Opinioni

Perché continueremo a criticare il corso sull’omeopatia dell’OdG del Lazio

Elio Truzzolillo 18/09/2019

Il professor Luca Poma, che è stato uno dei relatori del corso, ha tenuto, dopo aver gentilmente avvisato neXt Quotidiano, a fare sul suo sito alcune precisazioni  e critiche al mio post “L’Ordine dei giornalisti e il disordine delle idee: il caso omeopatia” con un post dal titolo: “Il pre-giudizio: il più anti-scientifico degli atteggiamenti”. Cercherò […]

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Il professor Luca Poma, che è stato uno dei relatori del corso, ha tenuto, dopo aver gentilmente avvisato neXt Quotidiano, a fare sul suo sito alcune precisazioni  e critiche al mio post “L’Ordine dei giornalisti e il disordine delle idee: il caso omeopatia” con un post dal titolo: “Il pre-giudizio: il più anti-scientifico degli atteggiamenti”. Cercherò di rispondere alle critiche che mi riguardano direttamente e poi farò un doveroso rinvio.

1) La prima accusa/precisazione riguarda il fatto che il corso non era sull’omeopatia ma sulla comunicazione nel settore della medicina complementare:

“Ho letto con attenzione e interesse l’articolo sul corso tenuto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio sul tema non già dell’omeopatia, come superficialmente riportato nell’articolo stesso… …bensì (come peraltro riportato dal titolo del corso, scritto mi pare in lingua italiana) sulla comunicazione nel settore delle medicine complementari”.

Ora, chiunque ha il diritto di dubitare delle mie capacità di scrittura, ma posso assicurare che sulla lettura della lingua italiana me la cavo piuttosto bene. Come risulta dal sito dell’OdG del Lazio (qui il link) il titolo dell’evento era: “Omeopatia: informazione o disinformazione tra news e fake news”. Inoltre, sempre sul sito dell’OdG, quando si riassumono i contenuti del corso si fa primariamente riferimento all’omeopatia. Credo che il prof. Poma (non ne sono sicuro perché sul sito non trovo altro) si riferisca al titolo del suo intervento specifico. In realtà io non ho mai nominato né il prof. Poma né la sua relazione, essendomi concentrato sul carteggio tra il giornalista Gerardo D’Amico e l’OdG del Lazio e sulle motivazioni addotte per giustificare il corso.

corso ordine dei giornalisti omeopatia

2) Il prof. Poma mi accusa di superficialità per avere criticato il corso senza avervi partecipato vantandomi addirittura di questo fatto.

“…confusione alimentata a mio avviso invece da chi – con un atteggiamento quanto mai superficiale – scrive un articolo su un corso senza neppure aver partecipato (anche criticamente) al corso stesso (e pure vantandosene!)…”

Ripetiamolo, l’articolo verteva sulle argomentazioni che l’OdG del Lazio (per il quale a differenza di quello che ci scrive il prof. Poma l’evento riguardava l’omeopatia) aveva presentato nel carteggio con il giornalista Gerardo D’Amico. Non mi risulta, invece, di essermi mai vantato di non aver partecipato al corso. L’unica cosa che ho scritto è che non avevo bisogno di parteciparvi per rispondere alla domanda sull’efficacia dell’omeopatia che l’OdG si poneva. Sono disposto a cambiare idea se il prof. Poma mi dimostrerà che durante il corso sono state presentate solide prove scientifiche circa l’efficacia dell’omeopatia.

3) Nella lettera si lamenta il fatto che io abbia definito come relatori principali il medico omeopata Francesco Eugenio Negro e il presidente di Omeoimprese Giovanni Gorga. Inoltre vi sono precisazioni circa la qualifica del prof. Poma che io avrei riportato in modo scorretto.

“Gli altri relatori al corso, sono stati oltre al sottoscritto (definito erroneamente con un’altra imprecisione “giornalista economico”, lavoro invece da anni come docente in scienze della comunicazione, con specializzazione – tra le altre – in comunicazione socio-sanitaria)…”

Ora, il problema è che io non ho mai definito il prof. Poma un giornalista economico per il semplice fatto che non l’ho proprio definito in nessun modo, non avendolo mai nominato neanche una volta nell’articolo. La cosa un po’ mi rattrista perché evidentemente non ha letto il mio articolo con quell’attenzione e quell’interesse di cui parla all’inizio della sua lettera. Posso solo supporre che si sia confuso con quanto scritto dal giornalista Gerardo D’Amico o da altri che mi sono ignoti. Per quel che riguarda la mia definizione di “relatori principali” data a Francesco Eugenio Negro e Giovanni Gorgia, mi limito a dire a mia discolpa che sono i primi due relatori indicati sul sito dell’OdG del Lazio che non segue un ordine alfabetico nell’elenco stesso. Inoltre erano gli unici due relatori che conoscevo (è sicuramente una mia mancanza il fatto che non conoscessi il prof. Poma) e della cui imparzialità sul tema ero e sono portato a dubitare proprio in virtù della mia conoscenza su quello che hanno dichiarato in passato. Non è un segreto che siano legittimamente sostenitori dell’omeopatia.

3) Il prof. Poma passa a criticare quelli che troppo presto hanno decretato la fine dell’omeopatia appellandosi a un noto studio australiano che non avrebbe le caratteristiche di scientificità per essere considerato affidabile. Immagino che faccia riferimento a un famoso report del Consiglio Nazionale per la Salute e la Ricerca Medica australiano (NHMRC). C’è un problema, io non ho mai citato nessuno studio nell’articolo e tanto meno quello a cui lui fa riferimento. Qui mi sono accorto che il prof. Poma più che criticare inesattezze o imprecisioni del mio articolo è interessato a sostenere la plausibilità scientifica dell’omeopatia e di tutte le medicine complementari. Passiamo quindi al punto seguente.

4) Il prof. Poma nel tentativo di dimostrare questa plausibilità elenca una serie di dati e informazioni che nulla hanno a che vedere con le evidenze scientifiche. Si va dalla citazione di direttive europee al mero fatto che milioni d’italiani facciano uso di preparati omeopatici, dalla “Dichiarazione di Pechino sulla Medicina Tradizionale” dell’OMS (in cui che io sappia mai si afferma che le medicine complementari o l’omeopatia abbiano un’efficacia dimostrata) a risoluzioni del parlamento europeo, passando per la crescita del numero di scuole di medicina che offrono corso di studi in medicina complementare. Poi la lettera sviluppa tutta un’altra serie di riflessioni compresa la solita critica a Burioni (non manca mai) e la solita litania della mentalità aperta.

La lettera, quindi, più che osservazioni al mio articolo contiene una critica a chi nega radicalmente la scientificità dell’omeopatia (fermiamoci a quella per carità senza allargare il discorso a tutte le medicine complementari). Benissimo, è necessario un rinvio per raccogliere informazioni sulla miriade di richiami e citazioni che il prof. Poma ha fornito, per argomentare più compiutamente (a partire dalle sue osservazioni) il perché l’omeopatia sia fuffa.

Una cosa, però, può essere anticipata: il fatto che l’omeopatia sia trattata e disciplinata dalla politica, praticata (con riserva di legge) dai nostri medici, insegnata in molte scuole, usata da molte persone, oggetto d’interesse di molte istituzioni ed enti, è esattamente la cosa che fa arrabbiare chi come me (e con più competenza di me) la avversa con decisione. Non costituisce una prova della sua efficacia ma semmai un indice della sua (relativa) popolarità. In altre parole l’accusa, cioè gli appoggi e la tollerante benevolenza di cui gode l’omeopatia in molti ambiti istituzionali, non può tramutarsi in un argomento della difesa. Non si può sostenere che il fatto che se ne “parli tanto” sia ipso facto una dimostrazione di plausibilità scientifica. La scienza è un’altra cosa.

EDIT 19 settembre, 7,28: il professor Poma ci ha inviato un’ulteriore replica sulla questione che pubblichiamo integralmente:

Egregio Dottore, grazie per la Sua replica al mio articolo (LINK a https://archivio.lucapoma.info/curiosita-e-miscellanea/il-pre-giudizio-il-piu-anti-scientifico-degli-atteggiamenti/) sul corso organizzato dall’Ordine dei Giornalisti di Roma lunedì scorso. Eì doveroso farle notare che:
1) le sue competenze nella lettura della lingua italiana non sono in discussione, per questo stupisce appunto che non comprenda che discutere di informazione/disinformazione (parole che hanno un loro preciso significato) di un fenomeno sociale, non significa necessariamente discutere di efficacia di un farmaco. Per fare un esempio che potrebbe aiutarla nella comprensione, discutere di come viene percepito dal punto di vista del mass-media il tema del global warming non significa – necessariamente – prendere posizione o meno circa le eventuali cause antropiche del cambiamento climatico: significa semplicemente prendere atto dell’esistenza di un fenomeno e quindi discutere di come tale fenomeno viene comunicato. Questo era il senso del corso. E ad onor del vero, lo stesso Presidente di Omeimprese (che rappresenta evidentemente un interesse dichiarato e “parziale” in questo scenario) non ha speso una sola parola circa l’efficacia del farmaco omeopatico, limitandosi a riferire circa la situazione legislativa in Italia e nel mondo. Sostenere che non si possa disquisire di Leggi dello Stato o di tecniche e strategie di comunicazione è di per se ridicolo, tanto più se a prendere posizione “contro” sono persone che non hanno alcuna specifica competenza su queste materie. Inoltre, si contraddice intrinsecamente quando reclama la necessità di un “contraddittorio” con la presenza in sala di un esperto critico sull’omeopatia, dal momento che lei per primo ha ripreso le dichiarazioni di Gerardo D’Amico ((e non D’Amato, come scritto in questa sua replica) senza garantire diritto di contraddittorio ai relatori che pure citava, criticandoli implicitamente, nell’articolo. Questo è appunto tipico di chi è gravato dal pre-giudizio, che come ho scritto è il più anti-scientifico degli atteggiamenti;
2) lei scrive “Sono disposto a cambiare idea se il prof. Poma mi dimostrerà che durante il corso sono state presentate solide prove scientifiche circa l’efficacia dell’omeopatia”. Io non devo dimostrare proprio niente riguardo all’efficacia dell’omeopatia, primo perchè non è il mio ambito di ricerca, secondo perchè non era questo l’oggetto del corso, terzo perchè non è di questo che si è parlato al corso. L’iper-semplificazione che lei propone è assai antiscientifica, anche senza necessità di richiamare qui gli studi di Von Bertalanffy sui sistemi complessi;
3) il mio articolo voleva contribuire al dibattito contestando quanto scritto da Lei e dal Suo collega D’amico, posizioni che lei si presume condivida, avendole integralmente richiamate nel suo articolo con anche un link diretto. Possiamo avviarci sul sentiero dei “distinguo” tra quanto affermato specificatamente da Lei e quanto affermato specificatamente da D’Amico, ma probabilmente offenderemo la comune intelligenza dei lettori, oltre che non aggiungere nulla d’interessante al dibattito. Prendo atto che lei – nel tentativo di validare surrettiziamente la sua tesi – ammette di aver citato ad arte nel suo pezzo (guarda caso) solo i due relatori di cultura omeopatica e non il Prof. Bernasconi, un esimio scienziato e medico rigorosamente allopata, e il sottoscritto. Lei inoltre scrive: “Il prof. Poma più che criticare inesattezze o imprecisioni del mio articolo è interessato a sostenere la plausibilità scientifica dell’omeopatia e di tutte le medicine complementari”. Questa è una palese (e a questo punto – mi duole dirlo – probabilmente consapevole) falsità: a me non interessa proprio nulla della plausibilità scientifica dell’omeopatia, non sono ne un ricercatore in medicina ne un medico, bensì mi occupo di scienze sociali. Sono interessato a che si comunichi con onestà intellettuale e completezza qualunque fenomeno sociale, senza veicolare falsità o studi di assai discutibile qualità come il celebre e tanto citato studio di Lancet contro l’omeopatia, che come ho scritto nel mio articolo (e dimostrato con link a un’analisi critica) farebbe dirazzare i capelli in testa a qualunque revisore degno di questo nome;
4) nuovamente e a rischio di sfinimento ribadisco che il corso non ha trattato minimamente il tema delle evidenze scientifiche in omeopatia. Lei accusa me di “off-topic”, senza rendersi conto che l’intera sua polemica è off topic. Ho citato tutta una serie di evidenze legislative perchè è di quello (oltre che degli aspetti legati alla comunicazione) che si è parlato al corso! Quindi è lei – mi perdoni – che sta parlando di contenuti che non c’entrano nulla con il contenuto del corso (e D’Amico con Lei);
Concludo: tutte le affermazioni citate nel mio articolo sono corredate di link multimediale alla fonte, non mi è chiaro cosa ci sia di inesatto in ciò che ho scritto nella mia replica a Lei, e anzi noto con piacere che nessuna delle mie affermazioni viene contestata nel merito. Ribadisco quindi non solo la correttezza integrale dei contenuti del mio intervento, ma (ne consegue) l’importanza dell’aver organizzato un corso del genere a beneficio dei colleghi giornalisti. Perché vede, dal mio punto di vista ci sono molte critiche da muovere all’omeopatia (prima tra tutte, quella mossa durante il corso con grande lucidità dal Prof. Negro, e cito verbatim: “Il problema principale dell’omeopatia sono certi gli omeopati, quando peccano di integralismo e dimenticano che prima di essere omeopati sono medici, e che la medicina è una, e che dinnanzi a una patologia acuta non posso che usare l’antibiotico e dinanzi a un tumore non posso che usare la radio o chemioterapia”), anche senza bisogno di dare spazio sui mass-media a informazioni non genuine, artefatte, parziali o incorrette. Chiudo con le Sue stesse parole: “L’omeopatia è trattata e disciplinata dalla politica, praticata (con riserva di legge) dai nostri medici, insegnata in molte scuole, usata da molte persone, oggetto d’interesse di molte istituzioni ed enti”. Esattamente questi sono i motivi che non solo giustificano, ma raccomandano, l’organizzazione di corsi come quelli tenuti all’Ordine dei Giornalisti di Roma, tali da approfondire il modo in cui questa pratica medica è inquadrata dal punto di vista legislativo e soprattutto come viene comunicata sugli organi di stampa.
Un caro saluto a Lei (con stima in dosi ponderali), e buona giornata
Prof. Luca Poma

EDIT ORE 9.09: E questa è la controreplica dell’autore:

Brevi rilievi rispetto a questa contro replica seguendo la stessa esposizione per punti suggerita dal prof. Poma:
1) Sono conscio che sia possibile parlare di omeopatia come fenomeno sociale senza per forza disquisire sulla sua efficacia. Lei però, in quanto esperto di comunicazione, sarà d’accordo sul fatto che proprio in virtù della complessità della comunicazione ci sono moltissimi modi per trattare una questione e “nobilitarla” o “accreditarla” in modo indiretto. Per esempio, il prof. Negro, come lei riporta, ha affermato che:
“Il problema principale dell’omeopatia sono certi omeopati, quando peccano di integralismo e dimenticano che prima di essere omeopati sono medici, e che la medicina è una, e che dinnanzi a una patologia acuta non posso che usare l’antibiotico e dinanzi a un tumore non posso che usare la radio o chemioterapia”

Non è forse questo un modo indiretto per comunicare ai partecipanti al corso che l’omeopatia è efficace su altre patologie? Un modo per darlo per scontato? Un esperto di comunicazione come lei avrà sicuramente capito a cosa alludo. In ogni caso se 2 relatori su 5 erano sicuramente sostenitori dell’omeopatia e gli altri tre erano “neutrali” (considero anche lei neutrale fino a prova contraria) mi sembra già un quadro non equilibrato per quella che io considero una specie di rituale magico. Se volesse dirci quale è la sua opinione sull’efficacia dell’omeopatia, o eventuali suoi interessi nel mondo dell’omeopatia, potremmo completare più agevolmente il giudizio sui relatori nel loro complesso (e quando parlo di giudizio non mi riferisco alla loro professionalità nei rispettivi campi che non metto in dubbio). Non è obbligatorio essere medici per avere un’opinione, conto sulla sua franchezza. Io, con la stessa franchezza, non ho nascosto di sostenere che sia una pseudo scienza (e credo di avere dalla mia parte la stra grande maggioranza della comunità scientifica nel sostenerlo). Lei ovviamente rimane libero di non esprimersi sul punto se lo considera secondario.

2) Non ho la più pallida idea su chi fosse Von Bertalanffy, ma tendo a pensare che sia stato una grande persona perché è su Wikipedia.

3) Sulla questione dei relatori da me definiti “principali”, le ripeto che li ho definiti tali in quanto erano i primi due indicati in un elenco che non seguiva un ordine alfabetico. Se lei mi assicura che non c’erano relatori principali o che erano altri i relatori principali (quali?) le credo sulla parola. Sul fatto che lei non voglia in alcun modo “spingere” per la plausibilità scientifica dell’omeopatia (neanche in modo indiretto) le credo fino a prova contraria. Sono certo che il fatto che continui ad insistere sulla non affidabilità di studi che negano la sua efficacia (che io non ho mai nominato) sia un caso. Probabilmente nelle sue conferenze sulla comunicazione delle medicine complementari, e nei suoi scritti, critica con la stessa passione anche gli studi farlocchi (ce ne sono tantissimi) che tendono a dimostrare l’efficacia dell’omeopatia.

4) Questo punto mi sembra già contenuto nei precedenti in quanto lei ribadisce che nel corso non si è fatto alcun cenno all’efficacia dell’omeopatia. Approfitto della sua insistenza sul punto per chiederle, sperando di non offenderla, se sia disponibile una registrazione del corso e rimando a quanto detto nei punti precedenti.

Ricambio il saluto.

EDIT 20 settembre ore 12,09 la replica del prof. Poma:

Rispondo con piacere alle sue domande:
1) convengo con il suo ragionamento. In effetti pare che l’omeopatia sia efficace (forse solo per effetto placebo? Dicono sia ancora da indagare) per diverse patologie, come dimostra mezza tonnellata di studi (molti pubblicati su riviste NON di area omeopatica) richiamati in questo data-base  e non contestati (fino ad oggi) da alcuna metanalisi specifica. Ma a me personalmente interessa meno di zero, primo primo perché non mi curo con rimedi omeopatici, secondo perché non ho gli strumenti per valutare l’impatto di detti studi, terzo perché non sono un ricercatore in quella materia. In ogni caso, 27 anni di lavoro testimoniano perlomeno una certa chiarezza di visione: dico quello che dico ai corsi *perché sono convinto di ciò che penso e lo documento sempre con fonti o studi*. Potrei risponderle che “nel mio campo di ricerca io sono l’esperto e lei non capisce niente, e che la scienza non è democratica, e che io ho ragione e basta”: ma somiglierei ai suoi riferimenti culturali, che non sono i miei, e rivendico fortemente questa differenza;
2) studi qualcosa di Von Bertalannfy, il suo, il suo modo di pensare ha modificato il modo nel quale guardiamo il mondo. Burloni dovrebbe leggerlo ogni sera prima di addormentarsi. E mi permetta una notazione: c’è stato un momento nel quale gli studi di questo straordinario scienziato (come tanti altri, se non tutti) non erano noti, lui non era noto, Wikipedia non parlava di lui (e neppure esisteva ancora, in effetti), le sue ricerche non avevano ancora conferme, oppure non esistevano ancora strumenti di indagine adeguati per confermare le sue ricerche, etc. Eppure ciò non toglie valore al suo lavoro in itinere. Se evitaste di seppellire di letame chiunque non abbia ancora pubblicato su Nature e Science, fareste un buon servizio alla scienza e all’Umanità tutta;
3) non c’era alcun “relatore principale”, non so dove l’ha letto, e non è così. Fosse andato oltre le sue convinzioni preconcette (pre-giudizio, appunto) avrebbe fatto una telefonata o mandato una email (minuti 2) e lo avrebbe facilmente scoperto. Nella stessa domanda Lei scrive: “Sono certo che il fatto che continui ad insistere sulla non affidabilità di studi che negano l’efficacia dell’omeopatia, sia un caso”. No, non è affatto un caso, perché era proprio uno dei passaggi centrali del mio corso: trovo ridicolo, vergognoso e moralmente scorretto che chi esprime posizioni critiche sull’omeopatia (posizioni più che legittime) debba farlo citando studi spazzatura o mentendo o modificando la realtà a proprio piacimento. E – certamente – critico con altrettanta veemenza quando qualche pro-omeo amplifica impropriamente studi “deboli” o pubblicati sul giornalino della parrocchia dove si afferma che l’omeopatia cura il Parkinson (esempio inventato, ma rende l’idea). Come le ho già detto, tra i difetti che mi contraddistinguono (moltissimi, peraltro) non vi è la carenza di onestà intellettuale
4) offendermi? E perché mai? Non c’è alcuna registrazione del corso perché gli organizzatori mi dicono che la sede dell’Ordine di Roma non è attrezzata in tal senso e non vi erano le risorse per pagare un service esterno. Ma le garantisco che se e quando interverrò in un corso analogo, chiederò che venga registrato: così avrà modo di formulare finalmente *critiche di merito* (graditissime) sul corso stesso.

La risposta dell’autore:

Egregio prof. Poma,
la sua ultima replica mi pare insista su punti su cui ci siamo già chiariti. Tuttavia visto che il direttore mi informa che, per correttezza, anche questa verrà pubblicata, mi corre l’obbligo di chiarire un equivoco molto pericoloso per gli eventuali lettori che una sua frase (a mio parere molto infelice) potrebbe creare.
Lei scrive:

In effetti pare che l’omeopatia sia efficace (forse solo per effetto placebo? Dicono sia ancora da indagare) per diverse patologie, come dimostra mezza tonnellata di studi (molti pubblicati su riviste NON di area omeopatica) richiamati in questo data-base”

Non ci siamo proprio. Scrivere che l’omeopatia può essere efficace “forse solo per effetto placebo” equivale a dire che l’omeopatia non ha nessuna efficacia dal punto di vista scientifico. Anche la carezza della mamma al bambino che si è fatto la bua ha un effetto placebo, così come un banale bicchier d’acqua (mi perdoni l’ironia per il riferimento all’omeopatia) se chi lo prende è convinto che gli farà passare i dolori alla schiena. Una sostanza o una terapia hanno un’efficacia scientificamente fondata se dimostrano un’azione superiore al placebo. Per questo esistono gli studi in doppio cieco in cui né il “paziente né chi somministra la terapia sanno se si tratta o meno di un placebo (una sostanza inerte qualunque). L’effetto placebo è sicuramente un campo di studi molto interessante in cui si intersecano effetti puramente psicologici e effetti endocrini (non dipendenti dalla sostanza usata sia chiaro). Si potrebbe disquisire all’infinito sull’opportunità dal punto di vista deontologico di ricorrere all’effetto placebo in modo sistematico e con quali modalità farlo, ma non è questo il punto. Il punto è che o l’omeopatia dimostra un’efficacia superiore al placebo o l’omeopatia non è efficace (perché tutto può essere efficace se parliamo di effetto placebo). Per questo mi sono sentito in dovere di chiarire la sua frase che giudico infelice nella sua formulazione. Io sono assolutamente convinto che l’omeopatia possa essere un placebo allo stesso modo di come sono assolutamente convinto che non abbia evidenze scientifiche di efficacia (si intende superiori al placebo). Ma forse sarà meglio tornare sull’argomento con ulteriori contributi divulgativi, anche per affrontare in modo serio “la mezza tonnellata di studi” che lei allega. Prometto di metterla al corrente quando e se tornerò sull’argomento.

Leggi anche l’articolo del professor Poma: Il pre-giudizio: il più anti-scientifico degli atteggiamenti e il post pubblicato su neXtQuotidiano il 16 settembre: L’Ordine dei giornalisti e il disordine delle idee: il caso omeopatia

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