La storia del difetto nelle fondine dei due poliziotti uccisi in questura a Trieste

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-10-05

Il SAP ha fatto sapere che il presunto difetto nelle fondine ha avuto un ruolo nella morte di Matteo Demenego e Pierluigi Rotta, uccisi da Alejandro Meran con l’arma di uno dei due. Il Dipartimento di Polizia ha risposto smentendo tutto

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Nell’ambito delle indagini sulla sparatoria avvenuta ieri nella Questura di Trieste e nella quale sono morti due agenti, sono state sequestrate le fondine delle due vittime per verificarne l’integrità. Da una prima analisi non risulterebbero danni tali da comprometterne la funzionalità. Eppure stamattina il SAP, sindacato autonomo di polizia un tempo guidato da Gianni Tonelli, oggi deputato della Lega, ha rilasciato una nota alle agenzie di stampa per far sapere che il presunto difetto nelle fondine ha avuto un ruolo nella morte di Matteo Demenego e Pierluigi Rotta, uccisi da Alejandro Meran con l’arma di uno dei due.

La storia del difetto nelle fondine dei due poliziotti uccisi in questura a Trieste

“Nella vicenda dei due agenti uccisi ci sono stati problemi con le fondine. Al primo è stata sfilata la pistola perché aveva una fondina vecchia, in quanto quella in dotazione gli si era rotta. Al secondo agente ucciso, la fondina sarebbe stata strappata dalla cintura”, dice Stefano Paoloni del SAP, che poi aggiunge: “Uno dei due agenti aveva già avuto problemi con la fondina rotante e gliene era stata data un’altra di vecchio tipo che non permette di bloccare l’arma al suo interno. All’altro collega che invece aveva la nuova fondina rotante – spiega Paoloni – è stata sfilata l’arma insieme al dispositivo di contenimento, poiché il supporto ha ceduto rompendosi. Questo è un difetto che come Sap stiamo denunciando da circa un anno con continue note al Dipartimento, il quale giorni fa ci ha anche risposto dicendo che sono in corso verifiche volte alla ricerca di soluzioni per le criticità rilevate. Abbiamo sempre denunciato questa anomalia che stavolta si è rivelata fatale. Se la dinamica dovesse essere confermata – conclude – sarebbe di una gravità inaudita e qualcuno dovrà assumersene la responsabilità”.

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Il questore di Trieste, Giuseppe Petronzi, ha fatto sapere che sono state sequestrate tutte le fondine e tutte le armi dei poliziotti in servizio durante il pomeriggio. Intanto però il caso scoppia: il Dipartimento di pubblica sicurezza fa sapere che stava già cercando una soluzione al problema delle fondine. In un documento del 2 ottobre scorso infatti precisava, replicando ad alcune osservazioni sollevate dal Sap, che “sono in corso attività di verifica interna volte all’individuazione della miglior soluzione da poter adottare al fine di superare le criticità riscontrate”. Il Dipartimento di pubblica sicurezza stava già cercando una soluzione al problema delle fondine. In un documento del 2 ottobre scorso infatti precisava, replicando ad alcune osservazioni sollevate dal Sap, che “sono in corso attività di verifica interna volte all’individuazione della miglior soluzione da poter adottare al fine di superare le criticità riscontrate”.

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La ricostruzione sul Corriere della Sera (5 ottobre 2019)

Poi però il dipartimento dichiara che “allo stato attuale degli accertamenti, in assenza di testimoni e documenti video, è priva di fondamento ogni arbitraria ricostruzione della dinamica che ha portato alla sottrazione dell’arma del collega ucciso per primo”. E va all’attacco del SAP: “Sconcerta, pertanto, a poche ore dall’evento, la sicumera con cui si traggono frettolose conclusioni sulla inequivocabile riferibilità dell’accaduto alla presunta inadeguatezza della fondina – continua la nota – In un giorno così drammatico ci si sarebbe aspettati, almeno da chi veste la stessa divisa, un rispettoso cordoglio per le vittime e le loro famiglie. Sconvolge che alcuni, al fine di ottenere visibilità, speculino sulla morte dei colleghi caduti in servizio, profanando il dolore dei loro cari e della intera comunità. Se, in seguito, si accerteranno responsabilità di qualsiasi natura se ne chiederà conto, senza se e senza ma, anche per onorare la memoria di chi ha sacrificato la propria vita per il bene comune”.

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