Chi sono i tre fermati per l’omicidio di Desirée Mariottini

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-10-26

Due cittadini senegalesi e un nigeriano indiziati, si cerca un quarto uomo. Due avevano un permesso di soggiorno umanitario scaduto, uno era stato espulso. Per i magistrati non solo hanno violentato Desirèe, ma la hanno anche uccisa somministrandole un cocktail letale di varie sostanze

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Desirée Mariottini è rimasta 12 ore nello stabile in via dei Lucani a San Lorenzo da giovedì pomeriggio a venerdì mattina, quando è uscita cadavere  per un arresto cardiocircolatorio, probabilmente dovuto alla bomba di stupefacenti che le hanno somministrato.

Omicidio di Desirée Mariottini: chi sono i tre fermati

Gara Mamadou, senegalese di 27 anni, aveva ricevuto un provvedimento di espulsione nel 2017 e aveva precedenti: è stato trovato in un’altra casa abbandonata in zona dove si nascondeva. Brian Minthen, 43 anni, era in attesa del permesso di soggiorno per motivi umanitari (era stato già disposto dal giudice ma mancava una parte della documentazione).  Infine c’è Chima Alinno, nigeriano di 46 anni, con permesso di soggiorno scaduto e da allora irreperibile: sono i tre arrestati  frequentatori abituali dello stabile di via dei Lucani, che probabilmente spacciavano e che per i magistrati non solo hanno violentato Desirèe, ma la hanno anche uccisa somministrandole un cocktail letale di varie sostanze: l’esame tossicologico fornirà dettagli precisi, per ora sembrerebbe che ci fossero metadone ed eroina.

C’è un quarto sospettato, di cui si sanno già nome e generalità, gli investigatori gli stanno dando la caccia. La Squadra mobile di Roma, guidata da Luigi Silipo e coordinata dal pm Stefano Pizza e l’aggiunto Maria Monteleone, li ha fermati grazie alle testimonianze raccolte nella casa. La causa del decesso è una crisi respiratoria dovuta al mix di droghe. Il più giovane dei senegalesi ha anche provato a difendersi sostenendo che la ragazzina fosse consenziente, ma il cadavere rivela segni sui polsi e sulle braccia, nel tentativo di tenerla ferma. L’ipotesi è che Mamadou Gara abbia voluto approfittare della versione offerta da diversi testimoni: da due settimane Desirée si recava in via Lucani per cercare eroina in cambio di sesso.

Mamadou Gama, Brian Minthen, Chima Alinno: i tre arrestati per l’omicidio di Desirée

Bran Minteh, nato in Senegal il 19 agosto del‘75, ha presentato l’istanza alla questura di Roma il 28 agosto dello scorso anno, per sollecitare il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari, che gli era stato concesso dal Tribunale di Roma il 12 febbraio del 2015. Dopo due anni di permanenza, da via di San Vitale avevano sollecitato una integrazione documentale, perché sulla domanda non c’era l’iscrizione all’anagrafe. Mamadou Gara, senegalese, nato il 20 novembre del ‘91, era in possesso di un permesso di soggiorno per richiesta d’asilo, poi scaduto. Espulso con un provvedimento del prefetto di Roma il 30 ottobre del 2017, ha fatto perdere le tracce fino al 22 luglio scorso, quando agenti delle Volanti lo hanno rintracciato. Ma mentre era in attesa del nullaosta dell’autorità giudiziaria per reati pendenti a suo carico, si è dileguato. Chima Alinno, nigeriano, è nato il 16 agosto del ‘72. Nella banca dati risulta titolare di un permesso di soggiorno per motivi umanitari rilasciato dalla questura il 14 marzo del 2016, ma scaduto tre anni dopo.

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La ricostruzione delle ultime ore di vita di Desirée Mariottini (Il Messaggero, 26 ottobre 2018)

Una testimone, Antonella, intervistata dal Messaggero, 24 anni, tatuatrice, racconta: «So che una donna ha visto tutto ma non ha parlato e ha barattato il suo silenzio per qualche dose di droga». Di Desirée Mariottini dice: «L’ho conosciuta a San Lorenzo all’inizio della scorsa settimana, entrava e usciva dal palazzo in via dei Lucani in cerca di eroina, ho provato a portarla via, tanto che le ho offerto di venire a stare da me a Finocchio ma lei non ha voluto». Antonella conosce perfettamente l’ambiente di via dei Lucani perché lo frequenta da tempo, così come conosce i due senegalesi e il nigeriano  fermati dalla polizia. Allo stesso tempo sa chi è Giovanna, la donna che ha chiamato poi la polizia la notte tra giovedì e venerdì scorsi dicendo che Desirée era morta.«Gliel’ho detto agli agenti – conclude Antonella – quella ragazza avrà pure chiamato per dare l’allarme, ma ho saputo che si è venduta per un po’ di droga dicendo che avrebbe tenuto la bocca chiusa, non so poi cosa ha detto».

“Desirée si prostituiva per avere droga”

Desirée Mariottini probabilmente conosceva i suoi tre aguzzini. La ragazza  si prostituiva per avere droga: diversi testimoni hanno raccontato agli inquirenti che la ragazza nelle ultime settimane andava e usciva da quello stabile frequentando soggetti con cui avrebbe avuto rapporti. Nel palazzo di via dei Lucani ci era finita seguendo il giro della droga e lì aveva conosciuto almeno sette persone che l’hanno poi incontrata più di una volta e che hanno parlato con lei prima che morisse. «Mi aveva confidato che non voleva tornare a casa– il racconto, ancora al Messaggero, di Nasco,un altro testimone ascoltato dalla Mobile – perché in famiglia la maltrattavano».

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Gara Mamadou, Brian Minthen, Chima Alinno: i tre arrestati per l’omicidio di Desirée Mariottini (foto da: Corriere della Sera)

Il nonno materno è un ex funzionario del Comune e sindacalista Cisl, la nonna era cancelliera alla procura di Latina, la mamma Barbara è impiegata alla Regione Lazio. Era rimasta incinta di Desirée a 15 anni, il padre Gianluca Zuncheddu è un pregiudicato con una sfilza di precedenti proprio per spaccio di droga. Alessandra Ziniti su Repubblica aveva raccontato gli ultimi mesi di vita della ragazza:

«Mi picchia, non riesco a gestirla…Gianluca vai a prendere Desy ma non menarle, chiama l’ambulanza, qualsiasi cosa». È una madre disperata quella che ad agosto decide di rivolgersi all’ex marito che ha il divieto di avvicinarsi alla famiglia per chiedergli di aiutarla a recuperare Desy. Non è più storia di spinelli, di hashish, adesso c’è l’eroina e Barbara lo sa. Lo ammette anche Desy davanti ai poliziotti del commissariato dove è andata a denunciare  suo padre che l’ha riportata a casa con due schiaffoni.

«Lei era fragile, chiusa ma ribelle. Quel piccolo handicap alla gamba che la faceva un po’ zoppicare la condizionava e voleva sentirsi accettata. Forse anche per questo non si tirava mai indietro. Qui ormai non abbiamo più niente, non un cinema, un posto di aggregazione sociale, le ragazzine a quell’età cercano solo lo sballo, le emozioni forti, i ragazzi grandi».

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