Di cosa ha paura Stefano Vignaroli?

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-09-06

Sui giornali si registra una sua sola reazione: ha risposto via sms «poche cazzate» a chi gli chiedeva se davvero la Raggi avesse informato lui e i componenti del direttorio romano dell’indagine nei confronti di Paola Muraro. Ma adesso il deputato romano alcune risposte deve darle. Ecco quali

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Anche ieri per la terza volta ha fatto scena muta. Stefano Vignaroli è un componente della Commissione Ecomafie e ieri c’è stata l’audizione di Virginia Raggi e Paola Muraro, ma nonostante il suo nome sia stato fatto in più occasioni ha scelto per l’ennesima volta di stare in silenzio. Anche oggi sui giornali si registra una sua sola reazione: ha risposto via sms «poche cazzate» ad Annalisa Cuzzocrea di Repubblica che gli ha chiesto se davvero la Raggi avesse informato lui e i componenti del direttorio romano dell’indagine nei confronti di Paola Muraro.

Di cosa ha paura Stefano Vignaroli?

E a questo punto la domanda sorge spontanea: di cosa ha paura Stefano Vignaroli? Perché non racconta almeno la sua versione della verità pubblicamente, visto quanto sta uscendo su di lui? Ieri ad esempio la sindaca ha raccontato del suo ruolo di esperto massimo di rifiuti nel MoVimento 5 Stelle ma ha anche dichiarato pubblicamente di non aver mai detto a Daniele Fortini di inviare i report giornalieri e settimanali sul lavoro dell’AMA anche al deputato. Eppure le mail a Vignaroli venivano inviate: perché? Ma soprattutto: perché continua a comparire il suo nome se lui stesso ha detto di non far parte del direttorio romano e di non essere entrato al posto di Roberta Lombardi? Fa o non fa parte del direttorio romano Vignaroli? La Raggi ha mentito quando ha detto di averlo avvertito? In queste settimane Vignaroli ha rilasciato un’intervista alla Stampa piena di contraddizioni e omissioni e un’altra, involontariamente comica, al Corriere della Sera, nella quale sosteneva di non sapere niente di niente su quanto stava succedendo, come se fosse passato di lì per caso mentre aspettava l’autobus:

Vignaroli, l’ha letto? «No, me lo hanno solo riferito. Che dice?». Criticava le nomine fatte dal vicesindaco Daniele Frongia e gli stipendi dati agli staff, anche quello della Raggi: «Mah — dice Vignaroli —, non mi appassiona molto questo argomento. Noi, come parlamentari, siamo quelli che alla fine prendiamo di meno, 3 mila euro al mese». Solo? Le retribuzioni dei parlamentari in realtà sono di molto superiori tra indennità e rimborsi vari: «Ma noi, come si sa e come si è visto, il resto lo restituiamo». Già, ma anche questo era uno degli argomenti portati dalla De Vito: al nazionale si risparmia, a Roma si spende troppo, con stipendi definiti «esorbitanti». Non è così? «Io — insiste il deputato pentastellato — quel post non lo avrei fatto. E avrei mille motivi per lamentarmi… Preferisco che la gente lavori bene piuttosto che star lì a contare i centesimi di quanto guadagnano. E poi i professionisti, come nel caso della capo di gabinetto (il magistrato Carla Romana Raineri, ndr), vanno pagati».
Eppure a Torino, la sindaca Chiara Appendino, anche lei di M5S, si sta comportando in maniera diversa: «Ma Torino è un’altra realtà, Roma è molto più complessa. E noi non abbiamo una classe dirigente, la stiamo formando. E quando costruisci una casa nuova può capitare che ci sia qualche problema nella costruzione». Nella Capitale, però, la «base» appare in fermento. Gli attivisti vogliono organizzare una convention, pensano addirittura al recall sul mandato della Raggi, il gruppo consigliare vorrebbe scrivere alla sindaca una lettera per chiedere maggiore condivisione sulle decisioni, l’azione amministrativa è praticamente ferma, su ogni nomina c’è una discussione. A cominciare da quella di Raffaele Marra, un passato col centrodestra di Alemanno e Polverini, come vicecapo di gabinetto: «Ma Marra — dice Vignaroli — è stato tolto». Veramente non è più vicario del gabinetto, ma è ancora al suo posto: «Adesso però andrà via». Sicuro? «Sicuro». E Frongia che ha preso come capostaff il suo compagno di stanza all’Istat? «Davvero? Non lo sapevo… Ma bisogna vedere se lo ha preso perché è bravo oppure perché è solo raccomandato. Mi pare comunque una questione marginale…».

stefano vignaroli movimento 5 stelle

La Vigna dei cojoni

A Roma si dice che «La vigna dei cojoni ha chiuso» per spiegare che i giochi sono finiti e da adesso si fa sul serio. La sindacatura della Raggi in effetti avrebbe dovuto essere il momento in cui il M5S avrebbe dimostrato che ci sapeva fare. Eppure Vignaroli non sembra proprio essersene accorto. Quando il Comune ha comunicato l’accordo con il Co.La.Ri. è rimasto in religioso silenzio, salvo un commento pubblicato sul gruppo Facebook della Massimina in cui diceva che gli era costato tanto. Ma nemmeno una parola sull’incontro segreto a cui aveva partecipato insieme alla non ancora assessora Muraro, i vertici del Co.La.Ri. e Daniele Fortini. In silenzio è rimasto durante l’audizione di Fortini in Commissione, mandando avanti Paola Nugnes a lamentarsi dell’audizione chiesta da lei. L’unica cosa che ha smentito è l’improbabile nomina ai vertici dell’AMA ventilata dal Corriere della Sera. Un segno che i giornali li legge e che è informato. Eppure nel suo caso, e alla faccia della trasparenza che è una parola che serve solo a riempirsi la bocca, Vignaroli sta zitto mentre il “suo” M5S Roma la butta in caciara.
stefano vignaroli paola muraro
E quindi, siccome la Vigna dei cojoni è finita, il deputato è chiamato a fare chiarezza almeno su un punto: la Raggi lo aveva informato o no dell’indagine nei confronti di Paola Muraro? Non abbia paura: la verità rende liberi. Per la trasparenza, ormai sarà per la prossima volta.

Leggi sull’argomento: Virginia Raggi ha davvero mentito al M5S?

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