Cosa ha fatto Di Maio per risolvere la crisi di Mercatone Uno? (Spoiler: niente)

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-04-12

La società che da agosto 2018 detiene la maggior parte dei punti vendita di Mercatone Uno ha annunciato che porterà i libri in Tribunale per chiedere il concordato preventivo. Al MISE a quanto pare nessuno ha fatto nulla. Eppure la Mercatone Uno era in Amministrazione straordinaria dal 2015, possibile che a nessuno sia venuto in mente di vigilare sul piano di rilancio?

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Bologna, Colle Val d’Elsa, Caltignaga, Trecate e Pombia (Novara), Gravellona Toce e Preglia di Crevoladossola (VCO), Reana (Udine) e Verdello (Bergamo): questi sono solo alcuni dei punti vendita di Mercatone Uno a rischio chiusura e i cui dipendenti potrebbero essere licenziati. Ma il problema riguarda anche gli altri 55 punti vendita di Mercatone Uno, che dal nove agosto scorso è di proprietà di Shernon Holding S.r.l. (altri 13 punti vendita sono stati rilevati da COSMO).

Luigi Di Maio non si è accorto della crisi di Mercatone Uno?

La genesi della crisi non è recente e risale a qualche anno fa. Nel 2015 Mercatone Uno era sull’orlo del fallimento e venne salvata proprio dall’Amministrazione straordinaria speciale. La stessa Shernon è stata costituita per acquisire la maggior parte dei punti vendita dall’Amministrazione straordinaria, operazione che ha consentito – si legge sul sito dell’Amministrazione straordinaria – “la salvaguardia occupazionale di 2.304 dipendenti pari a circa l’85% del totale degli occupati”. Due giorni fa però proprio la Shernon ha presentato istanza di ammissione al concordato preventivo al Tribunale di Milano. Per i lavoratori di Mercatone Uno si profila – dopo appena otto mesi – di nuovo lo spettro di chiusure, licenziamenti e cassa integrazione. In Piemonte ad esempio sono già cinque i punti vendita che non verranno più riforniti.

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I sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UIltucs hanno indetto uno sciopero per il 18 aprile. Parallelamente andrà in scena un sit-in davanti al Ministero dello Sviluppo Economico dove giovedì prossimo alle 14 è indetto un incontro tra le parti. E sono in molti a puntare il dito contro il bisministro Luigi Di Maio, che in questi mesi ha quantomeno trascurato – se non ignorato – la questione. Eppure quando il MoVimento 5 Stelle stava all’opposizione le cose stavano diversamente.

Quell’improvviso silenzio del M5S sulla crisi di Mercatone Uno

«Mercatone Uno: 3700 lavoratori a rischio licenziamento in tutta Italia. Decine di punti vendita a rischio chiusura. Il ministro dello sviluppo economico risponda immediatamente all’interrogazione del collega Davide Crippa». Così nel 2015 la deputata del MoVimento 5 Stelle Silvia Chimenti. E ancora sempre nel 2015 la senatrice Nunzia Catalfo – oggi Presidente della Commissione permanente Lavoro pubblico e privato del Senato – chiedeva l’apertura di un tavolo al MISE e «ulteriori ed urgenti provvedimenti ed iniziative dirette a salvaguardare i livelli occupazionali». L’onorevole Davide Crippa – che oggi è sottosegretario al MISE – si era interessato pubblicamente della questione anche a maggio scorso segnalando «le preoccupazioni legate ai lavoratori che stando alle proposte da discutere ancora con le parti sindacali prevedono tagli pesanti al numero di occupati».

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E proprio nel maggio del 2018 il MoVimento 5 Stelle Sicilia aveva annunciato di aver chiesto l’apertura di un tavolo di crisi presso il MISE per discutere la chiusura dei punti vendita Mercatone Uno acquisiti da COSMO: «non possiamo non segnalare le preoccupazioni legate ai lavoratori che stando alle proposte da discutere ancora con le parti sindacali prevedono tagli pesanti al numero di occupati» aveva dichiarato il deputato dell’ARS Luciano Cantone. Poi dal M5S non è arrivato più nulla. Anche perché da inizio di giugno al MISE si è insediato Luigi Di Maio. E forse non era il caso di sollevare il problema.

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La senatrice PD Teresa Teresa Bellanova ha accusato Di Maio di perdere tempo prezioso. La CGIL se la prende con la proprietà e con il Ministero: «Questo imprenditore è stato scelto dal ministero: il suo piano industriale, le garanzie, e i partner sono stati vagliati e autorizzati dal ministero. Ci sta che il Governo, in quel dato momento, abbia valutato la proposta di Rigoni come la migliore, ma da quando abbiamo fatto l’accordo a giugno per la cessione del plesso aziendale sono passati nove mesi e in questi nove mesi un comitato di sorveglianza del ministero doveva vigilare, però non lo ha fatto» ha dichiarato all’agenzia DIRE Stefano Biosa, della Filcams-Cgil di Bologna. Eppure di avvisaglie ce n’erano state diverse. A febbraio c’era stato un incontro con Shernon in cui era stata prospettata una ricapitalizzazione; se ne sarebbe dovuto capire di più in un altro summit il 5 aprile. Un altro tavolo era fissato per il 2 aprile a Roma ma è slittato. Al MISE a quanto pare la cosa non ha destato sospetti. Anche perché – ricorda Biosa – «su questa azienda sono stati spesi milioni di euro di soldi pubblici in ammortizzatori sociali». Una ragione in più per vigilare, ma forse come dice la Bellanova il ministro era troppo impegnato ad andare in televisione.

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