La supercazzola di Di Maio sull’abuso edilizio del padre

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-11-07

Luigi Di Maio è arrabbiato con Repubblica che “sbatte la sua famiglia” in prima pagina per una questione di abusi edilizi sanati grazie alla legge Craxi del 1985. Ma la sua spiegazione non regge e di fatto finisce per confermare una cosa: suo padre ha usufruito del condono fatto da uno dei famigerati governi precedenti che tanto male hanno fatto all’Italia (ma evidentemente non a chi aveva case abusive)

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Oggi Repubblica ha raccontato la curiosa vicenda del signor Antonio Di Maio, padre del Capo Politico del MoVimento 5 Stelle Luigi Di Maio, che nel 1986 usufruì del condono edilizio varato dal governo Craxi. Per quell’abuso edilizio il signor Di Maio pagò nel 2006 appena 2mila euro, un affarone visto che in totale stiamo parlando di circa 150 metri quadri di superficie abitabile in più creati in maniera abusiva.

Di Maio ammette che suo padre ha usufruito del condono edilizio del 1985

Luigi Di Maio all’epoca del condono aveva vent’anni e non ha nulla a che fare con l’abuso edilizio, commesso prima che lui nascesse. Durante una diretta su Facebook dopo aver ripetuto per l’ennesima volta che a Ischia – dove guarda caso il governo ha deciso di consentire il ricorso a condono edilizio del 1985 per i proprietari di immobili abusivi danneggiati dal terremoto – non c’è nessun condono ci ha tenuto però a smentire le fake news di Repubblica sul condono di cui ha usufruito il padre.

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Il Capo Politico del M5S spiega che il quotidiano Repubblica «si è inventato questo scoop» relativo al condono dell’abuso edilizio richiesto dal padre.  Di Maio si lamenta che Repubblica ha “sbattuto la foto” della sua famiglia. Foto che però non è stata rubata visto che è stato proprio il vicepremier a pubblicarla il giorno di Pasqua sulla sua pagina Facebook. Il ministro del Lavoro racconta di aver chiamato il padre per chiedere «ma nel 2006 che cosa hai combinato?». Il signor Di Maio ha spiegato al figlio che «nel 2006 è arrivata una risposta del 1985 che riguarda la casa a una casa costruita nel 1966».  Questa risposta conferma quello che è scritto nell’articolo di Repubblica che dice appunto che nel 1986 il signor Di Maio ha presentato una richiesta di sanatoria che è stata concessa vent’anni dopo.

La storia della casa abusiva del papà di Di Maio

Il Capo Politico del M5S la prende alla lontana: «Nel 1966 mio nonno costruisce la casa in cui vivono oggi i miei genitori e vive mio fratello e mia sorella con suo marito. Nel 1966 aveva all’incirca sedici anni. Mio padre costruisce una casa in base ad una legge che era il regio decreto del 1942». Immaginiamo che qui il vicepremier stia facendo riferimento alla legge quadro urbanistica che imponeva l’obbligo di licenza edilizia per chiunque volesse costruire un immobile o fare ampliamenti ad edifici esistenti (legge poi integrata dalla Legge Ponte n. 765/1967 dell’agosto 1967). Non dice però se il nonno avesse ottenuto la licenza edilizia oppure se la licenza era per una metratura inferiore a quella sanata grazie al condono del 1985. Il fatto che il padre del vicepremier abbia chiesto di accedere al condono edilizio varato dai famigerati e cattivissimi governi precedenti però è un chiaro indizio. Scrive Repubblica che nella casa dove ha abitato il vicepremier: «il secondo piano e terzo piano sono connotati da abusi che, secondo quanto registrato negli atti, sono stati realizzati almeno dieci anni dopo». Quindi non nel 1966. Gli abusi in questione sono «nuove camere da letto, tinello e studiolo con lucernai ed altro», in pratica – vista l’entità della metratura condonata – una casa abusiva aggiunta successivamente al “nucleo originario” della dimora Di Maio.

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«Mio padre nel 1985 da geometra viene a conoscenza della legge che permette di regolarizzare qualsiasi manufatto costruito in precedenza». Quella legge non è una legge qualsiasi, è la legge 47 del 1985 nota anche come condono Craxi. Una legge che permetteva di sanare gli abusi edilizi e a cui ovviamente hanno fatto ricorso molti italiani che erano proprietari di una casa abusiva o di un immobile dove erano stati commessi abusi. Secondo Luigi Di Maio invece il padre ha fatto ricorso a quella legge – di cui parlavano tutti, non stiamo parlando di un codicillo “da geometra” – sostanzialmente “per scrupolo” perché «nell’85 è difficile che esistessero tutte le carte di quella casa» (costruita vent’anni prima, non duecento anni prima). Ora è chiaro anche ad un bambino che le carte possono “non esistere” perché sono andate perse (dove? nei cassetti di casa o al catasto?) ma anche perché quelle carte – essendo stato commesso un abuso – non sono mai esistite. Nel 2006 «diversi decine di anni dopo» (due, per l’esattezza) il padre riceve la risposta da parte del Comune. Di Maio non dice che si tratta – come riporta Repubblica – di un condono per opere di ampliamento fatte in anni diversi che tecnicamente si configurano come “ampliamento di un fabbricato esistente al secondo e terzo piano”. Dice invece che il Comune ha risposto: «devi pagare duemila euro e regolarizzi quella casa costruita nel 1966». Ma come è possibile? Se la casa era stata costruita dal nonno rispettando le prescrizioni della legge urbanistica del 1942 allora era già in regola. Viceversa se magari, nel corso degli anni, erano state fatte delle aggiunte – per un totale di 150 metri quadri – significa che dal 1966 al 1985 la casa ha subito qualche ampliamento non autorizzato. Modifiche che in italiano si chiamano abusi edilizi. Proprio come quelli di Ischia.

Leggi sull’argomento: Il condono edilizio del padre di Di Maio

 

 

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