Direzione PD, la conta delle rese

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-05-03

Oggi la conta infinita dei DEM acuirà lo psicodramma di un partito incapace di rinnovarsi se non a colpi di ridicoli complottini interni. Il Partito Democratico muore di tatticismi democristiani mentre le due fazioni, i renziani e i non-renziani, dimostrano di non avere un’idea chiara su cosa fare ma di avere le idee chiarissime su chi lo debba fare: uno dei loro

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Una nuova opera di street art è apparsa oggi nelle strade del centro di Roma: nel giorno in cui si riunisce la direzione del Partito Democratico, l’artista Sirante ha realizzato ed esposto nei pressi della sede del partito un’opera intitolata “L’incendio del Nazareno”. Si tratta di un quadro in cui si vede Matteo Renzi che porta sulle spalle Silvio Berlusconi per metterlo in salvo. Altre figure rappresentano Maria Elena Boschi, Matteo Orfini, Denis Verdini. L’opera, ispirata all’affresco di Raffaello “Incendio di Borgo”, che si trova nei Musei Vaticani, è stata subito rimossa dalla polizia.

Direzione PD, al via la conta 

La scelta di Sirante fotografa bene il periodo di straordinaria follia che il PD sta attraversando. Da una parte i big del partito che hanno avuto la splendida idea di tentare di accordarsi con il MoVimento 5 Stelle senza far sapere nulla agli elettori e ai militanti. E che hanno tentato di cambiare la linea del partito senza passare attraverso un voto democratico che desse loro la necessaria legittimazione. Dall’altra c’è l’ultimo leader votato (anche da molti di quei big del partito) che annuncia le dimissioni e il ritiro e poi torna a far pesare sul partito la forza dei suoi numeri, derivati anche dal fatto che ha gestito personalmente le liste elettorali senza che nessuno dei maggiorenti, a parte Orlando, abbia avuto da ridire finché non è arrivata la sconfitta.

direzione pd incendio del nazareno 1

A poche ore dalla direzione, la situazione surreale è questa: mentre proseguono i contatti tra i “big” del partito e le riunioni di corrente, la conta sembra l’ipotesi più probabile. Per i “non renziani” il punto irrinunciabile è un voto di fiducia al reggente Maurizio Martina: su questo sono pronti a contarsi. L’ala dura della minoranza vorrebbe un documento che confermi la fiducia al reggente fino al congresso, ipotesi a cui i renziani sono contrari perché ormai puntano all’elezione di un nuovo segretario in assemblea. Su questo si continua a trattare. Quanto ai numeri, secondo i calcoli renziani, Matteo Renzi, che sarà in direzione, avrebbe dalla sua 125 membri della direzione, tutte le altre aree 80. Secondo fonti “governiste”, invece, il fronte che sostiene Martina avrebbe 96 voti contro i 112 dei renziani: al netto delle assenze, sostengono, i numeri sarebbero sul filo e perciò una parte della minoranza contesta il voto dei venti membri della segreteria renziana, perché in grado di condizionare il risultato.

Lo psicodramma della direzione PD

Ma quello che oggi caratterizza un partito fatto da gente che non ha neppure il coraggio delle proprie azioni è lo scandalo montato da non-renziani e renziani sul sito Senzadime.it, “colpevole” di aver pubblicamente riportato le posizioni degli eletti del partito a proposito della possibilità di un’intesa con il MoVimento 5 Stelle. La gran parte di coloro che si è arrabbiata ieri per il sito internet in questi giorni ha evitato accuratamente di parlare chiaro riguardo che tipo di accordo avrebbe dovuto cercare il partito con i grillini, trincerandosi per settimane dietro giri di parole incomprensibili sia all’elettorato che alla base. Quando qualcuno ha deciso di mettere insieme le sue dichiarazioni pubbliche, tutti sono scattati a parlare di liste di proscrizione.

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L’infografica del Messaggero sugli schieramenti nella Direzione PD (27 aprile 2018)

Nessuno ha però avuto il coraggio di presentarsi in televisione o su Facebook per spiegare quale tipo di linea avrebbe considerato giusta per il partito. E oggi in direzione, tramontata l’ipotesi del governo con il M5S, si appalesa un altro problema all’orizzonte. Ovvero, mettere ai voti la relazione con la quale Maurizio Martina chiederà alla direzione di continuare a sostenere il suo operato almeno fino al prossimo congresso. Un modo per fare chiarezza nel partito, è il ragionamento, visto che tra le fila dei ‘non renziani’ si è diffusa l’idea che l’obiettivo finale dell’ex segretario, al di là dei proclami e degli appelli all’unità, sia quello di mettere in testa al partito un proprio luogotenente così da poter redigere le liste in caso di elezioni anticipate e continuare a controllare i gruppi parlamentari. E se pure non si dovesse accelerare verso il voto, ci sarebbe la possibilità per Renzi, spiegano ancora dalla minoranza dem, di “dare le carte” in occasione delle europee. Si spiegherebbe così anche l’accenno arrivato dagli orfiniani su un’assemblea da tenere a breve in caso di spaccatura del partito in direzione.

La guerra su Martina per nascondere il vuoto politico

Insomma, dopo il simulacro del governo PD-M5S sarà la figura di Maurizio Martina il punto di non ritorno delle spaccature nel partito. Tenere in piedi un reggente che non è stato scelto dalla base del partito perché questo diventi la garanzia di tutti e soprattutto di una minoranza che non ha il coraggio di contarsi e di contare i voti dell’avversario. Il Partito Democratico muore di tatticismi democristiani mentre le due fazioni appositamente costruite, i renziani e i non-renziani, dimostrano di non avere un’idea chiara su cosa fare ma di avere le idee chiarissime su chi lo debba fare: uno dei loro.

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Direzione PD: i conti del Corriere (1 maggio 2018)

Quella di oggi sarà quindi la conta delle rese è la mediazione che verrà trovata in extremis servirà a tirare a campare in attesa che qualcun altro decida cosa fare del governo e della legislatura. Il voto su Martina riporterà l’unità di facciata che servirà a evitare la vera resa dei conti. E il voto su un leader che ancora non c’è.

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