Economia
Andrea Orcel: “UniCredit uscirà da Generali”. Farà lo stesso anche con Mediobanca? E quando?
Nexilia 19/06/2025
Andrea Orcel, ad di Unicredit, gioca con abilità nel risiko finanziario italiano, ma il suo progetto di crescita europea si scontra con vincoli politici, golden power e logiche protezionistiche. Orcel e la mossa su Generali Andrea Orcel, ad di Unicredit, continua a sorprendere per la sua capacità di muoversi con decisione in un contesto finanziario […]

Andrea Orcel, ad di Unicredit, gioca con abilità nel risiko finanziario italiano, ma il suo progetto di crescita europea si scontra con vincoli politici, golden power e logiche protezionistiche.
Orcel e la mossa su Generali
Andrea Orcel, ad di Unicredit, continua a sorprendere per la sua capacità di muoversi con decisione in un contesto finanziario e istituzionale complesso. Intervenuto alla CEO Conference di Mediobanca, è stato l’unico relatore a collegarsi da remoto: un dettaglio non secondario, che conferma la volontà di mantenere un profilo operativo più che simbolico. In quell’occasione, ha annunciato che Unicredit ridurrà gradualmente la partecipazione in Generali “fino a uscirne”, definendo l’investimento “non strategico”.
Si tratta di un chiaro segnale di disimpegno in una delle partite più delicate del sistema finanziario italiano. Con la mossa, Unicredit si sfila dalla contesa tra i grandi azionisti del Leone e lascia intendere di non voler più intervenire nel confronto tra Mediobanca e il gruppo Caltagirone.
Eppure, solo pochi mesi fa, la banca aveva votato proprio a favore della lista Caltagirone per il rinnovo del board di Generali, sostenendo la necessità di un cambiamento nella governance. Una scelta che, all’epoca, appariva tutt’altro che neutrale e che aveva rafforzato il fronte critico nei confronti dell’amministratore delegato Philippe Donnet.
La presenza di Unicredit in Generali – circa il 4% tra partecipazioni dirette e indirette – ha avuto peso anche in occasione della recente riunione del consiglio di Mediobanca, che ha deciso di rinviare l’assemblea straordinaria sulla proposta di cedere Banca Generali a favore di una partecipazione in Mediobanca stessa. Il timore era che l’azionista Unicredit potesse far pendere l’ago della bilancia, andando a costituire una maggioranza alternativa. Anche in questo caso, Orcel ha dimostrato di saper usare la leva della presenza azionaria come elemento tattico.
Golden power e ostacoli politici
Nel percorso intrapreso da Andrea Orcel per trasformare Unicredit in un vero campione europeo, la strada si sta rivelando più accidentata del previsto. Una delle principali difficoltà riguarda l’Ops su Banco Bpm, su cui è intervenuto direttamente il governo Meloni. In risposta ai rilievi sollevati dalla Commissione europea, l’esecutivo italiano ha sostenuto che il risparmio costituisce una questione di sicurezza nazionale e ha rivendicato l’uso legittimo del golden power anche in operazioni tra soggetti nazionali. Per rafforzare questa posizione, Palazzo Chigi ha sottolineato che oltre il 60% del capitale di Unicredit è detenuto da investitori esteri, a dimostrazione del fatto che l’operazione coinvolgerebbe, di fatto, interessi stranieri. È questa argomentazione ad aver suscitato dubbi a Bruxelles, che teme un uso estensivo e protezionistico di uno strumento nato per casi eccezionali. In questo contesto, le possibilità che l’offerta su Banco Bpm vada in porto appaiono sempre più esili. Non a caso, lo stesso Orcel ha chiarito che, in mancanza di normativa più trasparente, l’operazione non sarà mandata avanti.
Capitale in eccesso, sviluppo limitato
Il paradosso si fa evidente se si guarda alla situazione patrimoniale di Unicredit. Il gruppo dispone di un capitale in eccesso di circa 10 miliardi di euro – una cifra confermata dallo stesso Orcel durante il suo intervento – che potrebbe essere impiegata per acquisizioni mirate o per rafforzare la presenza internazionale.
Tuttavia, se le opportunità venissero bloccate o rese troppo complesse da fattori esterni, le risorse disponibili rischierebbero di restare inutilizzate. In quel caso, l’alternativa sarebbe quella di restituirle agli azionisti sotto forma di dividendi come già avvenuto negli ultimi esercizi. È una dinamica che finisce per penalizzare la strategia di crescita organica del gruppo.
Sovranismi finanziari e debolezze strutturali
La questione non riguarda solo Unicredit. Anche altri istituti europei, potenzialmente interessati a fusioni transfrontaliere, si trovano a operare in un ambiente sempre più condizionato da logiche di protezione nazionale.
In Italia come in Germania, Spagna e Portogallo, i governi tendono a difendere la struttura proprietaria delle banche domestiche, a scapito della possibilità di costruire veri player europei in grado di competere su scala globale.
È una linea che si pone in contrasto con le indicazioni della Banca Centrale Europea e della Commissione Ue, che da anni auspicano una maggiore integrazione bancaria nel mercato unico.
Opportunismo o strategia?
In questo contesto difficile, Orcel ha scelto un approccio flessibile, alternando operazioni a carattere tattico – come l’investimento in Generali – a progetti più strategici, come le ipotetiche aggregazioni con Banco Bpm, Commerzbank o Alpha Bank.
Tuttavia, mentre le prime si sono rivelate efficaci nel muovere le pedine dello scacchiere italiano, le seconde si sono scontrate con barriere politiche e regolamentari.
Ora, con il progressivo disimpegno da Generali, ci si interroga su quali saranno le prossime mosse: Unicredit manterrà o ridurrà la sua partecipazione in Mediobanca? E in quale momento potrebbe valutare un’uscita, anche in funzione di un’eventuale OPS su Mps? Il risiko continua, ma la situazione si fa ogni giorno più complessa.