Opinioni
«Di Maio sta al M5S come Renzi al PD»
dipocheparole 30/07/2019
Nella sua rubrica Identikit sul Fatto Quotidiano, Andrea Scanzi oggi parla di Luigi Di Maio, che identifica come “lo spietato rottamatore, sì, ma di se stesso”. Scanzi prima elenca gli ultimi errori di Di Maio e poi si lancia in un paragone che, è molto probabile, scontenterà tutti: La cosa meno grave,paradossalmente, è il Tav: […]
Nella sua rubrica Identikit sul Fatto Quotidiano, Andrea Scanzi oggi parla di Luigi Di Maio, che identifica come “lo spietato rottamatore, sì, ma di se stesso”. Scanzi prima elenca gli ultimi errori di Di Maio e poi si lancia in un paragone che, è molto probabile, scontenterà tutti:
La cosa meno grave,paradossalmente, è il Tav: l’errore, come per Ilva e Tap, è stato non tanto perdere una battaglia politica quanto promettere fino a ieri la Luna. L’entità parossistica delle cazzate a getto continuo di Di Maio è altrove: nel litigare sempre con Salvini, sciorinando questi penultimatum che fanno pena; nell’andar via tre minuti prima che al Senato Conte parlasse sul caso Rubli; nel continuare ad avallare (benché talora con approccio finto-imbarazzato) le porcate insite nel Dl Sicurezza 1 e Bis; nell’aver creato questa situazione “lose lose”, in cui i 5 Stelle come si muovono sbagliano, che facciano cadere il governo (dando la stura a un altro ben peggiore) o che continuino con questo stolido nichilismo poltronista.
E poi in questo capolavoro di deficienza politica che è il “mandato zero”. È lecito voler allungare la vita politica ai consiglieri locali, ma giustificarlo –invece di ammetterlo serenamente –con questa boiata aritmetica del “mandato zero” significa farsi prendere per il culo in eterno. Di Maio è persona onesta, scaltra e in buona fede, ma come minimo si sopravvaluta. E negli ultimi mesi sta al M5S come Renzi al Pd: uno spietato rottamatore di se stesso e di tutti coloro che lo circondano. Sta disintegrando il M5S con un’efferatezza al cui confronto Ted Bundy era Minnie. Qualcuno lo aiuti. Lo sedi. Lo fermi. A meno che l’obiettivo grillino, per le prossime elezioni, sia quello di fare arrivare l’astensione al 70%.
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