Le ultime ore di Desirée Mariottini

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-10-27

La ricostruzione dell’arrivo da Cisterna di Latina in via dei Lucani fino alla morte: «Le hanno dato acqua e zucchero, poi quando hanno visto che stava diventando cianotica l’hanno messa su un divano, dopodiché moriva»

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«Le hanno dato acqua e zucchero, poi quando hanno visto che stava diventando cianotica l’hanno messa su un divano, dopodiché moriva»: uno dei testi che si trovava in via dei Lucani il giorno della morte di Desirée Mariottini ha fornito uno dei racconti più strazianti delle ultime ore di vita della ragazza. Mentre ieri veniva arrestato Yusif Salia, 32 anni, ghanese, in una delle casupole nell’ex aeroporto militare di Borgo Mezzanone, tra Bari e Foggia: sospettato di essere lo spacciatore di droga più importante del gruppetto — all’appello mancherebbero due complici —, nel quale tutti hanno precedenti per stupefacenti, aveva con sé 11 chili di marijuana, 2 etti di hashish e dosi di metadone.

Le ultime ore di Desirée Mariottini

Noemi C., ascoltata in Questura dagli agenti della Squadra Mobile il 24 ottobre, ha riferito altri particolari: «È stata violentata per divertimento da quattro adulti dopo avere assunto eroina». Ha fatto i nomi di due di loro: «Pako e Ibrahim». Pako è Mamadou Gara, 27 anni, il primo a essere fermato, tre giorni fa. Lui ha parlato con gli agenti: «Conoscevo Desirée, avevamo una storia, mi aveva detto di essere più grande, di avere 22 anni». E ancora: «Sì, abbiamo avuto un rapporto sessuale, ma non l’ho stuprata. Quando sono andato via era ancora viva». Il teste Leo D. racconta, riportato dal Messaggero: «Un giovane africano mi ha confidato che lui si trovava dentro al capannone… avrebbe visto Desirée deceduta con gli abiti strappati. Mi diceva che alla sua presenza la giovane si è sentita male, quindi le hanno dato acqua e zucchero poi, visto che diventava cianotica, veniva adagiata su un divano e dopo moriva».

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La ricostruzione delle ultime ore di vita di Desirée Mariottini

Un altro dei presenti ha detto agli inquirenti di essere entrato «all’interno dello stabile, ho sentito una ragazza che piangeva e urlava frasi come: “Voi l’avete uccisa, voi l’avete violentata” e si rivolgeva a tre uomini chiamandoli per nome: Pako, Sisko e Ibrahim». Ha anche detto di avere visto una ragazza che «sembrava dormire» su un piccolo letto, semicoperta «alla presenza di 5 o 8 persone di varia nazionalità oltre ai tre già detti». Altri testi hanno raccontato che Desirée aveva con Ibrahim-che sarebbe Brian Minteh – «un rapporto di frequentazione intima». Andava quasi tutti i giorni nello stabile abbandonato, si prostituiva in cambio di stupefacenti.

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Il quarto uomo: Yusif Salia

I pubblici ministeri scrivono che Desirée Mariottini è stata prima drogata e poi sottoposta a rapporti non consenzienti, mentre le avevano immobilizzato le braccia e le gambe. Gli indagati, secondo l’accusa, hanno impedito il soccorso della ragazza cagionando così la sua morte. E la posizione di Yusif Salia, fermato ieri a Foggia, si aggrava: nel decreto si legge che un testimone ha raccontato di averlo visto la sera dell’omicidio «consumare un rapporto con la ragazza» e di averla poi vista «sdraiata, seminuda e incosciente».

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Desirèe Mariottini: l’arresto di Yusif Salia

Le ricerche non sono ancora finite: ci sarebbero almeno altri due accusati ai quali la polizia sta dando la caccia. Per i primi tre già fermati stamattina è fissato l’interrogatorio di convalida a Regina Coeli. Sarà la prima volta che gli indagati, due senegalesi e un nigeriano, vengono interrogati dai magistrati. Nel decreto di fermo con l’accusa di violenza sessuale e omicidio il procuratore aggiunto Maria Monteleone e il sostituto Stefano Pizza li definiscono dei «predatori che si sono accaniti senza alcuna pietà su una giovane indifesa».

Gianluca Zuncheddu, il padre di Desirée Mariottini

Sulla Stampa intanto Gabriele Romagnoli parla di Gianluca Zuncheddu, il padre di Desirée Mariottini:

L’uomo, che alla figlia non ha dato il nome, è, lo affermano indagini di polizia e sentenze della magistratura, un commerciante di droga, anzi un capo del traffico nella sua zona. Voleva però impedire alla figlia di fare uso delle sostanze che lui stesso smerciava e, per riuscirci, non esitava a ricorrere alle maniere forti, al punto che lei lo aveva denunciato.

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Gara Mamadou, Brian Minthen, Chima Alinno: i tre arrestati per l’omicidio di Desirée Mariottini (foto da: Corriere della Sera)

Non è difficile individuare in questo comportamento una contorsione che annulla ogni buona intenzione. Il barlume di saggezza che induce a prevenire la disgrazia per la propria discendenza è spento dall’indifferenza con cui si lucra sulla stessa debolezza quando affligge quella altrui. Non c’è morale, neppure un principio, ma soltanto ipocrisia.

Tutto comincia mercoledì 17

Tutto comincia quel mercoledì 17 in cui Barbara Mariottini denuncia la scomparsa della figlia: lei in quel momento è già arrivata a San Lorenzo, verso l’ora di pranzo, dove le viene offerta eroina per un rapporto. Racconta Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera:

Il 18 mattina Desirée è in evidente crisi di astinenza. «Chiedeva droga, ha preso di tutto», racconta una ragazza. Dice di averla esortata ad andarsene. «Che ci fai qui? Sei troppo giovane, devi andare via se vuoi salvarti». Lei non l’ascolta, entra nello stanzone e continua a drogarsi. Il gruppetto di spacciatori «che vengono dall’Africa centrale le sta sempre intorno, si alternano». Lei non si sottrae, non ce la fa. «Le hanno dato del vino con il metadone», ricorda un testimone. Passa ancora qualche ora tra dosi di crack e altra eroina, nel primo pomeriggio Desirée appare come in trance.

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Si accascia su un materasso, ormai è preda dei suoi aguzzini. Cominciano a violentarla a turno, si accaniscono su di lei. Sono in quattro, ma non è escluso che anche qualcun altro abbia abusato di lei. Saranno gli esami del Dna a rivelare ulteriori dettagli, analisi necessarie a individuare tutti gli stupratori. «L’ho vista, non era cosciente», giura un testimone. Altri confermano, ricordano come «gli africani l’avevano stordita per poi avventarsi su di lei».

Alle 4 arriva al 118 la telefonata da un numero privato con la richiesta di soccorsi. Quando entra l’ambulanza il palazzo è vuoto. Lei è già morta.

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