Coronavirus: dai surgelati ai polli, rallenta la produzione nell’agroalimentare

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-17

C’è un rallentamento del 20% indotto dalle misure di sicurezza nella produzione. Anche se per adesso non ci sono problemi di approvvigionamento, potrebbero esserci in futuro

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La produzione nell’agroalimentare rallenta a causa dell’emergenza Coronavirus proprio quando giocoforza aumenta la domanda di beni alimentari. Il Sole 24 Ore spiega oggi che c’è un rallentamento del 20% indotto dalle misure di sicurezza nella produzione. Anche se per adesso non ci sono problemi di approvvigionamento, potrebbero esserci in futuro.

A quantificare le conseguenze sulla produzione delle norme per la salute dei lavoratori è Bruno Piraccini, presidente della Orogel. Una delle più grandi aziende del comparto alimentare italiano. I conti sono presto fatti: «Ci sono delle misure di prevenzione che devono essere fatte all’entrata dei lavoratori in azienda – spiega – anche solo per misurare la febbre a tutti ci vuole tempo. Abbiamo ritoccato i turni, in modo che i gruppi siano ridotti e non si debbano incontrare troppo tra di loro. Eppoi lavoriamo 24 ore su 2.4, nella sosta prevista per la refezione si accede a scaglioni e c’è una parte del personale che continuamente deve pulire e disinfettare gli ambienti prima di far entrare il gruppo successivo».

La produzione alimentare comincia dunque a dare i primi segnali di rallentamento? Alla Ferrero da ieri la forza lavoro sulle linee produttive di Alba e di Pozzuolo Martesana (in provincia di Milano) è stata ridotta del 50%. Il colosso di Cuneo fa sapere di attenersi rigorosamente alle disposizioni governative e mantiene le distanze di sicurezza di un metro non solo lungo le linee produttive, ma anche sui bus di trasporto per i dipendenti, tramite il raddoppia delle linee dedicate. Domenica sera, i sindacati della filiera avicola sono stati tra i primi ad alzare il cartellino giallo.

catena agroalimentare
Le difficoltà della catena agroalimentare nell’emergenza Coronavirus (Il Sole 24 Ore, 17 marzo 2020)

Nella sua pagina Facebook, il segretario generale della Fai-Cisl, Onofrio Rota scrive che «la filiera avicola italiana sta supportando l’alta domanda da parte delle famiglie, ma è fondamentale che si continui a produrre solo garantendo la piena applicazione delle misure preventive. Invece le segnalazioni che stiamo ricevendo sono molto gravi. È il caso allora di valutare di ridurre la produzione, anziché continuare a produrre con ritmi serrati mettendo a repentaglio interi stabilimenti». Chi lavora pollame ha un’organizzazione del lavoro complessa, dove si lavora gomito a gomito e dove l’operato delle persone è ancora molto rilevante.

Il settore in Italia conta oltre i8mila allevamenti e impiega 38mila addetti. Per fortuna, qualcuno ha già cominciato a mettere in extra-sicurezza i propri dipendenti. Per esempio all’Agricola Tre Valli di San Martino Buon Albergo, in provincia di Verona, dove lavorano 2mila persone, le nuove norme per la sicurezza dei lavoratori sono divenute una realtà già la settimana scorsa. Per mantenere la distanza di un metro tra un lavoratore e l’altro, raccontano dall’Rsu, il numero delle persone su ogni linea è stato dimezzato e le pause sono state scaglionate.

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