Attualità
Di Maio e il «rischio di azioni non democratiche» se il M5S non va al governo
neXtQuotidiano 07/05/2018
Perché i giornali non hanno preso sul serio la minaccia di Giggetto sui rischi per la democrazia se il M5S non va al governo? Il motivo è semplice: i precedenti…
«Non sta ancora succedendo ma il rischio che vedo io è un rischio per la democrazia rappresentativa. Io non minaccio nulla ma il rischio di azioni non democratiche può esserci»: visto che stamattina ha un appuntamento con il presidente della Repubblica, c’è da sperare che Sergio Mattarella chieda conto a Luigi Di Maio della frase detta ieri a In 1/2 Ora. Una frase volutamente ambigua, seguita da un’altra possibilmente ancora peggiore: «Il vero rischio è che una forza politica come la nostra si allontani dalla democrazia se, andando a trattare con gli altri partiti, prende solo due di picche per la grande regia di Renzi e Berlusconi che vogliono fare un governo loro anche se non hanno i numeri. Questo crea disaffezione alla democrazia. C’è il rischio che 11 milioni che hanno votato questo movimento inizino a provare una forte disaffezione verso le istituzioni democratiche».
Lo statista di Pomigliano D’Arco sembra infatti voler minacciare o preconizzare timori per la tenuta della democrazia in Italia visto che il MoVimento 5 Stelle non è al governo, ma nel dibattito successivo ha tenuto a smorzare l’interpretazione più logica di quanto affermato sostenendo che il M5S potrebbe invece puntare sugli strumenti di democrazia diretta per partecipare alla vita politica del paese. E il pensiero va subito al referendum sull’euro che Beppe Grillo è tornato a chiedere in un’intervista a un settimanale francese. Ma proprio com’è andata la storia del referendum sull’euro e della raccolta firme del MoVimento 5 Stelle tende invece a tranquillizzare i timori più reconditi.
Il M5S infatti quattro anni fa annunciò la raccolta delle firme per una legge di iniziativa popolare che avrebbe dovuto approvare una legge costituzionale per l’istituzione del referendum consultivo sull’euro. Preconizzavano, i grillini, un voto tra dicembre 2015 e gennaio 2016. Inutile dire che nel frattempo sono passati due anni e del referendum sull’euro non si è fatto nulla. Nonostante la raccolta firme, che doveva essere di un milione di autografi e alla fine si è fermata molto prima.
Insomma, Luigi Di Maio minaccia ma le sue armi finora hanno dimostrato di essere spuntate. Il golpe potrebbe fare la fine del referendum sull’euro. Le minacce di Di Maio dimostrano che la situazione è disperata, ma continua a non essere seria.