Economia
Dieci anni al Sud senza tasse per i pensionati italiani?
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2018-08-23
L’idea della Lega: sgravi IRPEF per chi passa almeno sei mesi in un comune che si è spopolato
Dieci anni a zero tasse per i pensionati italiani o stranieri che trasferiscono la residenza fiscale in Sicilia, Sardegna o Calabria, prime tre regioni pilota. E ci vivono almeno sei mesi e un giorno all’anno. II progetto si chiama “Zes-Aas”. È un’idea della Lega e prevede di portare 600 mila nuovi abitanti nelle tre regioni “tax free” nei prossimi 3-4 anni. E così alzare il PIL nazionale dell’1%, 17-18 miliardi in più. Spiega oggi Repubblica in un articolo di Valentina Conte:
La proposta nasce da un paio di considerazioni e qualche dato. La disoccupazione vertiginosa nel Mezzogiorno e il suo spopolamento progressivo con un milione e 800 mila persone, soprattutto giovani, emigrati altrove negli ultimi 16 anni come segnala la Svimez. Un altro milione in meno, aggiunge l’Istat, di qui al 2065. E poi quei 60 mila connazionali già volati in paesi che strizzano l’occhio alla “silver economy”, l’economia delle pantere grigie.
Non solo Portogallo, dove ormai si è radicata una comunità di pensionati italiani. Ma anche Panama, Messico, Tunisia, Canarie, Cipro, Malta, Romania. Attratti dallo sconto sulle tasse, la vita tranquilla, gli affitti economici, la spesa alla portata di tutte le tasche. Ecco dunque la proposta della Lega per risollevare le zone più critiche del Sud, renderle attrattive e in grado di creare posti di lavoro. Si faranno dei bandi e, almeno all’inizio, potranno parteciparvi solo i comuni di Sardegna, Sicilia, Calabria — regioni che presentano i parametri più negativi in termini di Pil e sviluppo — al di sotto dei 4 mila abitanti.
L’ideatore del progetto è Alberto Brambilla, in predicato di sostituire Tito Boeri all’INPS alla scadenza del mandato. E l’idea è che i comuni che vorranno aderire dovranno provare di aver avuto uno spopolamento del 20% nei triennio. E c’è anche qualche controindicazione:
Ma se nel caso degli stranieri l’operazione è a costo zero per le casse dello Stato, anzi a saldo positivo perché chi arriva o torna spende e abita qui, per gli italiani no. Perché prima versavano l’Irpef quando vivevano al Centro-Nord, poi non più per dieci anni. «Vero, ma dobbiamo misurare i flussi. E poi non è detto che non si possano ridiscutere gli attuali sgravi per la decontribuzione alle imprese del Sud che assumono giovani: non funzionano come dovrebbero».
Il volano economico di questo progetto viene considerato molto forte. «I giovani sarebbero incentivati a imparare le lingue, diventare guide turistiche, offrire tutta una serie di servizi», ipotizza Brambilla. «Calcoliamo in 600 mila le presenze aggiuntive in 3-4 anni nelle tre regioni per effetto dello sgravio. E un impatto quasi di uno a uno sull’occupazione locale. Non è detto poi che chi arriva non possa aprire piccole attività manifatturiere. Una famiglia media spenderebbe 20-25 mila euro l’anno. Già solo i connazionali espatriati con la pensione “in regime nazionale”, maturata qui ma incassata al lordo all’estero, sono 60 mila e dunque forse 120 mila, perché in coppia. Senza pensare all’appeal sugli stranieri: l’Italia è bella e piace. Metà dell’Irpef che perdiamo per 10 anni, la recuperiamo con Iva e accise dai consumi».