L’Ordine dei giornalisti e il disordine delle idee: il caso omeopatia

di Elio Truzzolillo

Pubblicato il 2019-09-16

È successo un episodio di cui non sentirete parlare sui media ma che considero illuminante circa la confusione culturale di cui siamo vittima in Italia (e non solo in Italia) quando si parla di scienza. L’Ordine dei giornalisti del Lazio ha considerato degno di essere incluso nella formazione professionale dei giornalisti un evento sull’omeopatia dal titolo …

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È successo un episodio di cui non sentirete parlare sui media ma che considero illuminante circa la confusione culturale di cui siamo vittima in Italia (e non solo in Italia) quando si parla di scienza. L’Ordine dei giornalisti del Lazio ha considerato degno di essere incluso nella formazione professionale dei giornalisti un evento sull’omeopatia dal titolo “Omeopatia: informazione o disinformazione tra news e fake news”. Il titolo può apparire neutrale ma, essendo i due principali relatori un noto medico omeopata e il presidente di Omeoimprese, non è difficile immaginare come verrà trattato il tema. Mi risulta molto difficile pensare che emergerà un quadro veritiero e corretto della questione. Lo so, essere molto assertivi può generare antipatia ma è un fatto che l’omeopatia non ha scientificamente un’efficacia superiore al placebo. L’episodio sarebbe stato destinato all’oblio dato che (purtroppo) ordini professionali, università, Asl, comuni e regioni sono abituati a patrocinare, ospitare e a concedere crediti formativi a qualunque sciocchezza magica sia vagamente di moda (dai fiori di Bach alla biodinamica). Succede, però, che Gerardo D’Amico, un bravo giornalista e divulgatore che non soffre di timidezze corporative, prende (metaforicamente) carta e penna e scrive una mail all’ordine di appartenenza per manifestare il proprio disappunto. Siamo in possesso dell’intero carteggio intercorso grazie al fatto che lo stesso Gerardo D’Amico lo ha pubblicato sul proprio profilo Facebook con l’esplicita autorizzazione della controparte (Paola Spadari presidente dell’OdG del Lazio e Carlo Picozza responsabile della formazione). Ognuno potrà leggere per farsi un’opinione ma mi paiono illuminanti le giustificazioni fornite da chi avrebbe la responsabilità di vigilare sull’operato e sulla formazione dei giornalisti. Riassumo liberamente alcune di queste improbabili argomentazioni, pregandovi di fare particolare attenzione all’ultima che mi pare la più importante e meritevole di una riflessione generale.

 

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1) Ribattere che il corso figura come “organizzato” dall’OdG del Lazio ma in realtà è stato solo “approvato”, è francamente una giustificazione di cui sfugge la portata. Delle due l’una: o il corso è considerato meritevole di rientrare nel percorso formativo (allora sarà meritevole sia di essere organizzato sia di essere “solo” approvato) o non lo è (allora sarebbe meglio evitare tanto di organizzarlo quanto di approvarlo).

2) Asserire che “non sono pochi, anche tra i colleghi, a curarsi con l’omeopatia” sfiora invece il ridicolo. Non sono pochi, forse anche tra i giornalisti, quelli che leggono gli oroscopi o che si fanno leggere le carte. Tuttavia non mi sembra un motivo valido per organizzare corsi di formazione tenuti da astrologi e cartomanti. Li giudicherei poco formativi e molto fuorvianti.

3) Assolutamente preoccupante è poi la parte in cui il presidente dell’OdG e il responsabile della formazione si chiedono se l’omeopatia sia efficace o se sia inutile, sottolineando che hanno chiesto che di questo si parlasse nel corso. Senza neanche partecipare al corso posso rispondere io, umile signor nessuno, ai dubbi dei due alti esponenti dell’OdG del Lazio: l’omeopatia è efficace e utile (o inutile) quanto lo può essere un placebo… punto. Per questo mi pare sommamente imprudente e ingenuo chiedere a un noto medico omeopata e al presidente di Omeoimprese di dare delle risposte attendibili a queste domande.

4) La confusione continua e si scrive che essendo i colleghi (cioè i giornalisti) persone attente e critiche il corso può servire per conoscere “le ragioni degli altri e per farsi un’idea o per controbattere le argomentazioni”. Già… le ragioni degli altri sono importanti quando si tratta di temi controversi (non a caso i due parlano in un altro passaggio di temi controversi). Però c’è un piccolo particolare: l’efficacia dell’omeopatia non è un tema scientificamente controverso. Quindi anche sposando l’ottimismo dei due per il quale tutti i giornalisti sono per definizione attenti e critici, per continuare a essere tali sarebbe auspicabile formarsi sul tema ad opera di persone diverse dai relatori dell’evento. Questo perché non si tratta di un dibattito dove gli attenti e critici giornalisti potranno fare valere le loro attente e critiche personalità, ma di un evento formativo che dovrebbe fornire gli strumenti per maturare un atteggiamento attento e critico sul tema in questione. Appare insomma poco convincente che nella formazione professionale possa rientrare qualunque cosa perché tanto i giornalisti sono attenti e critici per grazia ricevuta, se lo fossero su ogni questione non ci sarebbe bisogno della formazione professionale e sarebbero soldi buttati via (la fastidiosa ripetizione dei termini “attenti” e “critici” è una scelta narrativa consapevole).

5) È un altro concetto, tuttavia, che davvero mi ha fatto cadere le braccia e che a mio parere rappresenta la vetta della confusione e del pressapochismo. Mi riferisco al continuo e vacuo richiamo al concetto di democrazia. Si tratta di un richiamo completamente fuori luogo che riemerge ogni qual volta si affronta il tema delle pseudo scienze. È un richiamo sciocco e privo di senso che francamente ha stancato. Allora, la democrazia è un sistema o metodo di governo, non è una condotta che attiene ai contenuti che vengono trasmessi con la formazione, l’educazione e l’istruzione. Questi ultimi devono rispondere a criteri di scientificità e devono trasmettere le conclusioni generalmente accettate in ambito accademico per ogni materia. Per questo non ci preoccupiamo di essere democratici prevedendo un’ora di astronomia in cui si insegna che la terra gira attorno al sole e un’ora di astronomia alternativa in cui si insegna il contrario. Per questo non abbiamo istituito un’ora di biologia in cui si insegna l’evoluzionismo e un’ora di biologia alternativa in cui si insegna il creazionismo. Ed è sempre per questo che sarebbe ridicolo, in nome della democrazia, affiancare a un’ora di storia in cui si rende conto dello sterminio degli ebrei, un’ora di storia alternativa in cui si nega che sia mai avvenuto. Quindi, carissimi Paola Spadari e Carlo Picozza, se la comunità scientifica sostiene che l’omeopatia non ha evidenze scientifiche, non ha nulla di democratico far formare i giornalisti (per quanto attenti e critici) da qualcuno che sostiene che le abbia.

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