Così il Decreto Dignità lascia a casa i maestri diplomati

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2018-08-10

Dopo l’approvazione del decreto Dignità, gli esperti di Tuttoscuola hanno calcolato quanti saranno i diplomati magistrali inseriti nelle graduatorie ad esaurimento che potranno insegnare nel prossimo anno scolastico: per 41mila su 50mila di loro ci saranno solo supplenze brevi

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Per i 50mila diplomati magistrali il Decreto Dignità dà solo supplenze brevi. Dei 6.669 contratti a tempo indeterminato firmati nel 2017-18 grazie all’ammissione provvisoria alle graduatorie, non se ne salverebbe uno e delle circa 2.600 supplenze annuali neppure. Al loro posto solo 9.300 supplenze fino al 30 giugno 2019. E gli altri 41.000 precari illusi da tante promesse che rappresentano l’81% del totale? Per loro niente.

Così Decreto Dignità lascia a casa i maestri diplomati

Tutto parte, scrive oggi Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, dalla sentenza del Consiglio di Stato che aveva stabilito che l’ammissione provvisoria alle Gae (le graduatorie ad esaurimento per le assunzioni) dei diplomati magistrali abilitati a insegnare prima che diventasse obbligatoria la laurea, andava bocciata. Con conseguente esclusione dei precari che avevano insegnato nelle scuole per anni. All’epoca Salvini e Di Maio avevano promesso che avrebbero trovato una soluzione e il Decreto Dignità era il mezzo adatto per cominciare a metterla in campo. Ma il risultato non è un granché, come dimostra il dossier di Tuttoscuola citato nella tabella del Corriere: 6669 erano i contratti a tempo indeterminato e 2600 le supplenze annuali, ben ventimila le supplenze fino al 30 giugno e quelle brevi. Di queste, le prime due vengono azzerate nel 2018-2019, rimangono 9300 supplenze fino al 30 giugno e 20mila supplenze brevi. Gli altri rimangono a casa.

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Destinazione dei diplomati magistrali inseriti nelle graduatorie ad esaurimento (Corriere della Sera, 10 agosto 2018)

E poi c’è la questione del «concorso straordinario» riservato ai maestri abilitati con la laurea «in scienze della formazione primaria» necessaria dal 2002 e ai diplomati magistrali senza quella laurea ma «abilitati entro l ’anno scolastico 2001/2002».

Il Concorso straordinario per gli abilitati e i laureati

Nonostante le promesse elettorali non ci sono prove scritte ma solo orali, non si accertano le competenze linguistiche ed informatiche e il peso della prova è inferiore a quello dei titoli già conseguiti. «I titoli culturali, la laurea, la specializzazione professionale, i corsi d’aggiornamento valgono meno della metà dei titoli di servizio: massimo 20 punti contro 50». A farla corta: «Questi criteri favoriscono coloro che, con un’età più avanzata, sono da molti anni nella scuola, mentre penalizzano i giovani laureati che non possono aver prestato numerosi anni di servizio». Il tutto in un sistema scolastico che, come è noto, vede l’età media dei docenti a 53 anni e 3 mesi nella scuola primaria e addirittura 54 in quella dell’infanzia.

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Potrebbero essere da 86 a 92 mila i candidati a questo concorso. Per il 67% nati al Sud, dove però ci sono solo il 36% delle cattedre disponibili. E il totale degli assunti rischia di sedersi sulla cattedra anche dopo undici anni.

Leggi sull’argomento: Il PD contro l’emendamento sulle periferie (votato dal PD e da FI)

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