Politica
Draghi bis o elezioni? Cosa può succedere domani
neXtQuotidiano 19/07/2022
Proseguono le trattative e le interlocuzioni, ma tutto sembra essere ancora possibile
Mercoledì il dado sarà tratto. Gli italiani scopriranno se – presumibilmente a fine settembre – si dovranno recare alle urne per le elezioni anticipate o se ci sarà un governo Draghi bis (si fa sempre più difficile, invece, l’ipotesi di un “traghettatore” fino al termine della legislatura). Prima al Senato e poi alla Camera, i parlamentari dovranno decidere se votare o no la fiducia all’esecutivo guidato dall’ex governatore della Banca Centrale Europea. A 24 ore dalle comunicazioni del numero uno di Palazzo Chigi, ancora non appare una linea ben delineata tra i partiti.
Draghi bis o elezioni, cosa può succedere con il voto di fiducia
Si inizierà dal Senato, il luogo in cui si è segnata la grande frattura (anche per dinamiche, visto che a Palazzo Madama il voto di fiducia non poteva esser posto su un singolo provvedimenti, ma su tutto l’operato del governo), nonostante le richieste avanzate da Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle. I due partiti – che ancora devono decidere se proseguire (per il futuro) nel loro difficile matrimonio elettorale – avevano spinto affinché si votasse prima a Montecitorio: lì, infatti, la fronda pentastellata dei “governisti” è molto più ampia rispetto al Senato. Sarebbe arrivato, dunque, un chiaro segnale per scongiurare un voto contrario dei “contiani” a Palazzo Madama.
Al netto di possibili ripensamenti delle prossime ore, si seguirà la procedura standard: prima le comunicazioni del Presidente del Consiglio al Senato il dibattito prima del voto (il tutto mentre Draghi consegnerà il suo stesso discorso al Presidente della Camera Roberto Fico che avvierà lo stesso identico iter a Montecitorio). Questo il cronoprogramma della calda – e non solo per la temperatura ambientale – giornata di mercoledì. Perché i parlamentari saranno chiamati a scegliere: o un Draghi bis o la caduta di questo esecutivo con un ritorno alle urne per elezioni anticipate (servono due mesi per espletare tutte le pratiche, quindi la prima data possibile sarebbe quella del 25 settembre).
I possibili scenari
Le ipotesi, dunque, sono molto semplici. Come spiega Il Corriere della Sera, sul tavolo ci sono due possibili scenari che vanno al di là dei piani e delle intenzioni di Mario Draghi. Da una parte c’è il MoVimento 5 Stelle che potrebbe fare un passo indietro e votare la fiducia (sia al Senato che alla Camera), mettendo la parola fine a questo tira e molla deflagrato la scorsa settimana, ma iniziato alla fine di giugno. Ma questa mossa, spiega Roberto Gressi, potrebbe arrivare anche in seguito a una nuova scissione pentastellata:
Il capogruppo alla Camera Davide Crippa sarebbe a un passo dall’andarsene con una gran fetta del direttivo. Una nuova realtà autonoma rispetto al ministro degli Esteri, un timbro sul fatto che la corazzata che vinse nel 2018 non esiste più.
Perché il rapporto di stima (almeno politica) con Giuseppe Conte si è rotto da tempo, come confermato dalla recente mail inviata a Rocco Casalino in cui si annunciava il mancato rinnovo di contratto – da parte dei deputati pentastellati – allo spin doctor. Questa fronda scissionista, dunque, potrebbe creare un nuovo gruppo alla Camera (più difficile al Senato per via della sparuta minoranza dei pro-Draghi) che non si unirebbe al già “scisso” Insieme per il Futuro di Luigi Di Maio.
Ma poi, cosa accadrebbe? Come riportano La Repubblica e La Stampa, occorre tenere d’occhio anche le mosse del centrodestra. Salvini (che nel frattempo prova a frenare di Presidenti di Regione che si sono lanciati a sostegno di Draghi) e Berlusconi, nei giorni scorsi, avevano annunciato il loro sostegno a un governo Draghi bis (non disdegnando, almeno a parole, anche l’ipotesi del voto anticipato), ma solo senza il MoVimento 5 Stelle. L’ipotesi di una scissione pentastellata guasta questi piani, ma anche quella di un ritorno una corrispondenza di amorosi sensi tra Conte e il capo del governo mette in crisi questa posizione degli alleati di centrodestra. La discussione al Senato, infatti, potrebbe svelare le carte sul tavolo e Lega e Forza Italia, qualora volessero mantener fede agli annunci della scorsa settimana, potrebbe optare per un clamoroso passo indietro, revocando la fiducia a Mario Draghi. Il Presidente del Consiglio – con la fiducia di M5S e PD (oltre a Italia Viva e gli altri partiti “minori” che già hanno annunciato il loro sostegno) – avrebbe comunque i numeri per governare, ma perderebbe numerosi ministri. Inoltre, come già trapelato da Palazzo Chigi, Draghi vuole un’ampia maggioranza e non accetterebbe di ritrovarsi, ancora una volta, con una maggioranza differente (almeno in termini di “partiti”) da quella che lo votò il 17 febbraio del 2021. Proprio al Senato.
E allora il Pd?
E mentre Fratelli d’Italia fa la sua legittima opposizione e continua a chiedere il voto anticipato, nel Partito Democratico si fanno pochi proclami e si tenta la via della mediazione. Si parla di “spiragli” all’interno dei quali muoversi per non spegnere l’azione di questo governo e portare questa legislatura alla sua scadenza naturale. Il mantenimento dello status quo che, secondo Enrico Letta, è necessario per il bene del Paese. Affinché si possa procedere con la prosecuzione di quella strada chiamata PNRR, con le misure “emergenziali” per colmare tutti quei rischi economico-civili provocati dalla crisi economica (anche legata alla guerra in Ucraina, come si evince dai problemi energetici” e procedere con la legge di Bilancio del prossimo anno. E in tutto questo si inseriscono i sondaggi che mostrano come gli italiani preferirebbero proseguire con questo governo.