Cosa cambia dopo la sentenza della Cassazione sulla cannabis legale

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-05-31

La chiusura è legata alla vendita dei soli prodotti elencati nella decisione presa dalla Corte, e cioè foglie, inflorescenze, olio e resina ottenuti dalla varietà di canapa Sativa light. Sono esclusi dal divieto di commercializzazione i prodotti non elencati

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La Corte di Cassazione ieri ha deciso che il commercio della marijuana light (o cannabis legale) non è lecito. La commercializzazione di cannabis ‘sativa L’, hanno spiegato i supremi giudici, “e in particolare di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicazione della legge 242 del 2016”, sulla promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa. Con la loro informazione provvisoria – alla quale nelle prossime settimane dovrà seguire il deposito della sentenza con le motivazioni – i giudici della Corte osservano che la legge del 2016 “qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole” che “elenca tassativamente i derivati dalla predetta coltivazione che possono essere commercializzati”.

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I negozi di cannabis light in Italia (Corriere della Sera, 31 maggio 2019)

Il Corriere della Sera oggi spiega che la chiusura è legata alla vendita dei soli prodotti elencati nella decisione presa dalla Corte, e cioè foglie, inflorescenze, olio e resina ottenuti dalla varietà di canapa Sativa light. Sono esclusi dal divieto di commercializzazione i prodotti non elencati come caramelle, biscotti o lecca lecca e altri articoli. I dettagli dovranno però essere chiariti con la lettura della sentenza, una volta che verranno depositate le motivazioni.

C’è da segnalare che foglie e inflorescenze inizialmente venivano scartate dai coltivatori poi hanno trovato un impiego ricreativo e i derivati vengono venduti al dettaglio. Foglie e infiorescenze triturate hanno un contenuto di principio attivo inferiore a resine e olio. Luca Marola, il fondatore di “EasyJoint”, spiega a Repubblica le conseguenze della sentenza:

In tanti stanno tremando, in queste ore. Lei ha paura?
«No. Prima di tutto la decisione della Cassazione lascia aperto un enorme spiraglio, perché si esclude dal reato la commercializzazione di canapa che non ha capacità drogante. Cioè quella che vendiamo noi da due anni. Poi il nostro era non solo un progetto commerciale ma anche politico. Adesso, dunque, c’è ancora più materiale per andare avanti nella discussione su questo tema».

Cosa succederà ora?
«Sto ricevendo tante sollecitazioni da colleghi e coltivatori che mi chiedono di proseguire e coordinare tutte le realtà imprenditoriali, insieme a rappresentanze politiche e professionalità legali, per arrivare alla accettazione istituzionale di questo mercato».

E se da oggi partono controlli e denunce a tappeto?
«Qualcun altro si assumerà la responsabilità di aver creato dalla notte alla mattina un nuovo mercato nero regalandolo alla criminalità organizzata. Per  quanto riguarda i controlli, ce li fanno da tempo e sempre i nostri prodotti hanno dimostrato di essere sotto il limite di legge in fatto di quantità di thc. Le denunce non sono mai arrivate ma se ci saranno ci sapremo difendere»

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