L’Agenzia delle Dogane e lo strano caso delle mascherine comprate da società con sede in paradisi fiscali

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-05-24

Un fascicolo di indagine sul tavolo della procura di Roma è stato aperto dopo una denuncia presentata dal direttore dell’Agenzia, Marcello Minenna

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L’Agenzia delle Dogane ha comprato da una società cinese una partita di mascherine forse taroccate, pagando un anticipo su conti correnti che si trovavano a Kuala Lumpur e Malta, non esattamente due paesi famosi per la trasparenza bancaria. Un fascicolo di indagine sul tavolo della procura di Roma è stato aperto dopo una denuncia presentata dal direttore dell’Agenzia, Marcello Minenna.

L’Agenzia delle Dogane e lo strano caso delle mascherine comprate da società con sede in paradisi fiscali

Gli uffici, scoppiata l’epidemia, avevano avuto l’esigenza di acquistare mascherine Ffp2 da destinare al personale. Il mercato però non offriva grandi alternative: le Ffp2 erano, e in parte lo sono anche oggi, introvabili. E dunque era necessario affidarsi anche a canali non esattamente tradizionali. E qui cominciano i problemi. Racconta oggi Repubblica in un articolo a firma di Giuliano Foschini e Maria Elena Vincenzi:

Alle Dogane si fa avanti un mediatore che offre un contatto con un’azienda cinese, produttrice di mascherine. Il prezzo è vantaggioso e il materiale è in uno degli hangar dell’aeroporto di Pechino da dove partono per mezzo mondo. La proposta è la solita: pagamento anticipato. Una procedura con poche garanzie per l’acquirente su cui è inciampata la Protezione civile, soprattutto nella prima fase, e che ha dato il via – anche grazie alle segnalazioni dell’ufficio delle Dogane – a una serie di delicate inchieste giudiziarie. Come, per esempio, quella sulle mascherine importate dalla Cina dalla società dell’ex presidente della Camera, Irene Pivetti.

mascherine ffp2 ffp3 chi deve usarle
Mascherine: chi può usarle e chi non deve usarle (La Repubblica, 5 aprile 2020)

In ogni caso, l’Agenzia decide di acquistare le mascherine. L’importo è basso – intorno ai 30mila euro – e il venditore si accontenta di un anticipo. La società consegna agli uffici l’iban su cui bonificare la cifra in due fasi. Il primo è su una banca a Kuala Lumpur. Il secondo a Malta. Nonostante non sia il massimo della tracciabilità, l’Agenzia paga. Ma il problema è che le mascherine non arrivano. «Ho chiamato personalmente la ditta – spiega Minenna a Repubblica – per spiegare a questi signori in che guai si erano cacciati. E contestualmente ho presentato una denuncia in procura». E quei bonifici in paradisi fiscali? «Sinceramente non lo sapevo, sono cose che riguardano gli uffici».

il pm Villani ha aperto un fascicolo per frode in pubbliche forniture. E aspetta gli esiti di alcune analisi per capire come muoversi. Perché le mascherine, seppur in ritardo, sono arrivate. Ma non sono mai state distribuite agli uffici. Le Dogane hanno scoperto che i dispositivi che avevano comprato non avevano le certificazioni promesse: sono state sdoganate come mascherine chirurgiche e in queste ore stanno effettuando le analisi di rito.

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