non accetta la tregua, allora la direzione imporrà le liste al segretario pro tempore e spazzerà via a colpi di deroghe negate i ministri uscenti Andrea Orlando, Dario Franceschini, Marco Minniti, Roberta Pinotti. Il Pd, statuto alla mano, prevede il limite dei tre mandati. E Renzi è pronto a usarlo come una clava.

pd incubo tracollo

C’è però un altro piccolo problemino. E non pare facilmente risolvibile. Non c’è una leadership credibile per andare alle elezioni e quella del reggente Martina o del prestanome Guerini sarebbe la ciliegina sulla torta del disastro prossimo venturo. Allora ci vuole Gentiloni, che però per adesso non sembra disposto a metterci la faccia (da quasi sicuro perdente) anche se sarebbe l’unico a poter ricucire con LEU. La situazione è disperata, ma non seria.

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