Opinioni
Cosa bisogna fare per salvare Venezia dall’acqua alta
Aldo Mariconda 25/11/2019
Non occorre scomodare il filosofo David Hume per dire che un difetto del sistema democratico – peraltro migliore della dittatura – è una visione a breve termine dei politici, più rivolti alla loro rielezione che ad affrontare i problemi di lungo periodo. E in Italia questo difetto pare alquanto accentuato. Venezia ha avuto l’acqua veramente alla […]
Non occorre scomodare il filosofo David Hume per dire che un difetto del sistema democratico – peraltro migliore della dittatura – è una visione a breve termine dei politici, più rivolti alla loro rielezione che ad affrontare i problemi di lungo periodo. E in Italia questo difetto pare alquanto accentuato. Venezia ha avuto l’acqua veramente alla gola con la punta di marea a 187 cm, 7 in meno del 4 novembre 1966. A mio avviso l’evento è più preoccupante di quanto è emerso nei tanti servizi apparsi sui media. Nel 1966 vi sono stati tre fattori concomitanti:
1. il cedimento in tre punti dei murazzi, il che ha consentito al mare di entrare direttamente in laguna, a sud della Piazza San Marco. L’onda è arrivata direttamente e violentemente su Venezia.
2. L’alluvione in terraferma, con le piogge eccezionali e i fiumi in piena, e i conseguenti allagamenti
3. Non sono esperto, ma ho l’impressione vi sia stato in questi anni un fenomeno di subsidenza. Sento titolari di immobili non raggiunti dall’acqua nel 1966, ma che ora hanno avuto qualche centimetro sul pavimento. Questo vorrebbe dire che dal 1966 in qualche punto della città – il caso che cito riguarda S. Croce non lontano dal Rio di san Cassiano – il suolo sarebbe sprofondato di 7 più 2 o 3 cm.
Allora arriverei ad una conclusione: vi sono dei fattori che accelerano la vulnerabilità della città storica:
1. L’acqua è salita velocemente attraverso i “normali” ingressi portuali, Punta Sabbioni, Malamocco e Chioggia. La ragione non può che essere legata all’escavo dei canali stessi. Il progressivo gigantismo navale è una causa rilevante. Non sarà la sola causa ma certamente è la principale.
2. Lo scavo dei canali è legato non solo al traffico passeggeri, ma vi è la lamentela dell’autorità portuale circa l’inadeguatezza del canale di Malamocco
3. Si vogliono le grandi navi in Marittima. Questo comporta lo scavo del canale Vittorio Emanuele e, sento affermare dai tecnici, l’ampliamento di un tratto del canale dei petroli, oltre ad una sua maggiore profondità.
Tutto questo con quali conseguenze? Il disequilibrio della laguna, delle correnti, la trasformazione progressiva della laguna in mare, la diminuzione ancor maggiore delle barene. Infine, è scontata la pericolosità del passaggio delle navi in bacino, ma si muovono a passo d’uomo. Nel canale dei petroli vanno più veloci, e l’effetto erosione è maggiore. La conclusione è difficile per la politica che deve scegliere tra una visione di una Venezia preziosa da difendere nel medio/lungo termine e gli interessi immediati di una città oggi a monocultura turistica, università a parte. Venezia è un albergo diffuso, hotel veri e alloggi turistici. E i negozi oramai vivono di turismo. Guai a toccare le grandi navi, guai a limitare i flussi: i governanti temono di perdere il consenso! Però vi sono delle domande tecniche che dovrebbero servire per chi deve decidere:
1. Cosa può essere Venezia domani e dopo?
2. Quanto è compatibile la portualità e il suo sviluppo, pur tenendo conto del volume di occupati che questa comporta?
Dico un’eresia: se le navi arrivassero a Trieste o a Ravenna, e vi fosse un collegamento ferroviario ad alta velocità, in 1 ora Venezia sarebbe raggiungibile. Dall’aeroporto di Venezia o peggio da quello di Treviso non vi sarebbe una differenza tale da frenare il turista. Vi è infine il problema dei flussi, e dei relativi intasamenti nei collegamenti con Mestre, l’inadeguatezza della stazione di Mestre, ecc. Allora, è proponibile, come ha fatto Paolo Costa, il collegamento con una metropolitana sotterranea o sospesa con Tessera? Venezia ha la necessità di decidere su questi problemi, volando più alto rispetto alla miopia della politica e degli interessi contingenti. Gli aspetti idraulici possono essere affronti in sede tecnica e l’Università di Padova soprattutto col Prof. Dalpaos che può essere di grande aiuto. Ca’ Foscari non è da meno quanto alla gestione del turismo. Penso al prof. Van der Borg, ma non solo. Cito questi nomi che per me sono una garanzia, in quanto è facile oggi trovare c.d. tecnici asserviti alla politica, magari per avere incarichi e favori con la blandizie e il servilismo. Si proceda quindi su una base scientifica sicura, per decidere poi con coraggio a costo di non essere rieletti. Non per nulla Winston Churchill distingueva lo statista dal politicante proprio in base alla capacità e il coraggio di prendere anche decisioni impopolari, ma per il bene generale e guardando al futuro!
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